venerdì 31 luglio 2020

Leggere e interpretare i dati attuali della Covid-19

In numerosi post precedenti abbiamo discusso della recente evoluzione della pandemia di Covid-19 che mostra, anche a livello europeo, segni di ripresa della circolazione del virus legati principalmente alla presenza di focolai più o meno circoscritti. Di fronte ai dati oggettivi legati all’incidenza dei nuovi casi di contagio, troviamo una vasta gamma di interpretazioni. Si passa da chi ha dichiarato che siamo di fronte a nuovi contagi che tuttavia non sarebbero nuovi malati, fino ai più allarmisti che si spingono a ipotizzare nuove forme di lockdown. Di fronte a questi atteggiamenti divergenti, i cittadini sono spesso disorientati. A queste oggettive difficoltà si sommano le strumentalizzazioni della politica che talvolta aggiungono confusione a confusione.

Sovente sentiamo confrontare i numeri attuali con quelli registrati nei mesi scorsi. Non sempre è possibile fare confronti pienamene significativi. Da febbraio ad oggi sono cambiate tante cose e, prima di confrontare dati corrispondenti a periodi diversi occorre cercare di capire meglio cosa sia effetivamente accaduto. Le considerazioni riportate qui sotto sono state in parte anticipate in post precedenti. Qui ho cercato di riprenderle in modo un po’ più completo.

In particolare potrà essere utile ricordare che:
  1. Rispetto all’inizio dell’epidemia è significativamente migliorata (certamente in Italia, ma anche in moltissimi altri Paesi) la capacità di fare tamponi e di fornire i risultati in tempi relativamente brevi. La situazione non è omogenea. Ad esempio, proprio in queste ore negli USA è scoppiata una polemica relativa ai ritardi nella distribuzione dei risultati dei tamponi, parametro essenziale soprattutto quando si devono individuare ed isolare specifici focolai. Comunque il fatto di fare molti più tamponi ha portato ad un cambiamento sostanziale dello scenario rispetto all’inizio dell’epidemia quando i tamponi si facevano solo a coloro che manifestavano sintomi gravi. I numeri assoluti degli attuali contagi non possono essere confrontati con i dati di 4-5 mesi fa che di fatto escludevano non solo gli asintomatici, ma anche l’ampio spettro di malati che manifestavano sintomi non particolarmente gravi.
  2. Spesso si sente ripetere che oggi si è sensibilmente abbassata l’età media dei contagiati e che i nuovi contagi riguarderebbero principalmente persone giovani ed in buone condizioni generali di salute. I dati ufficiali dei nuovi contagi confermano questa affermazione. Parte di questo effetto potrebbe essere stato indotto dall’aumento dei tamponi che hanno permesso di individuare, come scritto sopra, asintomatici e pauci-sintomatici che mesi fa sfuggivano quasi completamente alle rilevazioni. C’è però anche un’altra spiegazione possibile: finite le rigide condizioni di lockdown la parte più giovane della popolazione ha ripreso stili di vita pre-Covid tralasciando qualsiasi misura di prevenzione. Le persone più anziane e fragili probabilmente hanno mantenuto atteggiamenti più prudenti e cercano di ridurre i rischi di esposizione al contagio. Probabilmente ambedue le spiegazioni hanno una qualche base di verità, anche se è oggettivamente difficile capire quale dei due effetti sia preponderante.
  3. I dati attuali relativi a ricoveri e decessi devono essere interpretati considerando non solo la diversa composizione per classi d'età dei contagiati, ma anche i miglioramenti che in questi mesi sono stati registrati dal punto di vista del trattamento medico dei malati di Covid-19. Non c'è ancora una cura od un vaccino che possano essere ritenuti risolutivi, ma nel corso di questi mesi è cresciuta enormemente la conoscenza della malattia e delle sue più pericolose complicanze. Ci aspettiamo che, a parità di contagio e di stato generale del paziente, questi miglioramenti abbiano portato ad una riduzione dei tempi medi di ricovero e della letalità.
  4. Per quanto riguarda i ricoveri, specialmente nei Paesi come l'Italia dove l'emergenza sanitaria Covid-19 è ormai solo un brutto ricordo, potrebbero essere cambiati i criteri di ricovero dei pazienti. In altre parole, potrebbero essere ricoverati in ospedale anche pazienti non particolarmente gravi che a febbraio-aprile non sarebbero stati certamente ricoverati. Questa considerazione non vale ovviamente per i Paesi dove la pandemia si trova attualmente in fase acuta.
  5. Un altro effetto certamente rilevante soprattutto per le zone che sono state più colpite dalla fase iniziale dell'epidemia (ad esempio, il Nord Italia) è legato al cosiddetto effetto harvesting (raccolto). Il termine viene utilizzato per spiegare l’andamento ad ondate delle epidemie, soprattutto per quanto riguarda i casi più gravi. Nel periodo febbraio-aprile il Nord-Italia ha registrato un evidente eccesso di mortalità dovuto all’epidemia di Covid-19. Molte (ma non tutte) delle persone che hanno perso la vita erano anziani in condizioni generali di salute già abbastanza compromesse. Dove la circolazione del virus è stata più elevata c’è stato un tragico “raccolto” di vite umane e quello che è successo in numerose RSA del Trentino è un tipico esempio di questo effetto. Con la scomparsa delle persone più fragili il “raccolto” dell’epidemia si è sostanzialmente esaurito, ma potrebbe riprendere tra qualche mese perché nel frattempo le persone continueranno ad invecchiare e ad ammalarsi di altre patologie che le renderanno più esposte ai futuri danni della Covid-19. Il fatto che adesso i decessi da Covid-19 si siano drasticamente ridotti è un dato oggettivo e positivo. Tuttavia non è detto che sia un dato destinato a durare nel tempo.

In conclusione, almeno in Italia, abbiamo registrato fino ad oggi una moderata risalita della circolazione del virus, in parte legata ai numerosi focolai importati dall’estero ed in parte legata ad attività di screening che in passato non si facevano (ad esempio, quelle su particolari settori dell'industria e dei servizi come la logistica o sulle comunità di migranti che vivono da anni in Italia, spesso in condizioni abitative molto congestionate). L’età media dei nuovi contagiati è sensibilmente ridotta rispetto a 3-5 mesi fa, mentre i dati dei ricoveri ospedalieri non mostrano, almeno fino ad oggi, indicazioni di una crescita. Nel corso delle ultime due settimane i ricoveri sembrano essere più o meno stabili, mentre il dato dei decessi è ancora leggermente in calo. Se osserviamo altre realtà vicine a noi, la situazione italiana è senz’altro tra le migliori a livello europeo. Tuttavia proprio tenendo conto dell’andamento generale della pandemia, è opportuno non abbassare la guardia e monitorare l’andamento dell’epidemia italiana con grande attenzione. Senza isterie e senza inutili allarmismi, ma anche con la necessaria prudenza. Come ci ha autorevolmente ricordato oggi il Presidente Mattarella “Libertà non è far ammalare gli altri!

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