sabato 28 marzo 2020

Mal comune NON è mezzo gaudio

In un post dello scorso 12 marzo presentavo una breve panoramica dello stato di avanzamento della pandemia in diversi Paesi esteri. Da allora la situazione è drammaticamente cambiata ed oggi molte Nazioni stanno subendo la triste sorte già toccata all’Italia. Per certi versi il cambio più repentino è stato quello della Gran Bretagna che, in una manciata di giorni, ha cambiato completamente le sue scelte sui metodi da usare per fronteggiare la diffusione dell’epidemia (si veda l’interessante commento che è apparso recentemente sulla rivista The Lancet).

Un vecchio detto recitava “mal comune, mezzo gaudio”, ma quando c’è di mezzo una pandemia non è assolutamente vero. In questi giorni abbiamo letto o sentito numerosi interventi di persone che si compiacevano del rapido sviluppo dell’epidemia in Paesi che due settimane fa trattavano l’Italia dall’alto in basso, convinti che la loro supposta superiorità li proteggesse. A mio parere questo atteggiamento è profondamente sbagliato, non solo per ovvie motivazioni di carattere etico-morale. Senza dimenticare che anche noi italiani abbiamo tenuto lo stesso atteggiamento nei confronti della Cina, almeno fino a quando abbiamo scoperto di avere l’epidemia in casa nostra.

Qui vorrei soffermarmi su un punto di vista un po’ diverso. Cercherò di convincervi che maggiore sarà l’espansione – spaziale e temporale – della pandemia, maggiori saranno i danni per tutti, anche per quei Paesi che sono riusciti a spegnere l’epidemia.

Vi risparmio, come al solito, qualsiasi tecnicismo fisico-matematico sui sistemi complessi, privilegiando un taglio semplificato, a costo di apparire banale. L’espansione della pandemia non conviene a nessuno per una lunga serie di motivazioni. Ne elenco alcune, senza pretesa di essere esaustivo:

Maggiore sarà la diffusione della pandemia, maggiore sarà il pericolo dei cosiddetti “contagi di ritorno”. Attualmente è il problema di maggior rilievo per la Cina. Su scala più piccola, Codogno e Vò Euganeo stanno già affrontando lo stesso problema in ambito regionale. Dobbiamo ricordare che, senza poter disporre di un vaccino, nella storia dell’Umanità questa è la prima volta che si cerca di spegnere una pandemia senza aspettare che si formi la cosiddetta immunità di gregge. Se ci riusciremo sarebbe un successo di straordinaria importanza. I contagi di ritorno sono i possibili inneschi per una rinnovata espansione dell’epidemia anche in quei Paesi che ne erano usciti. Quindi il fatto che l’Europa si aggravi, mentre noi stiamo vedendo che le cose incominciano, sia pur lentamente, a migliorare non ci deve procurare alcuna perversa soddisfazione. Anzi, proprio da quei Paesi che oggi sono all’inizio dell’epidemia potrebbero provenire i contagi di ritorno che dobbiamo temere.

Maggiore sarà l’estensione della pandemia, maggiore sarà la scarsità di medicinali, dispositivi e presidi sanitari necessari per affrontarla. Nelle prime settimane dell’epidemia italiana abbiamo assistito alla spasmodica caccia ai respiratori ed alle altre attrezzature necessarie per allestire le postazioni di terapia intensiva. Nelle prossime settimane dovremo preoccuparci di trovare i reagenti chimici necessari per fare i test di positività al virus. La capacità produttiva mondiale è ancora tarata su condizioni normali e non sarà facile assecondare le richieste che arriveranno dai Paesi dove il contagio dilaga. Almeno su questo punto, mi sarei aspettato che l’Europa riuscisse ad attivare in tempi brevissimi un piano che coordini le diverse strutture produttive in modo da rispondere in modo coordinato alle necessità di tutti i popoli europei. Non mi pare che sia successo.

Maggiore sarà l’estensione della pandemia, maggiori saranno le conseguenze negative sul piano socio-economico. Questo vale soprattutto per un Paese come l’Italia dove il contributo dell’esportazione è fondamentale per la sopravvivenza delle nostre aziende grandi e piccole. Noi dipendiamo dall’esportazione, così come la Germania. Pensare che il mercato interno possa sostituire quello estero è pura illusione. Se la pandemia imperversa per il mondo chi si comprerà le auto tedesche ed i prodotti del Made in Italy? Tra un po' dovremo incominciare a preoccuparci di come far ripartire il nostro sistema produttivo, con una epidemia che ha colpito proprio il cuore industriale dell'Italia. Non sarà cosa facile perché, ammesso di riuscire a riprendere la produzione, non è detto che ritroveremo i vecchi clienti. Se tutti si chiuderanno all'interno delle loro forntiere, l'export italiano soffrirà moltissimo. Con una lunga catena di fallimenti e con la conseguente crescita di disoccupazione e disagio sociale.

Fin qui abbiamo enunciato una serie di affermazioni che ci possono apparire semplici o, se preferite, lineari. Potremmo pensare di fare un passo in più, costruendo un modello che ci permetta di valutare quali potrebbero essere i futuri sviluppi dell'epidemia di Covid-19 in Italia, con le connesse ricadute in termini di salute pubblica e andamento dell'economica. In pratica dovremmo scrivere un sistema di equazioni che mettano in relazione fattori endogeni (ad esempio, efficacia del sistema sanitario, restrizioni alla mobilità delle persone, disponibilità di risorse finanziarie, ecc.) rispetto a fattori esogeni (mobilità delle persone  e delle merci da e verso l'estero, andamento della pandemia a livello globale, interventi a livello europeo, ecc.). Scrivere queste equazioni non è semplice. Potremmo partire dall'analisi di quello che è successo fin qui e cercare delle relazioni empiriche, utilizzando anche i metodi di intelligenza artificale oggi disponibili. Una volta che le equazioni sono state individuate dovremmo affidarci ad un computer per effettuare quelle che si chiamano simulazioni. Non pensate di poter fare questo tipo di conti sul PC di casa. Ci vuole un computer bello tosto, ma la cosa è tecnicamente fattibile. La nostra simulazione ci dimostrebbe la complessità del sistema. Qualsiasi azione che noi possiamo immaginare produrrà una molteplicità di effetti, taluni positivi ed altri negativi. Trovare il migliore rapporto tra costi e benefici non è affatto semplice. Come dicevo sempre ai miei studenti "Diffidate da chi vi propone soluzioni semplici per sistemi complessi!". C'è però una cosa che sarà senz'altro confermata dalla nostra simulazione. Qualsiasi siano le scelte adottate all'interno del nostro Paese, i costi (danni alla salute, all'economia e forse anche alla nostra democrazia) saranno senz'altro più alti, se nel frattempo la pandemia non sarà stata bloccata a livello globale. Anche su questo fronte la Cina sta facendo da apripista: ha dovuto affrontare per prima l'epidemia a casa sua ed ora deve gestire i problemi di ritorno legati alla pandemia.

Concludo qui. Ieri il Santo Padre ha pregato per tutti noi, per tutto il mondo. Speriamo che sia stato ascoltato perché è veramente interesse di tutti che questa maledetta pandemia diventi al più presto solo un doloroso ricordo.

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