Tranquilli, non voglio infliggervi un pistolotto moralistico su quanto sia ingiusto avere pregiudizi, almeno in condizioni normali. Tutti ne abbiamo, chi più e chi meno. E per tenerceli stretti facciamo largo uso di quella che gli scienziati cognitivi chiamano la memoria selettiva. In altre parole, di fronte alla realtà che è sempre troppo complicata per essere costretta entro la gabbietta dei nostri pregiudizi, diamo molta enfasi agli accadimenti che li confermano, dimenticando rapidissimamente quelli che li confutano. In fondo i pregiudizi sono comodi. Perché perdere tempo a porci domande, analizzare i dati e cercare di fare previsioni attendibili. Meglio avere la risposta pronta, magari con un nemico ben identificato a cui dare sistematicamente la colpa dei nostri guai.
In tempi normali è così, ma questi non sono tempi normali. Le nostre vite sono state stravolte. Molti soffrono e troppe persone a noi care ci lasciano prematuramente. Perché parlare di pregiudizi oggi? Perché i pregiudizi sono comodi, ma ci inducono spesso in errore. In tempi difficili come quelli attuali, i danni prodotti dai nostri errori vengono amplificati e quindi dobbiamo cercare di farne il meno possibile.
Qui di seguito ho provato a fare un elenco – non esaustivo – di come i pregiudizi ci abbiano fin qui mal consigliato. Non è mia intenzione “piangere sul latte versato”, ma nel prossimo futuro potremo fare nuovi errori non meno importanti. È quindi essenziale cercare di capire cosa fare almeno per limitare i danni.
1) Pensavamo che il virus ce lo portassero i cinesi. Convinti, anche se restii ad ammetterlo, di una nostra supposta superiorità razziale abbiamo a lungo creduto che il Coronavirus fosse un problema circoscritto alla Cina ed, eventualmente, ai Paesi vicini. Se analizziamo lo stato di salute dei nostri concittadini di origine cinese è facile verificare come sia mediamente migliore rispetto a quello dei loro vicini italiani. Probabilmente, grazie ai loro contatti diretti con la Cina, erano meglio informati, si sono dotati di sistemi di protezione adeguati e, soprattutto, appena avuto conferma della presenza dell’epidemia in Italia, hanno chiuso le loro attività senza attendere i tardivi provvedimenti delle autorità regionali e nazionali.
I due casi positivi di turisti cinesi identificati a Roma a fine gennaio hanno confermato i nostri pregiudizi. Gli untori saranno certamente cinesi ci siamo detti, e abbiamo provveduto a cancellare i voli diretti con la Cina, convinti di aver individuato la possibile origine del contagio e di averla bloccata. Se in quei giorni qualche politico italiano avesse avuto l’ardire di proporre l’espulsione in massa dei cittadini italiani di origine cinese sarebbe immediatamente schizzato all’insù nei sondaggi.
Ci è mancato anche un pizzico di fortuna, Se, a fine gennaio, un cinese residente in Italia si fosse presentato in un ospedale lombardo con i sintomi della broncopolmonite sarebbe scattato l’allarme rosso e sarebbero state prese immediatamente tutte le misure necessarie. Purtroppo non è avvenuto e sappiamo cosa sia successo dopo.
2) Ci siamo affidati a persone poco capaci. Per anni in Italia ci siamo gingillati con le polemiche sulla “Kasta” e, a furia di sentircelo ripetere, ci siamo convinti che competenza ed esperienza non valessero nulla. Abbiamo buttato a mare in modo indiscriminato una intera classe politica in nome del famoso “cambiamento”. Abbiamo affidato le leve del comando ad una generazione di persone inesperte e, alla prova dei fatti, molte di loro si sono rivelate incapaci di prendere decisioni. Vi ricordate lo slogan “Bisogna cambiare, tanto non potranno fare certamente peggio di quelli di prima!”. Provate a guardarli negli occhi questi nostri governanti nazionali e locali. Tanti – non tutti per fortuna – si atteggiano a novelli Churchill, ma è chiaro come il sole che sono solo dei poveri umarell che non reggono il peso delle loro responsabilità. Spesso manca loro l’umiltà di chiedere aiuto a chi è esperto e di seguirne i consigli. La risposta all’epidemia è stata molto difforme anche in realtà territoriali vicine tra loro, indipendentemente dall’appartenenza politica di questo o quel decisore politico. Il virus è un vero democratico: colpisce chiunque indipendentemente da razza, religione, stato sociale e credo politico. Per combatterlo efficacemente ci vogliono leader che sappiano mobilitare nella loro comunità il meglio delle risorse disponibili, senza preoccuparsi di guadagnare o perdere una manciata di voti. E magari che siano anche disposti a riconoscre i loro errori, facendo un po' di autocritica quando è necessario. Affidarci agli incapaci e agli arroganti è un lusso che possiamo permetterci solo in tempi normali.
3) Il nemico principale non è il virus, ma il mio avversario politico. Tanti parlano di bene comune e di unità, ma siamo il Paese di Guelfi e Ghibellini e questo irresistibile istinto a schierarci su fronti contrapposti non muore mai. Vi ricordate lo scontro tra governanti locali (di ogni colore) ed il governo centrale prima di arrivare all’adozione dei provvedimenti necessari per il contenimento dell’epidemia? E intanto il contagio procedeva più o meno indisturbato. Chi parte dal preconcetto che l’avversario politico abbia sempre torto e che le sue idee vadano combattute “a prescindere” non fa certamente un buon lavoro per il Paese.
Fin qui è storia, seppur recente. Ma c’è un altro pregiudizio che – secondo me – cova sotto la cenere e che potrebbe produrre seri danni nei prossimi mesi. Oggi sono tutti spaventatissimi ed i pregiudizi anti scientifici, così diffusi in Italia, sembrano improvvisamente scomparsi. Persino alcuni irriducibili no-vax hanno ammesso – sulla base di contorti ragionamenti – che se ci fosse un vaccino per il Coronavirus se lo farebbero fare. Non sono sicuro che questo atteggiamento si manterrà tra uno, due o più mesi, quando il peso delle restrizioni alla mobilità personale sarà diventato insopportabile e le disastrose conseguenze economiche dell’epidemia saranno evidenti a tutti. Temo che, illudendosi di essere usciti dall'emergenza, molti torneranno a coltivare i loro pregiudizi anti scientifici e riprenderanno fiato le più strampalate teorie complottiste. Qualche avvisaglia di quello che potrebbe succedere l’abbiamo già vista. Temo che nei prossimi mesi la situazione si possa deteriorare, ma spero sinceramente di sbagliarmi.
In tempi normali è così, ma questi non sono tempi normali. Le nostre vite sono state stravolte. Molti soffrono e troppe persone a noi care ci lasciano prematuramente. Perché parlare di pregiudizi oggi? Perché i pregiudizi sono comodi, ma ci inducono spesso in errore. In tempi difficili come quelli attuali, i danni prodotti dai nostri errori vengono amplificati e quindi dobbiamo cercare di farne il meno possibile.
Qui di seguito ho provato a fare un elenco – non esaustivo – di come i pregiudizi ci abbiano fin qui mal consigliato. Non è mia intenzione “piangere sul latte versato”, ma nel prossimo futuro potremo fare nuovi errori non meno importanti. È quindi essenziale cercare di capire cosa fare almeno per limitare i danni.
1) Pensavamo che il virus ce lo portassero i cinesi. Convinti, anche se restii ad ammetterlo, di una nostra supposta superiorità razziale abbiamo a lungo creduto che il Coronavirus fosse un problema circoscritto alla Cina ed, eventualmente, ai Paesi vicini. Se analizziamo lo stato di salute dei nostri concittadini di origine cinese è facile verificare come sia mediamente migliore rispetto a quello dei loro vicini italiani. Probabilmente, grazie ai loro contatti diretti con la Cina, erano meglio informati, si sono dotati di sistemi di protezione adeguati e, soprattutto, appena avuto conferma della presenza dell’epidemia in Italia, hanno chiuso le loro attività senza attendere i tardivi provvedimenti delle autorità regionali e nazionali.
I due casi positivi di turisti cinesi identificati a Roma a fine gennaio hanno confermato i nostri pregiudizi. Gli untori saranno certamente cinesi ci siamo detti, e abbiamo provveduto a cancellare i voli diretti con la Cina, convinti di aver individuato la possibile origine del contagio e di averla bloccata. Se in quei giorni qualche politico italiano avesse avuto l’ardire di proporre l’espulsione in massa dei cittadini italiani di origine cinese sarebbe immediatamente schizzato all’insù nei sondaggi.
Ci è mancato anche un pizzico di fortuna, Se, a fine gennaio, un cinese residente in Italia si fosse presentato in un ospedale lombardo con i sintomi della broncopolmonite sarebbe scattato l’allarme rosso e sarebbero state prese immediatamente tutte le misure necessarie. Purtroppo non è avvenuto e sappiamo cosa sia successo dopo.
2) Ci siamo affidati a persone poco capaci. Per anni in Italia ci siamo gingillati con le polemiche sulla “Kasta” e, a furia di sentircelo ripetere, ci siamo convinti che competenza ed esperienza non valessero nulla. Abbiamo buttato a mare in modo indiscriminato una intera classe politica in nome del famoso “cambiamento”. Abbiamo affidato le leve del comando ad una generazione di persone inesperte e, alla prova dei fatti, molte di loro si sono rivelate incapaci di prendere decisioni. Vi ricordate lo slogan “Bisogna cambiare, tanto non potranno fare certamente peggio di quelli di prima!”. Provate a guardarli negli occhi questi nostri governanti nazionali e locali. Tanti – non tutti per fortuna – si atteggiano a novelli Churchill, ma è chiaro come il sole che sono solo dei poveri umarell che non reggono il peso delle loro responsabilità. Spesso manca loro l’umiltà di chiedere aiuto a chi è esperto e di seguirne i consigli. La risposta all’epidemia è stata molto difforme anche in realtà territoriali vicine tra loro, indipendentemente dall’appartenenza politica di questo o quel decisore politico. Il virus è un vero democratico: colpisce chiunque indipendentemente da razza, religione, stato sociale e credo politico. Per combatterlo efficacemente ci vogliono leader che sappiano mobilitare nella loro comunità il meglio delle risorse disponibili, senza preoccuparsi di guadagnare o perdere una manciata di voti. E magari che siano anche disposti a riconoscre i loro errori, facendo un po' di autocritica quando è necessario. Affidarci agli incapaci e agli arroganti è un lusso che possiamo permetterci solo in tempi normali.
3) Il nemico principale non è il virus, ma il mio avversario politico. Tanti parlano di bene comune e di unità, ma siamo il Paese di Guelfi e Ghibellini e questo irresistibile istinto a schierarci su fronti contrapposti non muore mai. Vi ricordate lo scontro tra governanti locali (di ogni colore) ed il governo centrale prima di arrivare all’adozione dei provvedimenti necessari per il contenimento dell’epidemia? E intanto il contagio procedeva più o meno indisturbato. Chi parte dal preconcetto che l’avversario politico abbia sempre torto e che le sue idee vadano combattute “a prescindere” non fa certamente un buon lavoro per il Paese.
Fin qui è storia, seppur recente. Ma c’è un altro pregiudizio che – secondo me – cova sotto la cenere e che potrebbe produrre seri danni nei prossimi mesi. Oggi sono tutti spaventatissimi ed i pregiudizi anti scientifici, così diffusi in Italia, sembrano improvvisamente scomparsi. Persino alcuni irriducibili no-vax hanno ammesso – sulla base di contorti ragionamenti – che se ci fosse un vaccino per il Coronavirus se lo farebbero fare. Non sono sicuro che questo atteggiamento si manterrà tra uno, due o più mesi, quando il peso delle restrizioni alla mobilità personale sarà diventato insopportabile e le disastrose conseguenze economiche dell’epidemia saranno evidenti a tutti. Temo che, illudendosi di essere usciti dall'emergenza, molti torneranno a coltivare i loro pregiudizi anti scientifici e riprenderanno fiato le più strampalate teorie complottiste. Qualche avvisaglia di quello che potrebbe succedere l’abbiamo già vista. Temo che nei prossimi mesi la situazione si possa deteriorare, ma spero sinceramente di sbagliarmi.
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