martedì 17 agosto 2021

Un primo possibile segnale sull'effetto della terza dose in Israele

Israele ha iniziato la somministrazione di massa della terza dose vaccinale alla fine dello scorso mese di luglio. Inizialmente prevista sopra la soglia dei 60 anni, la terza dose è state recentemente resa accessibile anche ai cinquantenni. Attualmente, oltre la metà dei cittadini israeliani con almeno 60 anni ha già ricevuto la terza dose.

Le statistiche diffuse quotidianamente dal Ministero della salute israeliano (purtroppo le statistiche ufficiali del Governo israeliano sono disponibili solo in lingua ebraica e non c'è una versione inglese, ma usando un traduttore automatico - ad esempio, quello di Google - è facile tradurre i documenti in italiano) non forniscono ancora informazioni specifiche sui contagi di chi ha ricevuto le tre dosi vaccinali. Tutti i dati fin qui disponibili sono suddivisi in tre categorie: non vaccinati, coloro che hanno ricevuto solo la prima dose vaccinale e coloro che hanno ricevuto (almeno) due dosi vaccinali. 

Tuttavia, sapendo che oltre la metà di coloro con 60 o più anni che erano stati completamente vaccinati hanno già ricevuto il terzo richiamo, possiamo ottenere una prima grossolana informazione sull'efficacia della terza dose  osservando cosa sta succedendo ai cittadini israeliani di età 60+. 

A tal fine ho provato a rappresentare su un grafico l'andamento del rapporto tra il numero di pazienti 60+ non vaccinati e quelli completamente vaccinati (almeno due dosi) che si trovano ricoverati in condizioni classificate come "gravi" nei reparti Covid degli ospedali israeliani. Ricordo che la definizione di casi "gravi", secondo lo standard israeliano, copre circa la metà dei ricoveri ospedalieri Covid e comprende casi che in Italia sarebbero classificati come "terapia intensiva, "alta intensità" ed, in parte, "media gravità". Prima di calcolare il rapporto, i due dati sono stati normalizzati rispetto alla dimensione delle rispettive popolazioni:

Rapporto tra non vaccinati e vaccinati di età maggiore o uguale a 60 anni che si trovano ricoverati in condizioni "gravi" nei reparti Covid degli ospedali israeliani. Prima di calcolare il rapporto, i dati sono stati normalizzati rispetto al numero di abitanti che si trovano nelle due diverse condizioni vaccinali. La linea rossa è un fit parabolico senza alcuna pretesa di carattere predittivo

L'ultimo dato disponibile (17 agosto) ci dice che i pazienti gravi non vaccinati sono 174 per ogni 100 mila israeliani di età uguale o superiore a 60 anni. Per coloro che hanno ricevuto due (o tre) dosi vaccinali, si contano 21,3 ricoverati "gravi " per ogni 100 mila abitanti. Il rapporto tra questi due dati corrisponde al valore 8,2 mostrato in figura (ultimo punto rosso in alto a destra). 

Per confronto, può essere utile ricordare che alla fine dello scorso mese di maggio (prima dell'arrivo della variante Delta e in un momento più vicino rispetto alla vaccinazione) il valore di tale rapporto era pari a circa 100, ovvero i ricoverati gravi erano praticamente solo non vaccinati. Qui di seguito riporto l'andamento del rapporto mediato su base settimanale da fine maggio fino ad oggi:

La figura mostra - su scala semi-logaritmica - l'andamento dei casi di ricovero classificati come "gravi" (linea verde) che hanno riguardato cittadini israeliani con almeno 60 anni d'età, da fine maggio fino ad oggi. La linea rossa rappresenta il rapporto tra la densità di ricoveri "gravi" che hanno riguardato persone 60+ non vaccinate e lo stesso valore misurato per le persone che avevano ricevuto almeno due dosi vaccinali.

Si nota che il rapporto tra non vaccinati e completamente vaccinati scendeva già a giugno quando i casi gravi erano complessivamente poco più di una decina e la variante Delta non circolava ancora in Israele come ceppo virale dominante. Questo ha fatto propendere le Autorità sanitarie israeliane verso l'ipotesi che il vaccino stesse perdendo di efficacia, anche prima dell'arrivo della variante Delta. 

Ricordo che in Israele la vaccinazione delle persone più anziane era iniziata nel dicembre 2021 e quindi, a giugno, per molti anziani erano già passati almeno 6 mesi dalla somministrazione del vaccino. Ricordo anche che questa scelta delle Autorità sanitarie israeliane è stata contestata da molti scienziati. A mio avviso, poiché la frazione di cittadini israeliani non vaccinati è meno del 10% in tutte le classi d'età superiori ai 60 anni, si sarebbe dovuto separare nel dato dei non vaccinati coloro che avevano già contratto la Covid rispetto a coloro che non avevano ancora acquisito alcun livello di immunità. Purtroppo, anche l'eccellente sistema informativo della Sanità israeliana non ci fornisce questo tipo di informazioni.

Ciò premesso, va detto che nel corso dell'ultima settimana si è osservato un significativo aumento del rapporto non vaccinati/vaccinati. Siamo ancora lontanissimi dai valori di fine maggio, ma comunque l'ultimo dato disponibile si assesta ad un livello pari a circa il doppio del valore di fine luglio, quando il rapporto aveva toccato un minimo pari a circa 4. Tra il 12 ed il 17 agosto, i ricoveri di vaccinati in condizioni "gravi" sono passati da 19,1 a 21,3 casi per ogni 100 mila abitanti. Viceversa i ricoveri "gravi" di non vaccinati sono passati da 108,3 a 174 per ogni 100 mila abitanti, un incremento molto più rilevante rispetto a quello dei cittadini vaccinati (parliamo ovviamente solo di cittadini che abbiano almeno 60 anni di età). 

Si tratta di un dato assolutamente preliminare che ci fa sperare in un maggiore effetto protettivo - sia pure ancora largamente incompleto - legato alla somministrazione della terza dose vaccinale ad almeno la metà dei cittadini israeliani over 60. Tuttavia, prima di trarre conclusioni definitive bisognerà disporre di dati disaggregati tra coloro che sono stati vaccinati con due dosi rispetto a coloro che hanno fatto anche il terzo richiamo. Nel frattempo, mi limito a farvi notare questo primo segnale incoraggiante.

Nota aggiunta il 18 Agosto:

Oggi sono usciti i primi dati analizzati in Israele relativi al livello di protezione offerto dalla terza dose vaccinale nei cittadini con almeno 60 anni. Uno studio preliminare, non ancora oggetto di una pubblicazione scientifica, parla di un livello di protezione dal contagio pari all'86%. Da quello che sembra di capire sulla base delle poche informazioni disponibili, lo studio avrebbe analizzato tutti i tipi di contagio sintomatico, indipendentemente dalla loro gravità. Il campione di riferimento era rappresentato da persone, con una analoga distribuzione di età e condizioni generali di salute, che avevano ricevuto solo due dosi vaccinali entro lo scorso mese di febbraio.

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