domenica 14 novembre 2021

Il futuro della campagna vaccinale: tre sfide di fronte a noi

Di fronte all’ansia generata dal numero crescente dei contagi, molti si domandano quale sia la migliore strategia da adottare per mitigare – grazie all’uso del vaccino – gli impatti sanitari, economici e sociali della pandemia.

Gli obiettivi da raggiungere sono essenzialmente due: a) ridurre al minimo l’occupazione dei reparti Covid degli ospedali (che devono essere disponibili per curare tutte le altre patologie) e b) ridurre la circolazione virale del SARS-CoV-2. I due obiettivi sono correlati tra loro, perché se il virus circola molto, fatalmente riuscirà ad arrivare anche alle persone più fragili che, sovente, sono quelle che riescono a trarre meno benefici dalla vaccinazione.

La soluzione ideale è certamente quella di ridurre al minimo la circolazione virale, ma – se non ci riusciamo – dovremmo almeno cercare di proteggere nel modo più efficace possibile le persone più esposte al rischio di gravi complicanze.

Gli strumenti che abbiamo a disposizione sono sostanzialmente 3:
  1. somministrare la terza dose a chi ha fatto la vaccinazione più di 6 mesi fa;
  2. cercare di convincere quella quota di adulti ancora non vaccinati e soprattutto coloro che hanno più di 60 anni e sono quindi esposti ad un rischio maggiore di gravi complicanze;
  3. vaccinare un’ampia quota dei bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni, non appena sarà autorizzata la somministrazione del vaccino in formulazione pediatrica.
Come discusso in un post precedente, lo strumento della terza dose è quello che può dare risultati già nel brevissimo termine. I vaccinati aumentano la loro copertura contro il virus una settimana circa dopo aver ricevuto la terza dose. I dati israeliani confermano che la terza dose aumenta considerevolmente il grado di copertura contro il rischio di contrarre forme gravi di Covid e questo avrà certamente un effetto benefico, sia in termini di riduzione dei ricoveri che dei decessi.

Vediamo un po' di numeri: attualmente i cittadini con almeno 60 anni d’età che hanno completato la vaccinazione (ma non hanno ancora ricevuto la terza dose) sono circa 16 milioni, pari a circa il 30% degli italiani vaccinabili (con almeno 12 anni d’età). I loro coetanei non vaccinati sono circa 1 milione e mezzo, pari a poco meno del 3% degli italiani vaccinabili.

Secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Istituto Superiore di Sanità, i vaccinati 60+ hanno occupato circa il 29% dei posti di terapia intensiva (contro il 42% occupato dai loro coetanei non vaccinati) ed hanno contribuito al 48% dei decessi (contro il 40% dei non vaccinati). Ricordo che i non vaccinati sono molto meno dei vaccinati e quindi la loro probabilità di finire in terapia intensiva o di morire è decisamente più alta rispetto a quella dei loro coetanei vaccinati, anche se non hanno ancora ricevuto la terza dose.

Osservando i dati di Israele, ci aspettiamo che, dopo aver ricevuto la terza dose, il livello di rischio dei cittadini 60+ scenda significativamente e questo produrrebbe un beneficio significativo sia in termini di ricoveri che di decessi, almeno per la parte dovuta alle persone che, pur essendo state vaccinate, non dispongono più di una efficace copertura contro le più gravi complicanze.

Ovviamente, se volessimo limitare veramente il numero di ricoveri in terapia intensiva e dei decessi, lo strumento più efficace sarebbe quello di convincere il milione e mezzo di cittadini over-60 ancora non immunizzati a fare il vaccino. Come ricordato precedentemente, la minoranza no-vax con almeno 60 anni di età (meno di 1/10 rispetto ai loro coetanei vaccinati) contribuisce a più dei 40% dei ricoveri in terapia intensiva e dei decessi, senza dimenticare che un altro 25% dei ricoveri in terapia intensiva è dovuto ai no-vax con meno di 60 anni di età.

Lo strumento della vaccinazione dei bambini – quando sarà disponibile - oltre a proteggere i più piccoli da possibili complicanze ed effetti a lungo termine della malattia (che purtroppo esistono anche per loro, anche se sono meno frequenti rispetto agli adulti) produrrà senz’altro un effetto in termini di riduzione dei contagi che, attualmente, mostrano un picco proprio in età pediatrica.

Come ricordato precedentemente, se i contagi calano, ci aspettiamo che ci siano meno casi gravi anche tra gli adulti e quindi una estensione della vaccinazione contribuirebbe senz’altro a ridimensionare l’impatto della pandemia.

In un mondo ideale saremmo tutti vaccinati ed il virus avrebbe un’enorme difficoltà a diffondersi. Ma se guardiamo con priorità ai numeri dell'occupazione delle terapie intensive e dei decessi, l’effetto della vaccinazione dei bambini sarà sostanzialmente indiretto. Se vogliamo affrontare il problema alla radice, oltre a somministrare rapidamente la terza dose a chi ha fatto il vaccino nel primo semestre 2021, dovremmo convincere almeno i “ni-vax” a farsi finalmente vaccinare.

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