mercoledì 18 marzo 2020

La scienza non può dare certezze “assolute”



Una piccola divagazione tanto per non fissarci sempre e solo sui numeri dell’epidemia.

Ogni sera alle ore 18 mi collego al sito della Protezione civile nazionale per seguire la conferenza stampa in cui si fornisce l’aggiornamento sulla diffusione dell’epidemia di Coronavirus nelle diverse realtà regionali. Per me è diventato un appuntamento fisso, necessario per fornire nuovi dati ai voraci modelli matematici su cui sto lavorando. Tuttavia la parte più interessante della conferenza stampa è quella delle domande che i giornalisti pongono al termine della presentazione dei dati. Negli ultimi giorni, è stata posta molta enfasi sulla possibilità che il virus possa sopravvivere a lungo su superfici solide (imballaggi del cibo, asfalto stradale ecc.) e che il contagio si possa trasferire semplicemente acquistando cibo al supermercato oppure camminando per strada. La preoccupazione è comprensibile e non è diversa dalla domanda che molti si erano già nello scorso gennaio: “Mi è arrivato un pacco dalla Cina. Sarà sicuro?”.

Tuttavia, anche se la domanda è lecita, bisogna stare attenti a porla nel modo giusto. Ad esempio, durante una delle già citate conferenze stampa la domanda posta al valoroso Commissario Angelo Borrelli suonava più o meno così: “Mai lei può escludere con assoluta certezza che il virus si possa trasmettere attraverso l’imballaggio dei cibi?”.

Immagino che di fronte alla risposta del Commissario che – con prudenza – dichiarava di non poter fornire alcuna assoluta certezza sia scattata per molti l’ansia da acquisto inconsapevole del virus. Queste persone si distinguono facilmente perché nei supermercati spostano tutti i prodotti per prendere quelli in fondo alla scaffale. Di per sé questa è una buona pratica perché sappiamo che i supermercati tendono a mettere in prima fila i prodotti con la scadenza più imminente. Ma non finisce qui, perché nel carrello della spesa di queste persone troverete in abbondanza disinfettanti e detersivi, con i quali, appena arrivati a casa, provvederanno a sanificare tutta la merce acquistata. Un modo come un altro per passare il tempo, in queste lunghe giornate di clausura.

Come in tutte le cose ci vuole un po’ di buon senso. Innanzitutto dobbiamo ricordare che gli scienziati non hanno a loro disposizione testi sacri da cui attingere verità assolute. Ahimè, gli scienziati sono esseri umani come tutti gli altri e quindi possono soltanto fornire verità altamente probabili, ma mai sicure al 100%. Attenzione a non fraintendere questa affermazione perché molti degli atteggiamenti antiscientifici che sono così diffusi nel nostro tempo partono proprio dall’esistenza di un possibile margine di errore per far passare come plausibili le ipotesi più strampalate.

Ricorro ad un paradosso per farmi capire meglio. Proviamo a porci questa domanda: “È assolutamente sicuro che se mi tuffo in una piscina piena d’acqua non succeda che l’acqua mi respinga e mi ributti sul trampolino?”. Il senso comune ci direbbe “sicuro al 100%”, ma la risposta che ci fornisce un calcolo basato sulle leggi della fisica ci dice “con elevatissima probabilità sì, ma non è sicuro in modo assoluto!”. Direte voi “Ma quando si è mai vista succedere una cosa simile?”. In realtà, facendo un po’ di calcoli, si vede che una infinitesima probabilità di essere respinti sul trampolino c’è, ma che tale probabilità è talmente bassa che se volessimo riuscire a vedere che succeda almeno una volta dovremmo continuare a tuffarci per un tempo che è enormemente più grande dell’età dell’Universo. Inoltre se per un caso fortuito a qualcuno fosse già successo, certamente non sarebbe andato a dirlo in giro perché lo avrebbero preso per matto.

Ho usato questo paradosso per capire quanto sia sbagliato chiedere la sicurezza assoluta, anche per risposte a domande ovvie. Figuriamo per quelle che riguardano l’epidemia di Coronavirus, considerato che su questo tema la comunità scientifica non ha ancora avuto il tempo materiale per convergere verso un consenso ampiamente condiviso. E comunque, quando il consenso sarà raggiunto, non aspettatevi mai di ricevere risposte assolutamente sicure.

A questo punto vi domanderete: “Allora come dobbiamo comportarci con gli imballaggi del cibo?”. Come al solito, oltre alle risposte incomplete degli scienziati dobbiamo usare un po’ di buon senso. Ci sono (pochi) studi sulla sopravvivenza del virus del Coronavirus quando viene depositato su superfici solide (plastiche o metalli). I risultati ci dicono che la sopravvivenza intesa come rilevazione di tracce infinitesimali del virus potrebbe durare alcune ore, ma oltre al fatto che il virus sopravviva, bisogna considerare quanto ne sopravvive e quale sia la sua capacità di infettare. Qui le idee sono meno chiare e serviranno altri studi. Comunque a meno che non temiate che un untore maligno sia passato poco prima di voi al supermercato ed abbia leccato le scatole del caffè, le normali precauzioni (lavarsi bene le mani quando si rientra a casa e non toccarsi il viso prima di averle lavate) sono – con elevata probabilità – sufficienti per evitare una qualsiasi forma di trasmissione del contagio. E se proprio l’idea del contagio da imballaggio vi tormenta, andate a fare la spesa solo una volta alla settimana! Il personale del supermercato ve ne sarà grato.

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