Di fronte al
progredire della pandemia di Coronavirus si stanno delineando almeno
tre diversi approcci per affrontarla. Molto schematicamente potremmo
identificarli così:
1) Metodo Wuhan.
Consiste nel delimitare con estremo rigore i focolai dell’epidemia
(la cosiddetta zona rossa) anche se sono molto estesi in termini di
popolazione. Come discusso ieri affinché questo approccio abbia
successo è indispensabile che intorno alla zona rossa ci sia un
ampio territorio dove le normali attività possano proseguire, sia
pur con le dovute cautele, in modo da assicurare agli abitanti della
zona rossa i rifornimenti essenziali e la necessaria assistenza
sanitaria. A questo punto è poco importante sapere quanti siano
effettivamente i contagiati all’interno della zona rossa.
La priorità è quella di identificare i malati più gravi e cercare di salvare il maggior numero possibile di vite umane. L’esempio di Wuhan ci suggerisce che attuando con rigore questa
procedura si può bloccare l’epidemia nell’arco di un paio di
mesi. Discuteremo più avanti se questo blocco si deve intendere come
definitivo o se invece potrebbe essere solo temporaneo.
2) Metodo BoJo:
“Molte famiglie perderanno i loro cari prematuramente”.
L’approccio britannico può sembrare cinico e disumano, ma aldilà
della frase infelice, potrebbe essere definito come il
metodo standard con cui l’Umanità ha affrontato le pandemie nella
sua storia passata. Boris Johnson ed i suoi consiglieri scientifici
considerano la pandemia come una sorta di “livella
evoluzionistica”. Il loro ragionamento è tanto semplice quanto
spietato: moriranno i più deboli, liberando risorse che saranno a
disposizione dei sopravvissuti. Forse BoJo avrebbe dovuto essere più
chiaro e far capire ai britannici che il numero di addii prematuri
potrebbe essere un numero con molti zeri. L’atroce
situazione che in questi giorni si sta registrando in alcuni comuni della
Bergamasca (quelli che a fine febbraio dicevano "il lavoro è più importante dell'epidemia!") è solo un anticipo di quello che succederà presto in
tutta Europa se il metodo BoJo fosse applicato ovunque.
3) Metodo coreano.
La Corea ha combinato misure di rigido confinamento personale con una caccia serrata ai portatori asintomatici. È il
metodo che la vicina Regione Veneto ha deciso di seguire con
decisione, ampliando quanto già fatto nel focolaio iniziale di Vò
Euganeo. Come già discusso in alcuni post precedenti, anche quando
si applicano misure di contenimento molto strette è necessario
consentire la mobilità di coloro che si occupano della
sanità, delle produzioni e dei servizi essenziali. Tra queste
persone ci possono essere portatori asintomatici del virus che
agiscono come diffusori inconsapevoli. L’unico modo per affrontare
il problema è quello di effettuare test a tappeto. Paradossalmente
fare più test potrebbe portare, almeno nella fase iniziale, ad un
apparente inasprimento dell’epidemia. Sappiamo però che i contagi
si trovano solo se si cercano. Limitarci ai soli sintomatici come è
stato fatto fino ad oggi equivale a nascondere la testa come gli
struzzi lasciando aperto un importante canale di diffusione del
contagio.
Un ultimo commento
riguarda l’evoluzione a lungo termine della pandemia. BoJo propone
di lasciar fare le cose alla Natura, contando dal fatto che quando
una parte importante della popolazione (almeno il 60% secondo alcuni
studi) sarà stata contagiata, i sopravvissuti al contagio
produrrebbero la cosiddetta “immunità di gregge”. Si tratta di una ipotesi tutta da dimostrare. Il Coronavirus è troppo nuovo
per avere dati scientifici attendibili. In letteratura sono riportati
casi di secondi contagi ed è presto per validare qualsiasi ipotesi
che riguardi l’immunità di gregge. Secondo lo scenario più pessimistico
la pandemia di Coronavirus potrebbe ripresentarsi ad ondate un po’
come succede per la normale influenza. Così come nel caso
dell’influenza, l’unico modo certo per proteggere i cittadini da
futuri contagi potrebbe essere quello di somministrare un vaccino efficace.
Sappiamo che c’è un intenso lavoro di ricerca in atto e ci
auguriamo che si possano ottenere risultati concreti in un tempo
contenuto. Al momento però, non c’è alcuna certezza sui tempi
tecnici che saranno necessari per produrre su larga
scala un vaccino per il Coronavirus.
Riassumendo: il
metodo BoJo produce con certezza un numero di morti a molti zeri e
potrebbe (ma non è certo) indurre una immunità di gregge nella
popolazione sopravvissuta. Viceversa i tentativi di mitigazione
dell’epidemia basati sull’isolamento dei contagiati (con grande
attenzione agli asintomatici) può, almeno nel breve periodo, ridurre di ordini di grandezza il numero
dei decessi, ma certamente non produce l’immunità
di gregge. Per questo bisognerà attendere il vaccino.
E in Italia che metodo abbiamo adottato? Secondo la migliore tradizione italica procediamo in ordine sparso. L'unico elemento comune può essere intravisto nel rinnovato fervore dimostrato verso le numerose Madonne miracolose che popolano i nostri santuari. Male non fa, purché il pellegrinaggio lo facciate rigorosamente da soli. I due casi citati del Veneto e della Bergamasca rappresentano solo gli estremi. In Trentino, in meno di due settimane, siamo passati dal "Venite pure a sciare, in Trentino l'epidemia non c'è" al "Rischiamo una strage simile alla Bergamasca". E intanto non si vede ancora traccia di un serio piano per aumentare sensibilmente la somministrazione dei test.
Lascio al lettore il
compito di trarre le conclusioni che riterrà più opportune.
Personalmente, facendo parte per motivi anagrafici della fascia di
coloro a cui i familiari potrebbe presto dire addio, non ho dubbi e
sostengo con forza l’approccio del blocco più ampio possibile
delle attività combinato con la somministrazione di massa dei test,
così come ha deciso di fare la regione Veneto.
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