sabato 27 novembre 2021

Parliamo dei bambini

L'autorizzazione del vaccino per età pediatriche (5-11 anni), rilasciata recentemente da EMA, ha aperto - anche in Italia - il dibattito sull'opportunità di estendere ai più piccoli la vaccinazione Covid. Si tratta di un argomento particolarmente delicato, come succede quando si discute della salute dei bambini. Qualche forza politica ha già cercato di dare una colorazione partitica alla discussione e questo certamente non giova alla serenità del dibattito.

Io non sono in grado di dare consigli di sorta e - per i miei 6 nipoti che hanno meno di 12 anni - credo che sarà bene che i loro genitori chiedano il parere di un pediatra di cui si fidano. Qui mi limito a riportare alcune informazioni che ci possono aiutare ad inquadrare il problema, augurandomi che il dibattito possa rimane focalizzato sui dati di fatto, lasciando perdere i preconcetti ideologici di qualsiasi tipo.

Partiamo da un dato che riguarda l'impatto della Covid-19 sui bambini. Secondo quanto riportato dall'Istituto Superiore di Sanità, nel periodo dall'8 al 21 novembre 2021, nei bambini di età inferiore ai 12 anni sono stati segnalati complessivamente 31.365 nuovi casi, di cui 153 ospedalizzati e 3 ricoverati in terapia intensiva.

Variazione dell'incidenza misurata nel corso dell'ultima settimana, suddivisa in base alle classi d'età. Si noti il forte contributo ai contagi dovuto alle generazioni più giovani. Tratto dal Bollettino ISS

In particolare, nella fascia d'età 6-11 anni (attualmente completamente non vaccinata) è stato riscontrato il 51% di tutti i contagi trovati tra i giovani di età scolare (asili inclusi), percentuale che scende al 32% per la fascia d'età 12-19 anni. Gli altri contagi sono stati trovati nei bambini degli asili. Questi numeri ci confermano che:

  1. Non è vero che "i bambini non si ammalano e se anche si contagiano sono comunque asintomatici". Fortunatamente i ricoveri sono decisamente meno frequenti rispetto alle persone anziane, ma il loro numero non è affatto trascurabile. Per non parlare delle conseguenze a lungo termine della Covid-19 che si registrano anche tra i bambini e che sono attualmente oggetto di studi approfonditi.
  2. I vaccini riducono sensibilmente i contagi tra gli studenti di almeno 12 anni d'età rispetto agli studenti più piccoli: la probabilità di contagio per chi ha tra 6 ed 11 anni è mediamente più che doppia rispetto a coloro che hanno tra 12 e 19 anni (che sono - sia pure parzialmente - vaccinati). Questo ha una diretta incidenza sulla possibilità di mantenere le Scuole in presenza senza ricorrere alla didattica a distanza, soprattutto nei momenti di elevata circolazione virale. Tra l'altro, gli studenti più giovani fanno un uso molto meno intenso dei mezzi di trasporto pubblico per raggiungere le Scuole e questo dovrebbe far riflettere chi afferma: "i contagi non avvengono a Scuola, ma durante gli spostamenti sui mezzi pubblici".

La vaccinazione dei bambini ha, potenzialmente, un effetto rilevante sulla circolazione virale complessiva. I più giovani - completamente non vaccinati - sono un "serbatoio" virale perfetto e alimentano la circolazione virale. Anche se si contagiano principalmente tra di loro, alla fine i bambini finiscono per portare il virus in famiglia, contagiando genitori e nonni. Questo problema esiste specialmente in alcuni Paesi, come ad esempio Israele o Irlanda, dove c'è un'ampia fascia di giovani generazioni che, fino ad oggi, non sono state vaccinate. 

Paradossalmente, per una paese "vecchio" come l'Italia il problema è molto meno grave. L'effetto "culle vuote" che ha generato il ben noto calo demografico, riduce sensibilmente anche il ruolo dei più giovani nella circolazione virale. Se volete, è una ben magra consolazione, ma almeno da questo punto di vista, l'Italia si trova in una posizione "avvantaggiata" rispetto ad altri Paesi.

Quindi - almeno per quanto riguarda l'Italia - l'argomento "vacciniamo i più piccoli per proteggere tutti gli altri" non mi sembra prioritario. Dal punto di vista dell'immunità collettiva, sarebbe molto più importante riuscire a convincere a vaccinarsi quei milioni di adulti che ancora si oppongono al vaccino.

Vediamo adesso un altro punto importante ovvero "quanto è efficace e sicuro il vaccino per i più piccoli?". Le agenzie FDA ed EMA hanno autorizzato la somministrazione dei vaccini pediatrici sulla base di uno studio che ha riguardato un numero limitato di volontari. In pratica, la domanda chiave che si poneva questo studio era: "quale è l'efficacia del vaccino pediatrico considerato che la dose di questo vaccino è stata ridotta al valore di 1/3 rispetto al vaccino standard?". Il numero dei volontari è stato fissato per avere una base statistica sufficiente per determinare l'efficacia e la risposta è stata ampiamente positiva. Pur avendo ridotto considerevolmente il dosaggio, si è visto che l'efficacia è paragonabile a quella che si riscontra per gli adulti a cui viene somministrato il prodotto standard. La cosa non è sorprendente, considerato che i più piccoli hanno generalmente un sistema immunitario in ottime condizioni e quindi reagiscono meglio degli adulti alle vaccinazioni. 

La sperimentazione non ha evidenziato l’insorgenza di effetti avversi rilevanti (cosa non sorprendente perché, a parte il dosaggio ridotto, la formulazione è la stessa del vaccino usato per chi ha più di 12 anni). Tuttavia - poiché sono stati studiati solo un numero limitato di casi - non è stato possibile mettere in luce, ammesso e non concesso che esistano, eventuali rari eventi avversi che si potrebbero manifestare solo nei più piccoli. 

D'altra parte, un problema simile si era manifestato anche per lo sviluppo dei vaccini per gli adulti. I rari casi di trombosi registrati con il vaccino AstraZeneca (1 caso ogni circa 100 mila dosi somministrate) sono stati visti solo dopo che il vaccino è stato somministrato su vasta scala. Vi faccio notare che - per capire cosa succedeva - non ci sono voluti anni: è bastato somministrare qualche milione di dosi ed anche gli eventi avversi rari sono diventati evidenti. 

Ricordo anche che la probabilità di questi eventi avversi rari è di gran lunga inferiore rispetto a quella di patire conseguenze altrettanto - se non più - gravi a causa del contagio. Di conseguenza, la vaccinazione diventa senz'altro preferibile rispetto ad un contagio che non sempre si risolve con sintomi leggeri.

Per il vaccino pediatrico, la somministrazione su larga scala è appena iniziata e ci vorrà ancora un paio di mesi prima che il numero di dosi somministrate (soprattutto negli Stati Uniti ed in Israele) ci consenta di verificare sul campo quegli aspetti di sicurezza che ancora non sono ben chiariti. Tenuto conto che i vaccini pediatrici non saranno effettivamente disponibili in Italia prima della fine di dicembre, c'è tutto il tempo per approfondire la questione, dando ai pediatri le informazioni necessarie affinché possano consigliare le famiglie nel modo migliore. 

Purché si lasci la questione in mano agli esperti e la politica non butti tutto in "caciara", sollevando un polverone che - alla fine - rischia di danneggiare proprio quei bambini che tutti dichiarano di voler proteggere.

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