giovedì 20 gennaio 2022

A cosa serve il green-pass?

In Inghilterra, il premier Boris Johnson ha deciso di allentare tutte le restrizioni introdotte in occasione dell'arrivo dell'ondata legata alla variante Omicron, partendo dall'eliminazione del passaporto vaccinale (quello che noi chiamiamo green-pass). La misura non era mai stata molto gradita dalla gran parte dei cittadini inglesi. La cosa non è sorprendente, considerato che in Inghilterra non esiste neppure la carta d'identità e che, se proprio devono essere riconosciuti, gli inglesi mostrano semplicemente la patente di guida.

I dati inglesi indicano chiaramente che il picco pandemico è passato e che anche la pressione sui reparti Covid degli ospedali ha iniziato a calare. L'unico indicatore che non mostra ancora alcun segno di discesa è quello relativo ai decessi Covid, stabilmente attestati su livelli simili a quelli italiani (circa 2 mila decessi alla settimana, sia pure con forti oscillazioni giornaliere dovute a ritardi nella comunicazione dei dati, specialmente durante il week-end).

La scelta di BoJo è stata ritenuta da molti osservatori strumentale, finalizzata principalmente a stabilizzare la sua traballante poltrona e molti scienziati inglesi l'hanno criticata, ritenendola troppo prematura. Vedremo come andranno le cose nel corso delle prossime settimane, ma intanto anche negli altri Paesi ci sono segnali di un rallentamento dell'ondata Omicron e si incomincia a discutere sui possibili allentamenti delle restrizioni attualmente in vigore.

Le richieste di ridurre o abolire del tutto l'utilizzo del green-pass incominciano a venire fuori anche in Italia e credo che - appena sarà passata l'attenzione dedicata all'elezione del Capo dello Stato - l'argomento prenderà rapidamente posto nell'agenda politica. Purtroppo il dibattito italiano su questo tema rischia di rimanere invischiato in pregiudizi di natura politica e non sarà facile venirne fuori seguendo un minimo di razionalità. 

Qui di seguito, proverò ad elencare quelle che sono - a mio avviso - le principali caratteristiche del green-pass, lasciando ai lettori il compito di trarre le conclusioni che riterranno più opportune.

  1. L'idea del green-pass nasce per rispondere a due diversi tipi di esigenze: a) ridurre la probabilità che una persona potenzialmente contagiosa abbia accesso a spazi chiusi dove può più facilmente contagiare altre persone e b) esercitare una forte pressione sulle persone non vaccinate per convincerle a farsi vaccinare (soprattutto per evitare che in caso di malattia vadano ad intasare gli ospedali, mettendo a repentaglio anche la salute degli altri). Ambedue questi obiettivi rispondono all'esigenza di salvaguardare la salute pubblica, in accordo con i principi stabiliti dalla nostra Carta Costituzionale. 
  2. Talvolta si è fatta confusione tra i due obiettivi del green-pass oppure si è "venduto" il green-pass come la soluzione miracolosa in grado di risolvere completamente i problemi legati alla pandemia. Purtroppo le soluzioni miracolose non esistono. Ciò non toglie che il green-pass sia uno strumento prezioso per la gestione della sanità pubblica, soprattutto quando si vogliono evitare dolorose chiusure di carattere generalizzato.
  3. Quando il green-pass è stato introdotto, una vaccinazione "valida" garantiva una buona protezione rispetto a qualsiasi forma di contagio sintomatico. La variante virale allora dominante era Delta: a parità di esposizione al virus, la probabilità di contrarre un contagio per chi non era vaccinato era circa 6 volte superiore rispetto a chi aveva un vaccino "valido" (con la variante Alpha il rapporto arrivava fino a 10).
  4. Il concetto di vaccinazione "valida" si è andato chiarendo con il passare del tempo. La durata iniziale del green-pass, pari ad 1 anno dal momento della somministrazione dell'ultima dose vaccinale, si è dimostrata troppo ottimista. Attualmente si parla più correttamente di un periodo massimo di 6 mesi, tempo dopo il quale risulta necessario praticare una "terza dose". 
  5. Al momento nessuno è in grado di dire se nel prossimo futuro ci vorrà anche una quarta dose per tutti. La sperimentazione attualmente in corso in Israele non ha fornito - almeno fino ad oggi - risultati convincenti. Va detto comunque che - per quanto riguarda l'Italia - il grosso delle terze dosi è stato somministrato durante gli ultimi 2/3 mesi e quindi - almeno per il momento - il problema della eventuale somministrazione di una ulteriore dose ancora non si pone.
  6. Facciamo un semplice calcolo per ricordare l'idea che sta alla base del concetto di green-pass come strumento per ridurre la probabilità di trasmissione del contagio. Supponiamo che la circolazione virale sia tale da avere una media dello 0,2% della popolazione totale virologicamente positiva (oggi è molto più alta, ma fino allo scorso autunno eravamo su questi livelli). Supponiamo che l'80% dell'intera popolazione sia vaccinato ed il restante 20% no. Supponiamo anche che la probabilità di essere positivo per i non vaccinati sia 6 volte quella dei vaccinati. Si calcola facilmente che, fermo restando lo 0,2% come media dei positivi calcolata su tutta la popolazione, in realtà ci sarà lo 0,1% di positivi tra i vaccinati e lo 0,6% tra i non vaccinati. Mettendo 10 persone a stretto contatto all'interno di un luogo chiuso, se tutti sono vaccinati la probabilità di trovare almeno una persona positiva è pari all'1%, un valore non nullo, ma tutto sommato contenuto. Se invece scegliamo 10 persone non vaccinate, la probabilità che almeno una di loro sia positiva sale al 6%. Quindi, l'idea del green-pass è proprio quella di minimizzare la probabilità di far entrare persone positive, anche se non garantisce in assoluto che anche una persona virologicamente positiva possa entrare.
  7. Con l'arrivo della contagiosissima variante Omicron, anche per i soggetti con vaccino "valido" si osserva un forte calo della protezione rispetto ai contagi. Non è vero che - a parità di esposizione al virus - vaccinati e non vaccinati abbiano la stessa probabilità di contagio, ma il vantaggio offerto dal vaccino si è sensibilmente ridotto (parliamo di una probabilità di contagio per i non vaccinati che - a seconda delle stime - va da 2 a 4 volte quella dei vaccinati).
  8. Gli oppositori del green-pass sostengono che un tampone recente darebbe migliori garanzie di non contagiosità rispetto ad un vaccino "valido", ma dimenticano di specificare cosa vuol dire "recente". Se parlassimo di un tampone molecolare e di un intervallo di tempo massimo di 24 ore dopo il prelievo, potrei essere d'accordo. Purtroppo 24 ore sono il tempo tipico necessario per conoscere il risultato dell’esame di un tampone molecolare. In pratica, chi riceve una risposta negativa potrebbe diventare tranquillamente contagioso più o meno al momento del ricevimento del responso. Stendiamo un velo pietoso sul green-pass ottenuto tramite i tamponi rapidi antigenici: una vera e propria "ruota della fortuna" con un risultato spesso inaffidabile, specialmente quando è negativo.
  9. Anche il green-pass rilasciato ai cosiddetti "guariti" non è privo di limiti. Gli anticorpi rilasciati a seguito di contagi precedenti tendono a calare nel tempo esattamente come succede per gli anticorpi generati dai vaccini. Inoltre, chi si è contagiato recentemente con Delta potrebbe facilmente contagiarsi nuovamente con Omicron perché il nuovo ceppo virale riesce a sfuggire, grazie alle numerose varianti, alla maggior parte degli anticorpi neutralizzanti generati dal contagio con Delta.
  10. Guardando le cose con razionalità, nessuno dei criteri adottati per il rilascio del green-pass è sufficientemente "robusto" per poter affermare con certezza che chi possiede il documento non sia potenzialmente contagioso. Il cosiddetto super green-pass (che esclude l'utilizzo del tampone) è un po' più affidabile rispetto al green-pass base, ma - come abbiamo visto prima - c'è comunque una probabilità non nulla che anche il possessore del super green-pass possa essere contagioso. Ciò non toglie che, se abolissimo il green-pass, crescerebbe la probabilità di lasciare circolare liberamente persone contagiose.  
  11. Quindi - anche se largamente imperfetto - l'uso del green-pass riduce comunque la probabilità di avere contatti stretti con una persona contagiosa (ammesso e non concesso che venga effettivamente controllato, soprattutto nei luoghi come bar e ristoranti dove si toglie la mascherina).
  12. Il green-pass, anche se è "super" non può comunque fare miracoli. Quando - come in questo momento - la circolazione virale arriva a livelli elevatissimi (parliamo di un possibile 10% dell'intera popolazione italiana positivo) diventa praticamente impossibile evitare che qualche positivo superi i filtri in entrata. Molto brutalmente, se mettiamo 10 persone intorno ad un tavolo la probabilità che almeno una di loro sia positiva è molto vicina al 100%, anche se tutte sono dotate di super green-pass.
  13. Dobbiamo ricordare che, oltre allo scopo di ridurre - sia pure solo parzialmente - la probabilità di contagio in alcuni spazi comuni, il green-pass svolge un'altra funzione fondamentale: quella che in francese si definirebbe "emmerder les non-vaccinés". Non c'è alcun dubbio che il green-pass sia stato lo strumento principale utilizzato per "convincere" molte persone titubanti a ricevere il vaccino. Anche il recente "obbligo vaccinale", introdotto in Italia per le persone con almeno 50 anni, produrrebbe un ben scarso effetto se non fosse accompagnato da misure di "lockdown selettivo" per chi non possiede il super green-pass (non sarà certo la ridicola multa di 100 Euro a spaventare i non vaccinati).
  14. A chi si domanda se la situazione sanitaria giustifichi le limitazioni delle libertà personali di alcuni, consiglio di consultare i dati sull'occupazione dei reparti Covid (ed in particolare delle terapie intensive) da parte dei non vaccinati. La pressione esercitata sugli ospedali italiani ha messo a repentaglio la vita di molti italiani affetti da altre gravi patologie. Ogni vaccino fatto in più, soprattutto sopra i 50 anni, riduce i rischi sanitari del vaccinato e soprattutto il carico futuro sugli ospedali.
  15. In questa fase della campagna vaccinale, quando ormai quasi la metà degli italiani ha fatto anche la terza dose, potrebbe avere senso mantenere attivo il green-pass fino a quando lo stato dei reparti Covid degli ospedali italiani non sia ritornato a livelli di occupazione decisamente inferiori rispetto a quelli attuali. Purché il calo sia stabile ed effettivo e non sia solo il risultato della furbate statistiche di qualche burocrate.

8 commenti:

  1. AUSTRIA - Il Parlamento austriaco ha approvato l’obbligo vaccinale con una larga maggioranza: i deputati hanno votato 137 a favore, 33 contro.

    È il primo Paese in Europa a scegliere questa misura. L’obbligo si applicherà a tutti i residenti in Austria con età pari o superiore a 18 anni.

    Sono previste esenzioni per le persone in gravidanza, che per motivi medici non possono essere vaccinate o che si sono riprese da un’infezione da Coronavirus negli ultimi sei mesi.

    La coalizione di governo del cancelliere Karl Nehammer ha collaborato con due dei tre partiti di opposizione in Parlamento. L’applicazione dell’obbligo - assieme ai primi controlli - è prevista dalla metà di marzo, nonostante l’entrata in vigore a febbraio.

    Anche la leader dell’opposizione, l’epidemiologa Pamela Rendi-Wagner, sostiene il progetto: “Le vaccinazioni salvano vite umane. La vostra e quella degli altri”, ha dichiarato. Per incentivare la campagna vaccinale, il disegno di legge stanzia circa un miliardo di euro.

    Nel frattempo il governo ha prolungato il lockdown per i non vaccinati fino a fine mese.

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    1. L'Austria revoca il lockdown per i non vaccinati:
      da lunedì 31 gennaio via le restrizioni

      Intanto il 4 febbraio scatterà l'obbligo di vaccinazione anti covid: sarà il primo caso in Europa

      L'Austria revoca il lockdown per i non vaccinati in vigore da alcune settimane. Lo comunica in una breve nota il cancelliere Nehammer.

      "La priorità assoluta è di limitare il più possibile le restrizioni. Il lockdown per i non vaccinati è uno dei provvedimenti più restrittivi. La situazione negli ospedali ci consente di terminarlo", scrive Nehammer.

      L'annuncio è stato fatto nel giorno nel quale l'Austria registra, per la prima volta dall'inizio della pandemia, più di 30 mila casi.

      Nelle prossime due settimane, ha detto Nehammer, si attendono tra i 35 mila e i 40 mila casi al giorno. Tra 14 giorni dovrebbe essere raggiunto l'apice dell'ondata Omicron.

      Alcuni giorni fa il parlamento austriaco ha approvato l'introduzione del vaccino anti covid obbligatorio ed è il primo Paese europeo a farlo. L'approvazione con la maggioranza necessaria dei voti è avvenuta dopo ore di dibattito in aula. La misura entrerà in vigore il 4 febbraio.

      www.ladige.it/attualita/2022/01/26/l-austria-revoca-il-lockdown-per-i-non-vaccinati-1.3114032

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  2. Riaprire tutto e subito senza nessuna restrizione anti contagio e obbligo di green pass o mascherina come ha deciso il Regno Unito è un errore, “in UK casi e morti Covid risaliranno in 2-3 settimane”.

    È quanto sostiene Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministro della Salute e docente di Igiene all'università Cattolica. Secondo Ricciardi, infatti, non c’è discesa evidente dei contagi a livello mondiale anche se in alcuni Paesi si registra una inversione di tendenza dopo il boom di casi per variante Omicron, come appunto nel Regno Unito. Per l’esperto, al contrario, i casi a livello globale potrebbero aumentare nelle prossime settimane così come i morti covid.

    continua su: https://www.fanpage.it/

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  3. Covid, in Italia sono 1.972 i medici e gli odontoiatri attualmente sospesi dai rispettivi albi perché non vaccinati. Non hanno dunque rispettato l’obbligo imposto per le professioni sanitarie.

    Chiara Ammendola - fanpage.it

    Sono lo 0,4% del totale. Lo rende noto attraverso una nota la Fnomceo, Federazione degli ordini dei medici sottolineando che si tratta di un dato non completo, visto che sono 33.534 (dunque il 7,2% del totale) i medici che, sulla piattaforma del green pass, risultano inadempienti.

    In totale gli iscritti agli Ordini sono 467.611.

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  4. Irlanda, via le restrizioni e stop al green pass
    22 gennaio 2022

    L'Irlanda, come la vicina Inghilterra, ha cancellato gran parte delle restrizioni imposte per contrastare la diffusione della variante Omicron del covid. Da oggi pub e ristoranti potranno rimanere aperti oltre le 20 e non sarà più necessario il green pass per accedere ai luoghi di ristoro, intrattenimento e tempo libero. Non ci saranno più limiti di pubblico agli eventi dal vivo e a quelli sportivi.

    Da lunedì i lavoratori torneranno negli uffici su base scaglionata, mentre le misure di protezione rimarranno in vigore nelle scuole primarie e secondarie almeno fino alla fine di febbraio. Rimane solo un piccolo numero di restrizioni, tra cui l'obbligo di indossare le mascherine in ambienti come negozi, scuole e trasporti pubblici, l'autoisolamento e l'uso del green pass per i viaggi internazionali.

    In un discorso televisivo il primo ministro Micheal Martin ha dichiarato alla nazione che è "tempo di essere di nuovo noi stessi". Martin ha avvertito che la pandemia di coronavirus non è finita, aggiungendo che "la primavera sta arrivando. Non so se l'ho mai aspettata tanto quanto questa".

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  5. Canada, camionisti verso Ottawa
    per protestare contro il Green pass

    Centinaia di camionisti canadesi hanno iniziato un lungo viaggio verso Ottawa per protestare contro l'obbligo di vaccinarsi contro il Covid-19, imposto da Canada e Stati Uniti a chiunque voglia attraversare il confine, il più lungo al mondo con quasi 9mila chilometri di strada.

    Questa misura è entrata in vigore il 15 gennaio in Canada e sabato negli Usa. Le autorità statunitensi minacciano i potenziali trasgressori di un divieto permanente di operare sul territorio mentre il Canada impone una quarantena di 14 giorni ai conducenti non vaccinati.

    www.tgcom24.mediaset.it/mondo/canada-camionisti-verso-ottawa-per-protestare-contro-il-green-pass_44787994-202202k.shtml?s=03 

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  6. Germania, domani il Bundestag dibatte su obbligo vaccinale

    Il Parlamento tedesco avrà domani un primo dibattito sull’obbligo di vaccino anti-Covid in Germania. La questione è fonte di un’ampia discussione in queste settimane nella Repubblica federale, dopo che il cancelliere Olaf Scholz ha lanciato la misura, affermando di ritenerla necessaria per mettere al riparo il sistema sanitario tedesco da eventuali prossime ondate della pandemia.

    In aula si discuterà di diverse mozioni: alcuni parlamentari (dei tre partiti di governo, Spd, Verdi e Liberali) propongono che l’obbligo di vaccino scatti a partire dai 18 anni.

    Ma proprio in queste ore parlamentari ecologisti e liberali stanno presentando una proposta per l’obbligo dai 50 anni, seguendo il modello approvato in Italia: “Con un intervento statale moderato e il massimo effetto”, la motivazione.

    Scholz potrebbe avere difficoltà a veder approvato l’obbligo vaccinale a causa della divisione interna dei liberali: un gruppo di deputati guidati dal vice Wolfgang Kubicki è infatti assolutamente contrario.

    Secondo il cancelliere, l’obbligo di vaccino è necessario per compensare la bassa quota di vaccinati del Paese, dove la copertura è ferma al 73,5% della popolazione. “Dovrebbe essere del 90”, ha detto anche ieri in conferenza stampa, dopo un vertice Stato-Regioni.

    È chiaro che per approvare il provvedimento, se ci si arriverà, occorrerà più tempo di quanto inizialmente immaginato dal Bundeskanzler, che avrebbe voluto la misura in vigore entro marzo.

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  7. Insegnanti e sanitari no-vax – che hanno l’obbligo di vaccinazione – se si sono infettati e guariti, possono rientrare al lavoro o restano sospesi?

    Il tema lo ha sollevato la Provincia di Bolzano, chiedendo lumi al governo. Invece la Provincia di Trento va in direzione contraria, anche se gli Ordini professionali hanno già detto che devono rimanere sospesi.

    In Alto Adige oltre 1.200 dipendenti, tra ospedali e Rsa, sono attualmente sospesi dal servizio perché non sono vaccinati. Un numero rilevante vorrebbe ora rientrare in servizio perché nel frattempo si è infettato ed è guarito, ma in Provincia di Bolzano le porte per loro restano chiuse.

    E in Trentino? Alla domanda ha risposto oggi la dirigente dell’Azienda Sanitaria, Maria Grazia Zuccali: "Noi li consideriamo come tutta la popolazione: una volta guariti, non possono essere vaccinati, devono aspettare dai 30 ai 60 giorni, quindi noi intendiamo mantenere questa regola, li riammetteremo al lavoro, ma raccomandando loro la vaccinazione, passati i 60 giorni dalla guarigione".

    www.ladige.it

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