La situazione della pandemia in Portogallo è particolarmente importante a causa degli stretti contatti che storicamente esistono tra il Paese lusitano e l'Inghilterra. Nello scorso mese di gennaio il Portogallo era stato tra i primi Paesi europei
ad assere raggiunto dalla cosiddetta variante inglese (alpha) apparsa originariamente in Inghilterra. Per questo motivo rappresenta una sorta di "cartina al tornasole" per capire se e quando si possa verificare un analogo processo di trasferimento che coinvolga la nuova variante indiana (delta) che ormai è diventata dominante in Inghilterra.
Il Portogallo è stato uno dei pochi Paesi per i quali le Autorità sanitarie britanniche avevano tolto le limitazioni ai viaggi turistici. Tali limitazioni sono state improvvisamente ripristinate lo scorso 4 giugno, generando non pochi problemi ai numerosi turisti inglesi che si trovavano sul territorio portoghese.
Nel corso degli ultimi giorni il Portogallo (poco più di 10 milioni di abitanti) ha osservato una forte crescita dei contagi: durante l'ultima settimana la media dei nuovi contagi ha superato i 1000 casi giornalieri, circa 3 volte il minimo osservato durante la prima settimana di maggio. L'aumento dei contagi è stato particolarmente importante nella zona intorno a Lisbona. Qui oltre il 60% dei nuovi contagi è costituito dalla variante indiana (delta). Non è provato che il picco di nuovi contagi sia dovuto ad una importazione diretta dall'Inghilterra, ma l'ipotesi è molto verosimile.
Per il momento a Lisbona non si registra un particolare incremento del carico di lavoro degli ospedali, ma le Autorità sanitarie portoghesi sono giustamente allarmate e seguono l'evoluzione della situazione con grande attenzione. Attualmente la campagna vaccinale del Portogallo ha raggiunto numeri leggermente inferiori rispetto a quelli italiani: il 42% dei cittadini ha ottenuto almeno una dose vaccinale, mentre il 25% ha completato le vaccinazioni.
A Lisbona è stato potenziato il servizio di vaccinazione in modo da garantirne il funzionamento 7 giorni alla settimana, dalle 8 di mattina fino alle 10 di sera. La speranza è quella di aumentare la percentuale di popolazione vaccinata in modo da contrastare la circolazione della nuova variante, riducendo soprattutto i possibili danni sanitari.
Sarà interessante seguire l'evoluzione della situazione portoghese, anche per avere indicazioni su cosa potrebbe succedere in Italia. I viaggi all'estero degli italiani e l'arrivo di turisti stranieri espongono anche il nostro Paese a seri rischi di importazione di nuove varianti virali. In realtà la variante indiana in Italia c'è già, anche se non la cerchiamo adeguatamente. Fortunatamente, almeno per il momento, si tratta di focolai circoscritti che non hanno ancora inciso significativamente sulla curva complessiva dei contagi.
Secondo alcuni, il nostro Paese potrebbe trovarsi ad affrontare un nuovo picco di contagi legato alla diffusione della variante indiana entro 6-8 settimane da oggi. Si tratta di ipotesi basate sull'idea che si ripeta quanto è successo con la variante inglese all'inizio del 2021, ma non è detto che l'analogia sia valida. Comunque, se fosse effettivamente così, 6-8 settimane sarebbero fondamentali per somministrare almeno 25 milioni di dosi vaccinali che potrebbero migliorare sensibilmente il livello di immunità raggiunto dalla popolazione italiana. Per questo è importante che le operazioni vaccinali procedano il più speditamente possibile.
Pediatri: “vaccinare i ragazzi”; 26 morti e 638mila contagi under 19 in Italia
RispondiEliminaANSA Roma - 21 giugno 2021
Nel nostro Paese, dei 4.2 milioni di casi di infezione da Sars-Cov-2, 638mila casi hanno colpito gli under 19 causando 26 decessi. Il 5.5%, ovvero 231mila casi, ha riguardato bambini tra 0 e 9 anni con 11 morti; il 9.6%, cioè 406mila casi, la fascia di 10-19 anni di età con 15 decessi.
A fornire i dati, estrapolati da quelli dell'ISS, aggiornati al 9 giugno 2021, è la Società Italiana di Pediatria (Sip), secondo cui è "necessario un intervento vaccinale globale, in tutte le età e in tutti i Paesi del mondo" e "non ritene valido ed efficace" limitarlo solo ai pazienti pediatrici con malattie pregresse.
Su scala mondiale, questa popolazione ammonta a circa il 7% del totale dei casi, con una distribuzione per classe d'età che aumenta progressivamente dall'età neonatale a quella adolescenziale, con la metà dei casi che si verifica in minori di età compresa tra 1 e 14 anni, mentre sono rari i casi nel primo anno di vita.
Anche se la fascia pediatrica dai 12 anni in su risulta essere tra quelle meno colpite, "recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato in tale fascia di età la presenza di gravi complicanze renali o di complicanze multi-sistemiche conseguenti ad un'infezione pauci-sintomatica oppure asintomatica, come sta emergendo per l'adulto".
A questo si aggiunge che il fatto che implementare un'offerta vaccinale universale "aiuterà a ridurre non solo la circolazione dello stesso virus, ma soprattutto il rischio di generare varianti potenzialmente più contagiose" e "permetterà di beneficiare di una prossima apertura dell'anno scolastico in sicurezza".