domenica 5 luglio 2020

Si muore ancora di Covid-19?

La domanda è volutamente provocatoria considerato che molti - clinici e non - sostengono che ormai ad essere "clinicamente morto" sia proprio il virus SARS-CoV-2. Per cercare di capire cosa stia effettivamente accadendo, può essere utile vedere quali siano stati e quali siano attualmente, a livello mondiale, i numeri dei decessi associati alla pandemia di Covid-19.

Una premessa doverosa riguarda la consistenza dei numeri. Poiché la Covid-19 produce complicanze particolarmente gravi nelle persone molto anziane e con patologie pregresse, c'è un certo grado di arbitrarietà nei criteri utilizzati per il calcolo dei decessi associati alla pandemia. Ad esempio, le grandissime differenze che sono state evidenziate in Europa in termini di letalità (rapporto tra deceduti e contagiati) possono essere, almeno in parte, spiegate ricordando i diversi criteri utilizzati nell'attribuzione della causa di morte e nella somministrazione dei tamponi. Senza contare che in molti Paesi governati da regimi autoritari, i dati dei decessi sono stati spesso sottoposti a censura mentre si tende a sovrastimare il numero dei tamponi ed è difficile capire quanto i dati resi pubblici siano veramente rappresentativi della realtà.

Tutto ciò premesso, vediamo prima di tutto il dato complessivo dei decessi fin qui registrati a livello mondiale. Usiamo una scala semi-logaritmica che ci aiuterà a cogliere meglio l'andamento iniziale dell'epidemia. Il grafico è preso dal sito www.worldometers.info
Andamento dei decessi da Covid-19 a livello mondiale

Nel grafico si nota un primo gradino legato sostanzialmente ai decessi avvenuti in Cina prima che l'epidemia si diffondesse a livello mondiale. A partire da inizio marzo si osserva una nuova forte crescita dei decessi legata all'arrivo del SARS-CoV-2 in Europa ed alla successiva espansione della pandemia a livello mondiale. Il numero di decessi attualmente è ancora in crescita, anche se la scala verticale logaritmica non consente di cogliere l'andamento con evidenza. Per capire meglio quale sia l'andamento attuale conviene guardare al grafico dei decessi giornalieri. Sempre nel sito www.worldometers.info troviamo il seguente grafico (questa volta la scala verticale è lineare):
Decessi giornalieri attribuiti alla Covid-19 registrati a livello mondiale. La linea arancione è una media mobile a 7 giorni
Notiamo che su questa scala i decessi avvenuti in Cina a inizio anno sono poco visibili. Si osserva un andamento oscillante dei dati, quello che taluni definiscono "effetto week-end". Nei fine settimana c'è un sistematico calo dei decessi e dei contagi (vedi sotto) dovuto probabilmente a ritardi nella comunicazione dei dati. La linea arancione che è stata tracciata sopra ai dati giornalieri è una media mobile a sette giorni che sfuma l'effetto week-end.

Il picco mondiale dei decessi è stato raggiunto intorno a metà aprile. Subito dopo c'è stato un moderato calo e da fine maggio in poi il livello dei decessi si è sostanzialmente stabilizzato, oscillando tra circa 4200 e 4800 decessi quotidiani. Ovviamente i singoli scenari nazionali hanno avuto andamenti molto diversi, ma a livello mondiale la situazione si è purtroppo stabilizzata e non c'è alcun accenno ad una sostanziale riduzione dei nuovi decessi.

Ancora nel sito www.worldometers.info troviamo l'andamento mondiale dei nuovi contagi:
Andamento giornaliero dei nuovi contagi a livello mondiale. La linea blu è una media mobile a sette giorni.
 
Anche in questo grafico, i casi cinesi di inizio anno si vedono a malapena. Notiamo una prima forte crescita che termina all'inizio di aprile, associata sostanzialmente alla diffusione della pandemia in Europa. Il salto di marzo-aprile è seguito - da maggio in poi - da una nuova consistente crescita ancora in corso. Attualmente il numero di nuovi contagi giornalieri è circa doppio rispetto al livello che si misurava a inizio aprile. Almeno in parte, tale incremento potrebbe essere associato ad un miglioramento della capacità di somministrare i tamponi. Nello scorso marzo in molti Paesi - Italia per prima - i tamponi si facevano solo ai casi più gravi perché i sistemi sanitari non erano attrezzati per eseguire un numero adeguato di analisi. Il tutto complicato dall'atteggiamento ondivago dell'OMS che, all'inizio, sconsigliava di fare tamponi su vasta scala, salvo poi aver cambiato repentinamente idea. Parlando di dati mondiali dobbiamo tener conto che quella che vediamo è la combinazione di tante realtà nazionali spesso molto disomogenee tra loro. Possiamo comunque osservare che, sei mesi dopo l'inizio della pandemia, numerosi Paesi hanno notevolmente migliorato la loro capacità di somministrare tamponi e quindi l'aumento reale dei contagi potrebbe essere meno significativo di quello rappresentato dai dati ufficiali.

Andando oltre la questione dei tamponi, il fatto che l'aumento recente dei contagi non abbia causato un aumento proporzionale dei decessi porterebbe ad una stima progressivamente decrescente della letalità del SARS-CoV-2. Taluni sostengono che ciò sia dovuto ad una mutazione del virus che lo avrebbe reso meno pericoloso. Una simile evoluzione del virus è attesa - nel lungo periodo - sulla base di ragionamenti puramente evoluzionistici (si riproduce meglio il virus che non produce grossi danni al contagiato). Ricordiamo tuttavia che, al momento, non c'è alcuna evidenza sperimentale di mutazioni del virus che supportino tale ipotesi
 
Altre ipotesi concorrenti tengono conto dell'impatto di vari fattori tra cui l'applicazione dei metodi di contenimento della diffusione del virus (mascherine, lavaggio frequente delle mani, distanziamento, ecc.) che, anche in caso di contagio, riducono comunque la quantità di virus trasmessa, la maggiore attenzione posta nel proteggere le persone più fragili ed anche i miglioramenti - non definitivi, ma comunque significativi - che sono intervenuti nei metodi di cura. 
 
Senza contare che i dati sulla letalità del SARS-CoV-2 dipendono sensibilmente dalla composizione demografica delle popolazioni colpite. Tanto per fare un esempio, ricordiamo che tra Italia e Stati Uniti c'è una differenza di circa 10 anni per l'età media delle due popolazioni. Ci aspettiamo quindi che un Paese più vecchio come l'Italia sia più sensibile ai danni prodotti dalla pandemia. Il fatto che attualmente il grosso dei nuovi contagi avvenga nelle Americhe e in India dove vivono popolazioni mediamente più giovani rispetto all'Europa potrebbe influire sui valori di letalità media (non differenziata in base all'età dei pazienti) rilevata nel corso delle ultime settimane.

Qualunque sia la corrente di pensiero a cui preferite dare affidamento, è comunque evidente che - a livello mondiale - i decessi da Covid-19 sono ancora moltissimi e il loro numero assoluto non accenna a calare. Questo ci fa capire quanto sia alto il rischio a cui sono esposti tutti i Paesi, anche quelli, come l'Italia, che sono riusciti a contenere drasticamente l'impatto della pandemia. C'è una elevata possibilità che si inneschi una sorta di tragico ping-pong in cui il virus rimbalza da un continente all'altro e nessun Paese potrà effettivamente dichiararsi Covid-free fino a che la pandemia non sarà risolta a livello mondiale.

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