Dopo l’estensione della cosiddetta zona arancione a tutta Italia, è
partita da alcune regioni del nord la richiesta di un ulteriore
inasprimento delle misure di restringimento della mobilità
personale. In particolare si propone di adottare per due settimane il
modello Wuhan: chiudere tutte le attività che non sono strettamente
indispensabili e impedire alle persone di uscire di casa salvo che
per alcune funzioni essenziali. Al termine delle due settimane si
presume che l’epidemia sia passata e che le attività
socio-economiche possano riprendere con un ritmo pressoché normale.
Poiché in Italia il tritacarne della politica è sempre in funzione,
la proposta è subito diventata oggetto di scontro tra opposte
fazioni politiche con reciproco scambio di accuse.
Non voglio entrare nel merito della discussione politica. Qui mi limito a riportare alcune osservazioni basate su dati scientifici, lasciando volentieri ai lettori il compito di trarre le conclusioni che riterranno più opportune.
Partiamo dall’abc
dell’epidemiologia. Affinché una epidemia si propaghi è
necessario che ciascun malato contagi almeno un’altra persona. Se
il numero medio di persone sane contagiate da ciascun malato scende
sotto ad uno l’epidemia si estingue. Va bene l’epidemia si estingue, ma quanto tempo ci
vuole perché ciò avvenga? In un post precedente vi ho afflitto
con la teoria matematica elementare che descrive lo sviluppo iniziale
dell’epidemia. Vi risparmio ulteriori approfondimenti matematici e
spero che mi crediate sulla parola se vi dico che il tempo necessario
per poter parlare di estinzione dell’epidemia sarà tanto più
breve quanto più il numero medio di contagi si avvicina a zero.
Quindi per valori compresi tra 0 ed 1 avremo sempre una estinzione
dell’epidemia, ma i tempi necessari affinché ciò avvenga possono
essere molto diversi.
Comunque, anche se
riuscissimo a portare a zero il numero medio di contagi prodotto da
ciascun malato, prima di ottenere l’estinzione dell’epidemia
dovremmo attendere un paio di settimane, ovvero il tempo massimo che può passare tra il contagio e l’insorgenza
dei primi sintomi. In altre parole, anche se le restrizioni
funzionassero al meglio, durante le prime due settimane dalla
introduzione delle restrizioni ci aspettiamo che sorgano
nuovi casi dovuti a contagi precedenti
Quello che non viene
detto quando si dice che con due settimane di blocco stile Wuhan si
potrebbero risolvere tutti i problemi e che questa affermazione ha
come sottostante l’ipotesi di aver ridotto sostanzialmente a zero
il numero di nuovi contagi prodotti da ciascun malato. Per
raggiungere questo risultato le misure da adottare dovrebbero essere
molto più drastiche di quelle applicate a Wuhan: bisognerebbe
chiudere tutto, ma proprio tutto, anche gli ospedali ed i centri di produzione e
distribuzione del cibo. Significherebbe abbandonare le persone più
deboli al loro destino, provocando danni decisamente più gravi
rispetto a quelli causati dall’epidemia di Coronavirus. A
Wuhan, dove pure non ci sono andati per il sottile, si stima che il
tempo necessario per poter parlare di estinzione dell’epidemia sia
stato dell’ordine di 6 – 7 settimane. Un risultato importante di
cui dobbiamo tener conto, ma neppure il rigido regime cinese è
riuscito a circoscrivere l’epidemia in due settimane.
Se fossimo rigorosi
come i cinesi, applicando ulteriori misure di restrizione con particolare attenzione alle zone dove ci sono i
focolai più significativi, potremmo sperare di ottenere un risultato
positivo in un tempo analogo a quello registrato in Cina. Sarebbe un risultato importante per il Paese e salverebbe molte vite umane, ma sbaglia chi si illude di
poter liquidare la questione in un paio di settimane.
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