venerdì 13 marzo 2020

Confronto Trentino vs Veneto

Ecco un grafico che ci fa vedere l'evoluzione dell'epidemia in Trentino confrontata con il vicino Veneto. Il dato che consideriamo è quello relativo alla densità di contagi ovvero il numero dei casi rilevati per ogni 10.000 abitanti. L'asse orizzontale riporta i giorni: nel caso del Veneto il giorno "1" corrisponde alla data di scoperta del primo caso (21 febbraio). Per il Trentino la scala temporale è stata empiricamente spostata di otto giorni. Questo valore ci fornisce una indicazione del tempo che è stato necessario per diffondere l'epidemia dai focolai iniziali lombardo-veneti fino al Trentino.

Va detto che questo tipo di confronto presuppone che nei due territori sia stato applicato lo stesso criterio per la somministrazione dei test di positività al virus. Se osserviamo i numeri assoluti possiamo dire che ci sono notevoli differenze. Secondo i dati ufficiali rilasciati il 12 marzo in Veneto erano stati fatti 23.438 tamponi con 1384 casi positivi. Per il Trentino i tamponi fatti sono stati 593, con 107 casi positivi (il dato è quello della Protezione Civile Nazionale, leggermente inferiore rispetto a quanto comunicato a livello provinciale). Vediamo quindi che, per ogni caso positivo, il Veneto ha fatto in media un numero di test circa triplo rispetto al Trentino (circa 17 tamponi in Veneto contro 5,5 del Trentino). Come al solito le medie statistiche vanno lette con attenzione. Una frazione significativa dei test veneti è stata fatta nel focolaio di Vo' Euganeo dove, per almeno due volte, è stata controllata gran parte della popolazione residente (circa 3000 abitanti). Oltre al numero complessivo di test fatti bisognerebbe sapere anche quante persone sono state sottoposte a test. In alcuni casi si applica un solo test (ahimè post mortem), mentre in altri casi la stessa persona viene ripetutamente sottoposta al test (ad esempio nel monitoraggio del personale sanitario più esposto al contagio).

Un altro indicatore che può essere di interesse è quello della frazione di contagiati che non necessitano di ricovero ospedaliero. In Veneto sono 852 su 1297 attualmente positivi (circa il 66%). In Trentino le persone trattate a livello domiciliare sono 54 su 102 attualmente positivi (circa il 53%). Per confronto, la media nazionale corrisponde a circa il 39% delle persone attualmente positive, dato che scende ad appena il 30% per la Lombardia. La minore ospedalizzazione dei contagiati veneti ci spinge a pensare che il Veneto abbia intercettato meglio le persone positive al virus che sono asintomatiche o con sintomi lievi. Anche questo dato andrebbe considerato disaggregando i dati del focolaio di Vo' Euganeo rispetto al resto della regione. Senza questa informazione è impossibile trarre conclusioni che abbiano una qualche affidabilità. Comunque se supponessimo che il numero dei contagiati veneti fosse stimato meglio di quelli trentini, potremmo far tornare i conti semplicemente traslando verso l'alto la curva che rappresenta i dati trentini (questo deriva dalle proprietà della rappresentazione semi-logaritmica, così come diffusamente discusso nei post precedenti). Per riportare le curve una sull'altra dovremmo cambiare il ritardo temporale tra Trentino e Veneto

Ciò premesso, pur con tutte le incertezze appena discusse, possiamo ragionevolmente concludere che l'evoluzione iniziale dell'epidemia abbia avuto un andamento temporale più o meno simile nei due territori. Tenendo conto dei possibili errori sistematici dovuti ad una diversa efficacia nel rilevamento dei contagi potremmo prudenzialmente stimare che il ritardo potrebbe essere compreso tra 6 e 10 giorni, ovvero 8 ± 2 giorni.

Per il Veneto intorno al giorno "10" è stata osservata una riduzione della pendenza della curva (ricordiamo che la pendenza della curva è inversamente proporzionale al numero di giorni che servono per osservare un raddoppio dei contagi). Perché un analogo calo di pendenza non è stato ancora osservato in Trentino? C'è certamente da tenere conto dell'incertezza nella determinazione del ritardo. Ma c'è anche una sostanziale differenza tra Trentino e Veneto rispetto alla diffusione iniziale dell'epidemia: in Veneto sono stati subito individuati alcuni focolai circoscritti e particolarmente intensi deve sono state applicate rigide misure di isolamento. Giusto per avere un'idea di cosa è successo nel focolaio di Vò Euganeo i positivi al virus misurati subito dopo lo scoppio dell'epidemia erano pari a circa il 3% della popolazione (corrispondente ad un valore di ben 300 casi per ogni 10.000 abitanti, o se preferite 3E+02 se vogliamo usare la stessa rappresentazione dei numeri usata per la scala verticale della figura). Molti dei contagiati erano asintomatici e se non fossero stati prontamente isolati avrebbero dato un contributo sostanziale alla ulteriore diffusione del virus. In Trentino, a parte il caso del bus di pellegrini che ha provocato i primi casi noti, c'è stata una diffusa dispersione iniziale del virus dovuta probabilmente ai residenti dei focolai lombardo-veneti che durante l'ultima decade di febbraio si sono spostati in massa nelle località sciistiche e nelle loro seconde case in Trentino.

Comunque, nell'immediato, capire cosa sia effettivamente successo ha una scarsa rilevanza pratica. L'unica arma di difesa che abbiamo a disposizione è quella di pensare che

TUTTI POTREMMO ESSERE PORTATORI ASINTOMATICI DEL VIRUS
 
e quindi bisogna assolutamente limitare la mobilità delle persone. E per favore smettiamola di ripeterci che tutto sommato il numero di contagiati in Trentino è ancora basso!


Sorgente dati: https://github.com/pcm-dpc/COVID-19/tree/master/schede-riepilogative
aggiornati al 12 marzo 2020 

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