Un gruppo di ricerca della University of Nevada Reno School of Medicine ha recentemente individuato un caso di seconda infezione in un paziente che ha contratto la Cobid-19 a distanza di circa un mese dopo il primo contagio. La prova delle nuova e diversa infezione è stata ottenuta analizzando la struttura genetica del virus che aveva contagiato il paziente.La pubblicazione che descrive questo caso non è ancora stata sottoposta ala revisione scientifica ed è attualmente disponibile (con tutte le cautele del caso) come pre-print:
La caratterizzazione genetica del virus richiede un approccio tecnologico piuttosto complesso che certamente non può essere esteso alla generalità dei pazienti. Comunque, in analogia con un simile caso segnalato qualche giorno fa ad Hong Kong la differenza genetica del virus trovato al primo ed al secondo insorgere dei sintomi della Covid-19 dimostrano che non sempre chi si ammala ottiene una immunità durevole.
Nel caso specifico, il paziente aveva 25 anni ed aveva contratto la Covid-19 una prima volta a fine Aprile, mostrando sintomi diffusi, ma non gravissimi. Il secondo contagio è avvenuto poco più di un mese dopo e questa volta il paziente ha dovuto ricorrere al ricovero in ospedale dove è stato necessario trattarlo anche con ossigeno.
Analogamente a quanto detto a proposito del caso di Hong Kong, il fatto che possa essserci una nuova infezione anche a brave distanza dalla prima potrebbe essere annoverato tra gli eventi possibili, ma molto poco probabili e non avrebbe quindi una particolare rilevanza rispetto all'andamento generale della pandemia. Va detto tuttavia che casi di questo tipo possono essere provati solo se si dispone della mappatura genetica del virus contratto durante i diversi episodi della malattia e questo tipo di analisi è disponibile solo per pochissimi pazienti. I casi sono pochi perché sono effettivamente rari oppure perché mancano i dati genetici necessari per provarli? Per il momento non abbiamo una risposta certa.
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