sabato 5 giugno 2021

Segnalazione da Lancet: una singola dose del vaccino Pfizer-BioNTech offre una scarsa protezione contro alcune varianti virali

The Lancet ha pubblicato un breve articolo inviato da un gruppo di ricercatori inglesi nel quale viene analizzata la resistenza di alcune varianti virali (le cosiddette VOC - variant of concern) rispetto agli anticorpi neutralizzanti presenti nel siero di persone che hanno ricevuto una singola o due dosi del vaccino Pfizer-BioNTech. Lo studio si limita a questo tipo di vaccino e non considera persone che hanno ricevuto vaccini alternativi.

Analogamente a quanto fatto in studi analoghi, è stata misurata la capacità neutralizzante degli anticorpi rispetto alle diverse varianti virali. Oltre al cosiddetto "Wild-type" ovvero la forma di SARS-CoV-2 isolata inizialmente a Wuhan, sono stati considerati i seguenti ceppi virali: D614G (il ceppo che circolava in Europa prima dell'arrivo della variante inglese), B.1.1.1.7 (variante inglese), B.1.351 (variante sudafricana) e B.1.617.2 (la variante indiana che da alcune settimane è diventata dominante in Inghilterra, soppiantando la variante B.1.1.1.7).

Il grafico è estratto dal Materiale supplementare dell'articolo citato. In alto la capacità neutralizzante rispetto ai diversi ceppi virali dopo due dosi del vaccino Pfizer-BioNTech. In basso, lo stesso dato dopo 1 o 2 dosi. Si noti che le scale verticali sono logaritmiche

I risultati sono in linea con quelli di altri studi. Le varianti sudafricana ed indiana mostrano una certa resistenza agli anticorpi presenti nel plasma delle persone vaccinate. Anche se non c'è una relazione lineare tra la capacità neutralizzante degli anticorpi ed il grado di protezione offerto dal vaccino, ci aspettiamo che questo risultato sia indicativo di un minore livello di protezione quando le persone vaccinate sono esposte alle varianti B.1.351 e B.1.617.2. In particolare, gli Autori concludono:

"Nel caso dei destinatari di una singola dose vaccinale, i nostri dati mostrano che la capacità neutralizzante per le varianti B.1.617.2 e B.1.351 è significativamente più bassa rispetto a quella ottenuta rispetto alla variante B.1.1.7. Sebbene una singola dose possa offrire una protezione notevolmente maggiore rispetto a nessuna vaccinazione, è probabile che i destinatari di una singola dose siano meno protetti contro queste varianti di SARS-CoV-2. I nostri dati suggeriscono quindi che i benefici del ritardare la seconda dose, in termini di una più ampia copertura della popolazione, vadano ora soppesati con una minore efficacia, nel breve termine, nel contesto della crescente diffusione del ceppo virale B.1.617.2. I nostri dati evidenziano la necessità di aumentare la fornitura di vaccini per consentire a tutti i Paesi di estendere la protezione dalla seconda dose il più rapidamente possibile." 

Il concetto è lo stesso espresso dagli Autori di un recente studio osservazionale condotto in Inghilterra, che aveva valutato l'efficacia di una o due dosi dei vaccini Pfizer-BioNTech ed Astrazeneca contro la variante indiana. In particolare, questo studio aveva evidenziato che il vaccino Pfizer-BioNTech era più efficace rispetto ad AstraZeneca, ma solo dopo la seconda dose. 

In Italia, fortunatamente si sono spente le voci di chi - a mio avviso avventatamente - proponeva di allungare ulteriormente il tempo di somministrazione della seconda dose dei vaccini ad mRNA.

L'idea di allungare i tempi tra prima e seconda dose per i vaccini ad mRNA poteva avere senso all'inizio della campagna vaccinale, quando i vaccini disponibili erano davvero pochi e si sarebbero potuti raggiungere più rapidamente i "grandi anziani" con almeno una dose vaccinale. Ma parliamo di una cosa che si sarebbe dovuta fare a gennaio e non a metà aprile.

Il caso del Trentino dimostra che l'improvvisa estensione da 3 a 6 settimane nei tempi di somministrazione della seconda dose non ha prodotto alcun vantaggio ai fini della velocizzazione della campagna vaccinale, ma ha invece causato intoppi organizzativi che hanno di fatto rallentato la somministrazione dei vaccini (rimasti più a lungo nei frigoriferi in attesa di essere somministrati come seconda dose).

Oggi con l'avvio della stagione delle vacanze c'è il rischio che molti, falsamente convinti che una singola dose vaccinale dia una copertura adeguata (parliamo ovviamente dei vaccini che prevedono un richiamo) rimandino sine-die la seconda dose per non rovinarsi le ferie. Nel breve periodo, considerato che l'estate sarà, con grande probabilità, un periodo di scarsissima circolazione virale, i danni potrebbero essere limitati. Ma, al momento, non sappiamo cosa succederà nel prossimo autunno quando una forte presenza di persone vaccinate solo parzialmente potrebbe rappresentare una criticità. Bisogna evitare di mandare messaggi sbagliati e raccomandare a tutti di completare il ciclo vaccinale nel più breve tempo possibile.

Nessun commento:

Posta un commento