lunedì 13 luglio 2020

La bomba demografica e l’Italia post-Covid

Mentre tutti ci stiamo preoccupando di cosa succederà nel prossimo autunno tra crisi economica (certa) e possibile ritorno (speriamo di no) dell’epidemia, prosegue inarrestabile il declino demografico del nostro Paese. Oggi l’ISTAT ha rilasciato – con un certo ritardo causa lockdown – il rapporto annuale sul Bilancio demografico nazionale. I dati sulle nascite registrate durante il 2019 sono sconfortanti: -4,5% rispetto all’anno precedente, il minimo assoluto registrato a partire dal 1861. Contemporaneamente è aumentato del 16,1% il numero di cittadini che si sono cancellati dalle anagrafi nazionali per trasferirsi all’estero. Va detto che una frazione significativa di tali trasferimenti è costituita da cittadini nati all’estero che dopo anni di permanenza in Italia nel 2019 si sono trasferiti in un altro Stato. Comunque ci sono stati meno nati e più trasferiti. Neppure l’arrivo di immigrati riesce a frenare il calo della popolazione residente in Italia che complessivamente nel 2019 è scesa dello 0.3%.

La figura tratta dal rapporto ISTAT in cui si mostra la divergenza in atto in Italia ormai da un decennio tra nascite e decessi

I numeri del rapporto ISTAT si riferiscono al 2019 e quindi non c’è ancora alcun effetto dovuto alla pandemia. Secondo alcuni studi fatti dall'ISTAT l’effetto del lockdown e della crisi economica indotta dalla Covid-19 potrebbero portare ad un ulteriore calo delle nascite: "le simulazioni realizzate consegnano scenari che, pur senza sottoporci trasformazioni radicali, sottolineano l’accelerazione di quel processo che i media da tempo descrivono con l’immagine di un Paese “dalle culle sempre più vuote”. I 435 mila nati in Italia nel 2019 e i 428 mila che si erano ipotizzati per il 2020 alle condizioni pre-Covid-19, dovrebbero scendere a circa 426 mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi però ridursi a 396 mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021".

Difficile dire oggi se queste proiezioni abbiano senso. Lo vedremo comunque tra pochi mesi e, anche se non ci fosse la paventata accelerazione del calo delle nascite, la situazione resterebbe comunque molto critica. In questo scenario demografico non ha molto senso chiedersi di quanto potrebbe crescere in futuro il Prodotto interno lordo italiano.

Classificazione del prodotto interno lordo a livello internazionale, basata sulle previsioni demografiche dal 2017 al 2100. Si noti il declino dell'Italia legato al processo di progressivo spopolamento. Tratto da: doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30677-2

Un Paese che invecchia sempre di più (e pieno di debito pubblico) è senz’altro destinato al declino. Qui non si tratta solo di domandarsi chi produrrà la ricchezza necessaria per pagare le pensioni e l’assistenza sanitaria delle generazioni più anziane. Un Paese senza giovani è un Paese senza prospettive. Nel breve termine non saranno nemmeno gli immigrati a risolvere questa situazione. Appena riescono a integrarsi, smettono di fare figli e si allineano agli standard nazionali.

Il problema demografico era già particolarmente grave in Italia prima dell’arrivo della Covid-19 e tale rimarrà anche dopo che l’epidemia sarà diventata soltanto un brutto ricordo. L’argomento è complesso e la classe politica italiana preferisce non parlarne, anche perché non sembra saper bene cosa fare per affrontare la questione. Le proposte più o meno estemporanee per dare maggiore sostegno alle giovani coppie spesso sono inefficaci e non essendo inserite nel contesto di un quadro organico non producono risultati tangibili. In attesa che si realizzino gli scenari da incubo di taluni romanzi di fantascienza con i nuovi nati prodotti per clonazione da uteri artificiali, il vecchio metodo tradizionale di riproduzione della specie umana, almeno in Italia, sembra essersi inceppato. Come osserva acutamente Massimo Gramellini sul Corriere della Sera: "L'Italia si sta estinguendo nel cordiale disinteresse degli italiani, specie di quelli adulti, preoccupati più della loro sopravvivenza che della loro discendenza"

Partita persa quindi? Dobbiamo solo discutere su quando la de-popolazione del Bel Paese produrrà un vuoto che sarà fatalmente riempito da popolazioni provenienti da altre parti del Mondo? Non sono un esperto di demografia e non ho idee precise in proposito. Credo tuttavia che almeno un tentativo di reazione ci dovrebbe essere. Ma questo richiederebbe una inversione completa a livello di prospettive politiche, anche se notoriamente i bambini, a differenza dei pensionati, non votano.

L’atteggiamento nei confronti della Scuola durante la crisi generata dalla Covid-19 è emblematico di come sia sbagliato il nostro modo di affrontare il problema. Sovente abbiamo affidato la responsabilità politica della gestione della Scuola a personaggi di scarso spessore ed i bilanci dei sistemi formativi sono stati sistematicamente saccheggiati, magari per trovare le risorse per far andar in pensione con qualche anno di anticipo generazioni che avrebbero potuto lavorare ancora per qualche anno senza particolari problemi. Non parliamo poi di asili-nido, delle Scuole dell’Infanzia e di tutte le altre strutture che sono essenziali non solo per sostenere la crescita dei più piccoli, ma anche per aiutare le giovani coppie a rendere compatibile la crescita dei figli con le attività professionali. Durante il lockdown chi non aveva la fortuna di avere a disposizione nonni volenterosi e non timorosi del contagio, ha dovuto fare i salti mortali, tra improvvisato smart-working e didattica on-line. Chi era impegnato nelle attività lavorative essenziali, ha dovuto  in qualche modo trovare qualcuno a cui affidare i figli. In estrema sintesi, la parola d’ordine è stata quasi sempre “arrangiatevi!”.

Tra gli obiettivi dell’Italia post-Covid bisognerebbe mettere in alta priorità il potenziamento delle strutture per l’accoglienza dei bambini più piccoli e le Scuole di ogni ordine e grado. Sono problemi diversi, ma non meno rilevanti rispetto, ad esempio, al problema dell’assistenza dei grandi anziani all’interno delle RSA. Qui non si tratta di mettere in contrapposizione le esigenze dei nuovi nati con quelle delle generazioni più anziane. Bisogna però che le esigenze dei figli, soprattutto quelli più piccoli, siano messe al centro del dibattito politico e sociale e non dobbiamo dimenticarle come è stato fatto in occasione dell’epidemia di Covid-19.

Approfondimento: per chi fosse interessato/a ad approfondire il tema delle previsioni demografiche a livello mondiale consiglio questa recente pubblicazione:

S.E. Vollset et al. "Fertility, mortality, migration, and population scenarios for 195 countries and territories from 2017 to 2100: a forecasting analysis for the Global Burden of Disease Study", The Lancet, July 14, 2020; doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30677-2

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