Le notizie che arrivano dagli Stati Uniti ci informano di uno scontro piuttosto acceso tra il Presidente Trump e numerosi Atenei americani che hanno programmato di svolgere le lezioni del prossimo semestre (agosto-dicembre) solo online. L'ICE (United States Immigration and Customs Enforcement) ha imposto agli studenti stranieri che frequentano questi Atenei di rientrare nei loro Paesi di origine. Il problema ha molti risvolti che vanno dalla generalizzata tendenza ad imporre restrizioni nella concessione dei visti d’entrata in USA, all’impatto significativo che – nel breve periodo - l’assenza degli studenti stranieri potrebbe avere sulle finanze di molti Atenei americani. Sappiamo che gli USA sono una meta molto ambita per gli studenti universitari di tutto il mondo, anche se studiare negli Stati Uniti è generalmente molto costoso. Solo i rampolli delle famiglie più benestanti possono permetterselo.
Aldilà delle strumentalizzazioni politiche che in un anno di elezioni presidenziali non mancano mai, la questione dei corsi universitari online potrebbe avere un impatto di lungo termine che andrebbe molto aldilà della contingenza Covid-19. In particolare, molti Atenei americani potrebbero essere indotti a cambiare il loro modello di business, potenziando la formazione degli studenti internazionali tramite strumenti di insegnamento a distanza.
Va detto che i più prestigiosi Atenei americani sono attivi già da molti anni nel settore della didattica a distanza, molto prima che si ponesse il problema di salvaguardare dalla Covid-19 professori di età media crescente, terrorizzati dall’idea di condividere spazi comuni con classi di studenti giovani e incuranti del contagio. Fino ad oggi questa tipologia di didattica era stata considerata come una integrazione della didattica tradizionale e molto materiale didattico era stato messo a disposizione gratuitamente via web anche per fare una efficace campagna promozionale ed attrarre dall’estero sempre più studenti capaci e motivati (e paganti!).
L’effetto Covid-19 potrebbe spingere molti Atenei americani a riconsiderare il loro approccio al problema e a utilizzare metodi basati sul web per formare a distanza un numero molto più grande di studenti stranieri. Magari proponendo di integrare la formazione a distanza con un periodo limitato (e quindi economicamente più abbordabile) di presenza fisica negli Stati Uniti. Potrebbe essere, ad esempio, un semestre dedicato allo svolgimento di particolari attività o al completamento di tesi, mentre tutto il resto della formazione potrebbe essere svolta a distanza. Le moderne metodologie consentono anche di pensare allo svolgimento di esercitazioni pratiche accedendo a laboratori virtuali, senza muoversi da casa. Ciascuno studente potrebbe avere a disposizione un tutor che lo segue. Pazienza se, invece di un umano, il tutor fosse un robot didattico. Uno studente italiano potrebbe laurearsi in una prestigiosa università americana potendo accedere ai migliori strumenti formativi a distanza con costi non proibitivi.
In Italia siamo abituati a pensare alle Università a distanza come realtà di livello medio-basso a cui sono costretti ad accedere coloro che non hanno tempo sufficiente per frequentare un corso tradizionale. Ma se i più prestigiosi Atenei americani decidessero di spingere l’acceleratore della formazione a distanza, diventerebbero un concorrente formidabile per moltissimi Atenei, non solo italiani. La Covid-19 potrebbe essere l’occasione per innescare un profondo cambiamento dei sistemi formativi universitari in tutto il Mondo e l’Italia – tanto per cambiare – rischierebbe di uscirne con le ossa rotte.
Aldilà delle strumentalizzazioni politiche che in un anno di elezioni presidenziali non mancano mai, la questione dei corsi universitari online potrebbe avere un impatto di lungo termine che andrebbe molto aldilà della contingenza Covid-19. In particolare, molti Atenei americani potrebbero essere indotti a cambiare il loro modello di business, potenziando la formazione degli studenti internazionali tramite strumenti di insegnamento a distanza.
Va detto che i più prestigiosi Atenei americani sono attivi già da molti anni nel settore della didattica a distanza, molto prima che si ponesse il problema di salvaguardare dalla Covid-19 professori di età media crescente, terrorizzati dall’idea di condividere spazi comuni con classi di studenti giovani e incuranti del contagio. Fino ad oggi questa tipologia di didattica era stata considerata come una integrazione della didattica tradizionale e molto materiale didattico era stato messo a disposizione gratuitamente via web anche per fare una efficace campagna promozionale ed attrarre dall’estero sempre più studenti capaci e motivati (e paganti!).
L’effetto Covid-19 potrebbe spingere molti Atenei americani a riconsiderare il loro approccio al problema e a utilizzare metodi basati sul web per formare a distanza un numero molto più grande di studenti stranieri. Magari proponendo di integrare la formazione a distanza con un periodo limitato (e quindi economicamente più abbordabile) di presenza fisica negli Stati Uniti. Potrebbe essere, ad esempio, un semestre dedicato allo svolgimento di particolari attività o al completamento di tesi, mentre tutto il resto della formazione potrebbe essere svolta a distanza. Le moderne metodologie consentono anche di pensare allo svolgimento di esercitazioni pratiche accedendo a laboratori virtuali, senza muoversi da casa. Ciascuno studente potrebbe avere a disposizione un tutor che lo segue. Pazienza se, invece di un umano, il tutor fosse un robot didattico. Uno studente italiano potrebbe laurearsi in una prestigiosa università americana potendo accedere ai migliori strumenti formativi a distanza con costi non proibitivi.
In Italia siamo abituati a pensare alle Università a distanza come realtà di livello medio-basso a cui sono costretti ad accedere coloro che non hanno tempo sufficiente per frequentare un corso tradizionale. Ma se i più prestigiosi Atenei americani decidessero di spingere l’acceleratore della formazione a distanza, diventerebbero un concorrente formidabile per moltissimi Atenei, non solo italiani. La Covid-19 potrebbe essere l’occasione per innescare un profondo cambiamento dei sistemi formativi universitari in tutto il Mondo e l’Italia – tanto per cambiare – rischierebbe di uscirne con le ossa rotte.
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