Si moltiplicano i segnali che indicano una ripresa della circolazione del virus anche in Italia. Aldilà dei nuovi contagi, il dato che andrebbe monitorato con più attenzione è quello dei ricoveri in terapia intensiva perché questi numeri ci danno - in ultima istanza - la misura di quanto il Sistema sanitario nazionale sia impegnato nella cura dei malati di Covid-19.
Rispetto a marzo-aprile i numeri sono ancora molto bassi. Attualmente il ricovero in terapia intensiva interessa solo una piccola percentuale di coloro che sono positivi al tampone (poco meno dello 0,4%) a fronte di un 6% circa che viene ricoverato in ospedale. Rispetto all'inizio dell'epidemia sono senz'altro migliorate le capacità di prevenire le complicanze più gravi della Covid-19 e questo si traduce in una sostanziale riduzione della necessità di ricorrere al trattamento in terapia intensiva. Il fatto che l'occupazione dei posti di terapia intensiva abbia toccato il minimo e stia crescendo non significa necessariamente che sia partita una seconda ondata dell'epidemia, ma è comunque un campanello d'allarme da non trascurare.
I dati sono quelli della Protezione Civile Nazionale e sono mostrati nella figura seguente:
Il minimo, pur in presenza delle consuete fluttuazioni statistiche, è stato registrato tra fine luglio e la prima settimana di agosto. Da qualche giorno è in atto un rimbalzo percentualmente significativo, anche se - come ricordato sopra - i numeri assoluti sono fortunatamente ancora piccoli. Il livello attuale di occupazione delle terapie intensive Covid-19 è tornato più o meno ai valori di un mese fa. Vedremo nei prossimi giorni se questo segnale negativo sarà confermato o se ci sarà un recupero.
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