sabato 8 gennaio 2022

Anche Israele è alle prese con la variante Omicron (e non sono buone notizie)

Israele è, da più di un anno, un osservatorio privilegiato perché, grazie alla sua campagna vaccinale anticipata rispetto al resto del Mondo, ha fatto da apripista per tutti gli altri Paesi.

Malgrado l'abbondanza di vaccini ed il grande sostegno che il Governo israeliano ha dato alla campagna vaccinale, in Israele c'è una agguerrita comunità di no-vax, particolarmente presente all'interno delle comunità ebraiche ultra-ortodosse e tra la popolazione di origine araba che ha la cittadinanza israeliana. Per motivi diametralmente opposti, questi cittadini israeliani vedono il vaccino con sospetto e, in larga misura, hanno rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione. Si tratta tra l'altro di comunità che tendono ad avere pochi rapporti con chi non appartiene alla loro cerchia ristretta. 

Da un punto di vista strettamente epidemiologico gli ebrei ultra-ortodossi e gli israeliani di origine araba costituiscono un riferimento ideale per osservare sul campo gli effetti della mancata vaccinazione.

I dati che quotidianamente vengono diffusi dall’efficientissimo sistema informativo del Ministero della salute israeliano costituiscono una fonte preziosa di informazioni e spesso si sono rivelati determinanti per capire quale sarebbe stata la futura evoluzione della pandemia in altri Paesi, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti.

In questo post discuterò alcuni dei dati aggiornati provenienti da Israele. Partiamo dal dato relativo allo stato di avanzamento della campagna vaccinale:

Stato attuale della campagna vaccinale in Israele. La categoria "vaccino non valido" si riferisce a coloro che hanno completato la vaccinazione (2 dosi) da più di 6 mesi. Chi ha fatto una sola dose è assimilato ai non vaccinati. La somministrazione della quarta dose per gli ultra-sessantenni è appena iniziata e non è ancora inclusa nelle statistiche

Ricordo che la campagna vaccinale per i più giovani (5-11 anni) è partita solo recentemente, più o meno in parallelo con quella italiana.

Malgrado lo stretto controllo esercitato sui (pochi) viaggiatori in arrivo dall'estero, anche Israele è stato "invaso" dalla variante Omicron che, nell'arco di un mese, ha provocato la decuplicazione dei contagi. Ancora una volta si dimostra la pratica impossibilità di "chiudere le frontiere al virus", a meno che non si ricorra a metodi coercitivi simili a quelli usati dal regime cinese (e anche in questo caso, bisognerebbe verificare se funzionino davvero).

Valore medio (stimato su base settimanale) dei nuovi contagi registrati quotidianamente in Israele
 

Se volessimo confrontare l'andamento dei contagi in Israele (9,2 milioni di abitanti) rispetto a quello italiano dovremmo moltiplicare il dato dei contagi israeliani per un fattore 6,5. Siamo quindi ad un livello di contagi, normalizzato rispetto al numero di abitanti, inferiore rispetto a quello italiano, ma la velocità di crescita dei contagi è talmente alta da rendere la differenza tra i due Paesi poco significativa.

A fronte dell'aumento dei contagi, l'attenzione delle autorità sanitarie israeliane si è immediatamente concentrata sul numero di persone ricoverate in ospedale in condizioni classificate come "gravi" (in pratica la somma delle nostre terapie intensive e dei reparti "ad alta intensità"). Il grafico che illustra l'andamento di questi casi è mostrato qui di seguito:

Andamento del numero di pazienti ricoverati nei reparti Covid degli ospedali israeliani in condizioni classificate come "gravi". In coincidenza con l'arrivo dell'ondata pandemica associata alla variante Omicron è stato osservato un aumento dei ricoverati in condizioni "gravi"
  

In effetti, nel corso delle ultime due settimane si nota una evidente inversione di tendenza. I numeri in assoluto sono ancora abbastanza ridotti (in proporzione, circa 2/3 delle persone ricoverate nelle sole terapie intensive italiane), ma non dobbiamo dimenticare che Israele ha una popolazione mediamente molto più giovane rispetto a quella italiana. Le differenze demografiche riducono grandemente, a parità di numero di contagi, il rischio di ricovero ospedaliero per la popolazione israeliana rispetto a quella italiana.

A questo punto, può essere utile analizzare l'andamento del rischio di ricovero in condizioni gravi per i cittadini israeliani con almeno 60 anni di età, in funzione del loro stato vaccinale. Per semplicità mostro solo i dati per i non vaccinati e per chi ha un vaccino valido. Il dato che chi ha un vaccino non più efficace sono intermedi tra le prime due categorie, ma non sono stati inseriti nella figura per garantire una maggiore chiarezza espositiva (chi fosse interessato può trovare tutti i dati qui).

Ricoverati in condizioni "gravi" in funzione dello stato vaccinale, normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti di età pari o superiore a 60 anni. Durante l'ultima settimana di dicembre - in corrispondenza con la forte espansione dei contagi associata alla diffusione della variante Omicron - si nota una crescita percentualmente importante per il numero di persone vaccinate ricoverate in ospedale in condizioni gravi (linea verde). Questo è il "segnale" che ha fatto scattare i provvedimenti relativi alla somministrazione della quarta dose vaccinale

Il grafico che vi ho mostrato sopra è costruito su una scala semi-logaritmica e la distanza tra le due curve è proporzionale al rapporto percentuale esistente tra i ricoveri gravi dei non vaccinati e dei vaccinati con vaccino "valido". Il dato che preoccupa le Autorità sanitarie israeliane (ed anche il sottoscritto, per quello che può contare) è che nel corso delle ultime due settimane le due curve hanno mostrato una tendenza ad avvicinarsi. In altre parole, anche chi ha fatto la terza dose (molti over-60 israeliani l'hanno fatta durante lo scorso mese di Agosto) con l'arrivo di Omicron sembra avere perso almeno una parte della protezione contro i contagi gravi. 

Si tratta solo di una coincidenza temporale oppure è un effetto specifico legato alla variante Omicron? Ancora non lo sappiamo!

Sulla base di questo risultato (e di altri dati che vi risparmio per non annoiarvi, ma che potete trovare nel sito sopra citato) le Autorità sanitarie israeliane hanno deciso di somministrare una quarta dose vaccinale ai cittadini over-60 che avevano fatto la terza dose vaccinale più di 4 mesi fa. 

La discussione che ha preceduto la decisione è stata molto vivace perché alcuni esperti temono che una quarta dose dello stesso vaccino sia poco utile e finisca per sollecitare inutilmente il sistema immunitario della persona vaccinata. I primi dati che arrivano da Israele parlano di un aumento medio pari a 5 volte degli anticorpi presenti nel siero dei vaccinati, dopo la somministrazione della quarta dose. Non è facile capire se questo aumento sarà effettivamente utile per porre al riparo i vaccinati dalla possibile insorgenza di complicanze gravi.

Ovviamente - non essendo un medico - non sono in grado di esprimere un parere sulla questione. Qui mi limito a segnalarvi il dibattito in corso che - per certi versi - ricorda quello che ha accompagnato la fase di avvio della somministrazione della terza dose. 

Come analista di dati, vi segnalo invece l'interesse di seguire, nel corso delle prossime settimane, la distribuzione di casi gravi in Israele, cercando di capire - appena le Autorità sanitarie israeliane diffonderanno i dati - se la somministrazione della quarta dose vaccinale abbia prodotto un effettivo beneficio.

Sarà anche interessante capire il possibile impatto del nuovo antivirale Pfizer, di cui Israele ha già ricevuto una prima fornitura

Ancora non è chiaro se sia preferibile fare subito una quarta dose (senza attendere un vaccino specificamente mirato contro Omicron) oppure intervenire  rapidamente sui contagiati ad alto rischio di gravi complicanze, prevenendone l'aggravamento tramite anticorpi monoclonali o specifici farmaci antivirali.

Ancora una volta, Israele sarà un laboratorio da osservare con molta attenzione.

1 commento:

  1. Straordinario il peggioramento della situazione dopo 4 mesi.
    Dopo circa 2 mesi (cioè inizio ottobre) dal grosso della somministrazione delle terze dosi (agosto), la minore probabilità di effetti gravi sulla platea dei vaccinati rispetto alla platea dei non vaccinati era di un fattore 26, salito a 47 a novembre, a 63 a inizio dicembre, per poi crollare a 31 a metà dicembre ed ora a 14.
    Se però la platea dei non vaccinati comprendesse anche chi ha avuto una sola dose, come indicato sopra nel primo grafico e questi fossero aumentati sensibilmente nell'ultimo mese e mezzo, allora la riduzione dell'effetto della terza dose non sarebbe grave quanto questi dati sembrano mostrare.

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