giovedì 19 marzo 2020

Quanti posti servono negli ospedali?

Di fronte alle drammatiche notizie che in questi giorni arrivano da alcune zone della Lombardia tutti noi abbiamo realizzato come la sfida principale da vincere per affrontare l’epidemia di Coronavirus sia quella di poter offrire ai malati più gravi un adeguato trattamento a livello ospedaliero. Sappiamo che circa l’ottanta per cento dei contagiati avrà solo lievi sintomi o sarà addirittura asintomatico, ma per gli altri può essre necessario provvedere al ricovero ospedaliero e, per la frazione più grave, sarà necessario disporre anche di un adeguato numero di posti di rianimazione. Per una frazione dei contagiati (1% - 4% ?) il decorso sarà infausto, mentre per tutti gli altri il ricovero in ospedale potrà protrarsi anche per molte settimane.

In linea di principio è abbastanza facile fare una stima dei posti letto e dei posti di rianimazione che saranno necessari. Abbiamo modelli matematici che possono aiutarci a prevedere la progressione dell’epidemia e, tenuto conto dei tempi necessari per arrivare alla dimissione (o ahimè al decesso) dei pazienti possiamo stimare quale sarà il carico di lavoro delle strutture sanitarie.

Volutamente in questo post non esporrò alcuna cifra. I modelli matematici possono funzionare solo se sono alimentati con dati statistici affidabili. Purtroppo, specialmente in questo momento tragico, vediamo emergere una ad una le diverse criticità della sanità italiana regionalizzata. Tra queste, un aspetto rilevante per il nostro discorso, riguarda l'assenza di modelli omogenei per la raccolta e la comunicazione dei dati relativi al Coronavirus. Ogni regione va per conto suo, adottando scelte più o meno ragionevoli. Purtroppo le informazioni statistiche vengono irrimediabilmente compromesse se i dati non sono raccolti seguendo criteri omogenei. Questo fatto rende poco affidabili i risultati dei modelli matematici dando luogo ad un ampio margine di incertezza. Evitiamo quindi di fornire numeri dettagliati, concentrando la nostra attenzione sui fattori che possono influenzare questi numeri.

La prima domanda che possiamo porci è: quanti giorni passano tra il momento del contagio e quello del ricovero ospedaliero? Subito dopo il contagio c’è la cosiddetta incubazione ovvero il tempo che trascorre fino alla comparsa dei primi sintomi. Le valutazioni fatte in Cina forniscono una mediana (tempo entro cui la metà dei contagiati manifesta i sintomi) pari a circa 5 giorni. L’Istituto Superiore di Sanità ha fornito ieri una stima per il tempo che trascorre tra la comparsa dei primi sintomi ed il ricovero ospedaliero. Tale valore è pari a 4 giorni (mediana). Va detto che questo dato si riferisce esclusivamente a pazienti che abbiano avuto un esito infausto. Non è detto affatto che valga per tutti i ricoverati. Comunque, in attesa di dati più attendibili, stimiamo in almeno 9 giorni la mediana del tempo che trascorre tra il contagio e il ricovero dei pazienti. La valutazione è grossolana e potrà essere rivista quando ci saranno dati statistici più attendibili, ma ci fornisce comunque una indicazione del tempo che dobbiamo attendere per vedere un effetto sui ricoveri ospedalieri indotto dai provvedimenti che sono stati presi per ridurre la diffusione del contagio. Ad esempio, sappiamo che la sera dl 9 marzo sono stati annunciati i provvedimenti di restrizione della mobilità personale che estendeva a tutta l’Italia le restrizioni che erano state applicate ad alcune province del Nord. In quelle ore concitate è successo di tutto, inclusa la “grande fuga” da Milano. Nei giorni successivi progressivamente abbiamo preso coscienza della gravità della situazione e (quasi) tutti hanno adottato atteggiamenti più efficaci ai fine della lotta al virus. Quando vedremo gli effetti positivi? E i possibili effetti negativi al Sud? Direi che ci siamo e che tra oggi ed i primi giorni della prossima settimana dovremmo incominciare a capire cosa stia effetivamente accadendo.

Una seconda ovvia osservazione parte dal fatto che l’epidemia ha un decorso temporale diverso a seconda del territorio considerato. Partendo dai focolai iniziali ed, in particolare, da quello di Codogno l’epidemia si è diffusa progressivamente a tutto il Nord Italia e poi al resto d'Italia. Sono in corso studi dettagliati che facendo uso dei segnali di spostamento registrati dai nostri smartphone stanno cercando di valutare la correlazione esistente tra il flusso delle persone e la diffusione dell’epidemia. Si veda, ad esempio:

https://covid19mm.github.io/in-progress/2020/03/13/first-report-assessment.html

Ai fini pratici, il tempo di diffusione non è una variabile secondaria. Paradossalmente la dispersione temporale dell'epidemia può aiutarci a limitare i danni, soprattutto se il Sistema sanitario italiano saprà superare i limiti della sua struttura regionalizzata. Una analisi veloce ed approfondita dei flussi delle persone può aiutarci a prevedere in anticipo dove potrebbero nascere nuovi focolai e a programmare un miglior coordinamento tra le strutture sanitarie esistenti. Da alcuni giorni è iniziato il trasferimento di decine di malati gravi dalla Lombardia ad ospedali di altre Regioni. Quando la Lombardia uscirà dall'incubo in cui è precipitata potrà aiutare le altre regioni che ne avessero bisogno (sperando che il maggior tempo a disposizione e l'esperienza della Lombardia servano alle regioni del Centro-Sud per migliorare la loro capacità di contenimento dell'epidemia).

Il fatto che ci sia una differenziazione temporale tra territori diversi ci fa capire quanto poco senso abbia chiederci quando ci sarà, a livello nazionale, il picco dell’epidemia, ovvero quando i nuovi casi registrati giornalmente cominceranno a regredire. Avremo un picco diverso per ciascun territorio. Ad esempio, a Vò Euganeo il picco è stato superato ormai da settimane e non si segnalano nuovi contagi. In altri territori simo ancora alle primissime fasi dell’epidemia.

Superato il fatidico picco ci saranno ancora nuovi casi, ma nel frattempo aumenterà il numero dei guariti. Supponiamo che T0 sia il numero di giorni che mediamente passa tra il ricovero e le dimissioni del paziente (in un modello meno grossolamento dovremmo considerare almeno due diversi parametri, uno per i ricoverati meno gravi ed un altro per la terapia intensiva). Indichiamo con N(T) il numero di nuovi ricoveri che si registrano al giorno T (dovuto ai contagi avvenuti indicativamente 9 giorni prima). La variazione (T) del numero complessivo dei ricoverati che si registra il giorno T sarà data da:

 (T) = N(T) - N(T - T0)

La valutazione è semplificata e, tra l’altro abbiamo trascurato il numero dei decessi che sono (ahimè) un altro meccanismo per liberare posti negli ospedali. Nella figura riportata sotto mostriamo quale potrebbe essere, da un punto di vista qualitativo, la forma delle curve attese.

La linea tratteggiata rappresenta il numero complessivo dei contagi, mentre quella blu indica il numero dei contagi giornalieri. Notare che qui facciamo riferimento ai contagi effettivi, non a quelli rilevati perché sappiamo che nella pratica viene rilevata solo una frazione dei casi effettivi e comunque i test non possono fornire un risultato positivo subito dopo il contagio. Le curve rosse e gialla rappresentano, rispettivamente, il numero giornaliero di ricoveri e di dimissioni. Le due curve sono sfalsate tra di loro di un tempo che corrisponde al tempo medio di degenza. La curva verde indica il numero complessivo di ricoveri.

Nota per studenti volenterosi che volessero approfondire l'argomento. Per raffinare il modello illustrato in figura dovremmo tener conto di alcuni fattori. In particolare, l'evoluzione dell'epidemia è stata modellata facendo riferimento alla classica equazione logistica, con parametri costanti. Questo non tiene conto che durante l'evoluzione dell'epidemia sono intervenuti fattori nuovi che hanno (speriamo) rallentato la propagazione del virus. Inoltre quando passiamo dalla curva blu a quella rossa e dalla rossa alla gialla, noi ci siamo limitati ad introdurre un fattore di scala (corrispondente alla frazione di contagiati che necessita dell'ospedalizzazione) ed abbiamo inserito una rigida traslazione temporale tra i diversi eventi (contagio, ricovero, dimissioni). In realtà avremmo dovuto calcolare la convoluzione con le funzioni di trasferimento corrispondenti ai diversi processi. Consiglio agli studenti delle Scuole superiori che ne hanno voglia di tentare di scrivere un modello più accurato che potrebbe essere risolto per via numerica senza troppe difficoltà. Sarebbe un approccio multidisciplinare utile per approfondire conoscenze di Biologia, Fisica, Matematica ed Informatica.

L'informazione più importante che ricaviamo dal nostro semplice modello è che la maggiore pressione per il sistema sanitario si registrerà molti giorni dopo che il numero dei nuovi contagi giornalieri avrà raggiunto il suo picco. Finché siamo nella fase ascendente dell’epidemia i ricoveri crescono esponenzialmente perché non ci sono ancora sufficienti guarigioni. Circa 9 giorni dopo il picco della curva blu il numero dei nuovi ricoveri giornaliera (curva rossa) iniziare a scendere, ma la curva verde (ricoveri complessivi) continua a salire. Dopo che il picco della curva rossa è stato raggiunto, si innesca una sorta di circolo virtuoso perché le dimissioni giornaliere (curva gialla) continuano ad aumentare ancora per un certo tempo (essendo in ritardo di T0 giorni rispetto ai nuovi ricoveri), mentre i nuovi arrivi scendono sempre di più Il punto d'incrocio tra la curva rossa e la curva gialla, corrisponde ad avere = 0. A questo punto potremo affermare che il picco dell’emergenza sanitaria è stato superato ed il numero delle persone da curare scenderà progressivamente (purché l’epidemia non riparta di nuovo!). Come detto sopra il modello è molto grossolano, ma ci conferma che per vedere i risultati concreti delle azioni di contrasto al Coronavirus bisogna attendere un tempo piuttosto lungo.

Osserviamo infine che quando si parla di picco dell'epidemia succede, a volte, di confondere due tipi diversi di picco: il picco dei nuovi contagi giornalieri (massimo della curva blu) ed il picco delle persone ricoverate (massimo della curva verde). Come si vede in figura, c'è una bella differenza e questo porta a creare confusione quando si confrontano stime fatte da diversi scienziati che, in realtà, stanno parlando di cose diverse.

Morale della favola? I fortunati che sono in buona salute e non sono impegnati nelle attività essenziali, non si lamentino e stiano a casa e attendano con fiducia.

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