mercoledì 11 marzo 2020

Tutto fermo per due settimane: e poi?

Dopo l’estensione della cosiddetta zona arancione a tutta Italia, è partita da alcune regioni del nord la richiesta di un ulteriore inasprimento delle misure di restringimento della mobilità personale. In particolare si propone di adottare per due settimane il modello Wuhan: chiudere tutte le attività che non sono strettamente indispensabili e impedire alle persone di uscire di casa salvo che per alcune funzioni essenziali. Al termine delle due settimane si presume che l’epidemia sia passata e che le attività socio-economiche possano riprendere con un ritmo pressoché normale. Poiché in Italia il tritacarne della politica è sempre in funzione, la proposta è subito diventata oggetto di scontro tra opposte fazioni politiche con reciproco scambio di accuse.

Non voglio entrare nel merito della discussione politica. Qui mi limito a riportare alcune osservazioni basate su dati scientifici, lasciando volentieri ai lettori il compito di trarre le conclusioni che riterranno più opportune.

Partiamo dall’abc dell’epidemiologia. Affinché una epidemia si propaghi è necessario che ciascun malato contagi almeno un’altra persona. Se il numero medio di persone sane contagiate da ciascun malato scende sotto ad uno l’epidemia si estingue. Va bene l’epidemia si estingue, ma quanto tempo ci vuole perché ciò avvenga? In un post precedente vi ho afflitto con la teoria matematica elementare che descrive lo sviluppo iniziale dell’epidemia. Vi risparmio ulteriori approfondimenti matematici e spero che mi crediate sulla parola se vi dico che il tempo necessario per poter parlare di estinzione dell’epidemia sarà tanto più breve quanto più il numero medio di contagi si avvicina a zero. Quindi per valori compresi tra 0 ed 1 avremo sempre una estinzione dell’epidemia, ma i tempi necessari affinché ciò avvenga possono essere molto diversi.

Comunque, anche se riuscissimo a portare a zero il numero medio di contagi prodotto da ciascun malato, prima di ottenere l’estinzione dell’epidemia dovremmo attendere un paio di settimane, ovvero il tempo massimo che può passare tra il contagio e l’insorgenza dei primi sintomi. In altre parole, anche se le restrizioni funzionassero al meglio, durante le prime due settimane dalla introduzione delle restrizioni ci aspettiamo che sorgano nuovi casi dovuti a contagi precedenti

Quello che non viene detto quando si dice che con due settimane di blocco stile Wuhan si potrebbero risolvere tutti i problemi e che questa affermazione ha come sottostante l’ipotesi di aver ridotto sostanzialmente a zero il numero di nuovi contagi prodotti da ciascun malato. Per raggiungere questo risultato le misure da adottare dovrebbero essere molto più drastiche di quelle applicate a Wuhan: bisognerebbe chiudere tutto, ma proprio tutto, anche gli ospedali ed i centri di produzione e distribuzione del cibo. Significherebbe abbandonare le persone più deboli al loro destino, provocando danni decisamente più gravi rispetto a quelli causati dall’epidemia di Coronavirus. A Wuhan, dove pure non ci sono andati per il sottile, si stima che il tempo necessario per poter parlare di estinzione dell’epidemia sia stato dell’ordine di 6 – 7 settimane. Un risultato importante di cui dobbiamo tener conto, ma neppure il rigido regime cinese è riuscito a circoscrivere l’epidemia in due settimane.

Se fossimo rigorosi come i cinesi, applicando ulteriori misure di restrizione con particolare attenzione alle zone dove ci sono i focolai più significativi, potremmo sperare di ottenere un risultato positivo in un tempo analogo a quello registrato in Cina. Sarebbe un risultato importante per il Paese e salverebbe molte vite umane, ma sbaglia chi si illude di poter liquidare la questione in un paio di settimane.

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