sabato 29 gennaio 2022

Perché usiamo poco gli anticorpi monoclonali?

Ieri è stata annunciato l'arrivo della prima fornitura del farmaco antivirale Paxlovid, prodotto da Pfizer (11.200 trattamenti arriveranno in Italia durante la prima settimana di febbraio, come anticipo della fornitura di 600 mila trattamenti che il nostro Paese ha acquistato per l'intero 2022).

Contemporaneamente all'annuncio dell'imminente disponibilità del nuovo antivirale, AIFA ha comunicato i dati relativi all'utilizzo dei farmaci basati su anticorpi monoclonali. Questi farmaci sono disponibili da tempo, anche se solo uno degli anticorpi monoclonali approvato fino ad oggi (Sotrovimab) si è dimostrato efficace contro la variante Omicron. Si tratta, tra l'altro, di un farmaco che è prodotto anche in Italia e che è molto efficace - analogamente a quanto succede con il Paxlovid - per il trattamento precoce di pazienti con il rischio elevato di contrarre gravi complicanze (purché sia somministrato entro pochi giorni dopo la comparsa dei primi sintomi). Sia per il Paxlovid che per il Sotrovimab, l'efficacia dipende poco dalla particolare variante del SARS-CoV-2 che viene trattata.

Un utilizzo adeguato degli anticorpi monoclonali o del Paxlovid potrebbe limitare fortemente sia i ricoveri in ospedale che i decessi, riducendo significativamente i danni sanitari prodotti dalla Covid-19. Ma affinché questi farmaci funzionino è indispensabile - lo ricordo - che la somministrazione avvenga in tempi molto brevi, subito dopo la comparsa dei primi deboli sintomi.

A parte l'aspetto dei costi (che possono variare da circa 750 fino a 4.000 Euro per trattamento, a seconda del tipo di farmaco utilizzato), il vero problema è che oggi l'Italia non utilizza neppure tutte le dosi di anticorpi monoclonali che sono disponibili. Spesso la somministrazione avviene solo se c'è un intervento attivo da parte del paziente che "si deve dare da fare" per sollecitare chi di dovere al fine di essere sottoposto al trattamento. 

Si vedono tutti i limiti di quella che viene definita "medicina territoriale" e del collegamento talvolta inefficace tra la rete dei medici di famiglia e le strutture ospedaliere. A questo si aggiunge una burocrazia sanitaria elefantiaca (tipicamente italiana) che rischia di far perdere tempo prezioso nell'attesa che le Autorità centrali autorizzino la somministrazione del farmaco per ogni singolo paziente.

I dati relativi alla somministrazione degli anticorpi monoclonali sono sconfortanti: nella settimana che andava dal 20 al 26 gennaio, in Italia sono stati prescritti complessivamente solo 3.199 trattamenti con anticorpi monoclonali, una goccia nel mare delle persone contagiate, molte della quali ad alto rischio. 

Se consideriamo l'utilizzo complessivo di anticorpi monoclonali dal marzo 2021 (data della prima disponibilità) fino ad oggi, vediamo che, complessivamente, sono state effettuati 41.499 trattamenti, di cui 7.222 nel solo Veneto, che è la Regione/PA che ha fatto l'uso più estensivo di questo farmaco. La Lombardia ha utilizzato solo 3.180 dosi, meno di 1/4 rispetto al Veneto se normalizziamo il dato rispetto al numero di abitanti. Il Trentino, con solo 179 dosi utilizzate, si allinea ad un livello d'uso - normalizzato rispetto al numero di abitanti - simile a quello della Lombardia.

Con l'arrivo di Paxlovid (che si può assumere stando a casa e non richiede il trattamento in day hospital per la somministrazione del farmaco) è sperabile che il livello d'utilizzo aumenti. Restano comunque immutati alcuni problemi di fondo. In particolare, bisognerà attivare un sistema più rapido e meno burocratico per individuare sollecitamente i pazienti adatti per ricevere il trattamento. Ci riusciremo?

2 commenti:

  1. L’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha raccomandato l’impiego nell’Unione Europea del Paxlovid, il nuovo farmaco contro la COVID-19 sviluppato dall’azienda farmaceutica statunitense Pfizer. Nelle prossime ore la Commissione europea potrà quindi autorizzare l’utilizzo del medicinale aggiungendo una nuova importante risorsa per contrastare gli effetti del Coronavirus.

    Il Paxlovid era stato autorizzato alla fine dello scorso dicembre negli Stati Uniti, dove viene ormai impiegato regolarmente per trattare i casi di COVID-19, seppure con qualche problema nel reperimento del farmaco la cui produzione dovrebbe aumentare nei prossimi mesi.

    Il Paxlovid è un antivirale che interferisce con le risorse impiegate dal coronavirus per replicarsi all’interno delle cellule delle persone infette.

    Il trattamento consiste nell’assunzione di due compresse due volte al giorno per cinque giorni tra Paxlovid e ritonavir, un altro farmaco antivirale sviluppato tempo fa contro l’HIV. Il ritonavir consente al Paxlovid di rimanere attivo più a lungo nell’organismo, portando a migliori risultati.

    L’EMA ha raccomandato il Paxlovid sulla base dei dati raccolti in uno studio che ha coinvolto circa 2mila volontari, cui era stato somministrato il farmaco vero e proprio oppure una sostanza che non faceva nulla (placebo), entro cinque giorni dalla comparsa dei primi sintomi di COVID-19.

    Nel mese successivo, lo 0,8 per cento dei pazienti che avevano ricevuto il Paxlovid era stato ricoverato per più di 24 ore, contro il 6,3 per cento di chi aveva ricevuto il placebo. Nel gruppo con Paxlovid non erano stati riscontrati decessi, a differenza di quello con il placebo dove si erano verificate 9 morti.

    La maggior parte dei partecipanti allo studio clinico aveva un’infezione da variante delta del coronavirus. Analisi successive svolte in laboratorio hanno mostrato la capacità del Paxlovid di contrastare la COVID-19 causata anche da altre varianti, compresa la Omicron ora prevalente in buona parte dei Paesi europei.

    https://www.ilpost.it/2022/01/28/ema-raccomandato-paxlovid-unione-europea-farmaci-covid-19/

    RispondiElimina
  2. Calano le prescrizioni di anticorpi monoclonali
    negli ospedali italiani

    Prosegue il calo delle prescrizioni di anticorpi monoclonali contro Covid-19 in Italia. Negli ultimi 7 giorni monitorati dall'Agenzia italiana del farmaco Aifa, dal 3 al 9 febbraio, le richieste di farmaco sono state 2.243 contro le 2.659 della settimana precedente, con una media giornaliera in diminuzione del 14,68% (320 circa contro 375), per un totale di 44.499 a partire dal 10 marzo, quando questi medicinali sono stati autorizzati in via emergenziale in Italia.

    Sono 266, in costante aumento, le strutture di 21 regioni o province autonome che hanno prescritto queste terapie. È il quadro che emerge dal 45esimo report Aifa sul monitoraggio di questi farmaci.

    continua su: https://www.fanpage.it/live/coronavirus-ultime-notizie-11-febbraio-2022/

    RispondiElimina