mercoledì 26 gennaio 2022

Un lavoro candidato per l'IGnobel 2022: il vino rosso protegge dalla Covid-19?

Per chi li sentisse nominare per la prima volta, ricordo che i cosiddetti premi IGnobel vengono assegnati annualmente alle ricerche più "stravaganti" che vengono pubblicate sulle riviste scientifiche internazionali. Oggi vi segnalo un lavoro curato da un gruppo di ricerca cinese che - secondo il mio modesto parere - potrebbe essere un buon candidato per la prossima edizione del premio.

Il lavoro, pubblicato su Frontiers in Nutrition, sostiene che i cittadini inglesi che bevono abitualmente vino rosso avrebbero una probabilità di contrarre la Covid-19 inferiore tra il 10 ed il 17% rispetto ai non bevitori. Viceversa, i loro concittadini che bevono birra o sidro avrebbero una maggiore probabilità di contagio rispetto agli astemi. L'aumento varia dal 7 fino al 28%  ed  è maggiore per chi beve più birra. Insomma - almeno per la Covid-19 - non varrebbe più il vecchio slogan pubblicitario italiano che sosteneva "chi beve birra campa cent'anni".

Forse vi domanderete come hanno fatto dei ricercatori cinesi ad indagare sulla correlazione tra consumo di bevande alcoliche e probabilità di contagio dei cittadini inglesi. I dati statistici su contagi ed abitudini alimentari dei cittadini inglesi sono raccolti, in forma rigorosamente anonima, in un registro pubblico curato dalle Autorità sanitarie inglesi. Chiunque può accedervi e, con l'ausilio di un computer di medie dimensioni, può realizzare analisi dettagliate.

Purtroppo questo tipo di analisi non dimostrano che esista una reale relazione di tipo causa-effetto tra i diversi fenomeni osservati, ma si limitano a mettere in evidenza situazioni che potrebbero essere state generate da pure coincidenze, oppure da altre cause che i ricercatori non hanno tenuto nel giusto conto.

Che il vino rosso, ed in particolare i polifenoli che sono in esso contenuti, possano svolgere un certo ruolo protettivo verso diversi tipi di malattie è un dato abbastanza consolidato. Il problema tipico di questo tipo di studi è che tendono a focalizzarsi solo su un aspetto del problema: forse bevendo il vino rosso si ottiene anche qualche effetto protettivo, ma - prima di suggerire di bere molto vino a scopi "preventivi" - bisognerebbe mettere nel conto anche i danni provocati dall'alcool.

Nel caso specifico, sembra che gli Autori abbiano dimenticato una cosa molto importante: il consumo di vino rosso non fa parte delle abitudini tradizionalmente diffuse tra la popolazione inglese. Il consumo di vino rosso - quando avviene su base regolare - è più diffuso in una certa fascia di cittadini inglesi benestanti, ma non è affatto comune per le classi popolari. Il grosso della popolazione inglese preferisce senz'altro andare al pub a bere birra e beve il vino rosso solo in occasioni speciali.

Credo che l'effetto osservato dai ricercatori cinesi sia solo un miraggio. Fin dall'inizio della pandemia è noto che i contagi sono più diffusi tra le classi popolari piuttosto che nelle fasce benestanti della popolazione. I più ricchi dispongono di case ampie e spesso svolgono attività lavorative che sono compatibili con la modalità di lavoro a distanza. Si spostano prevalentemente con l'auto privata e non usano quasi mai i mezzi pubblici.

L'opposto succede per i più poveri che abitano spesso in abitazioni sovraffollate (con maggiore probabilità di diffusione del contagio nell’ambiente familiare), usano i mezzi pubblici e spesso svolgono lavori che si possono fare solo in presenza (spesso a stretto contatto con il pubblico). Quando hanno finito la loro dura giornata, vanno al pub a bere birra. Chi passa più tempo al pub, in genere beve più birra ed ecco spiegata la correlazione tra maggiore consumo di birra e maggiore probabilità di contagio.

In conclusione, potrebbe anche essere vero che un modesto consumo di vino rosso contribuisca a fornire un certo grado di protezione contro il contagio, ma tale ipotesi non può essere confermata usando i dati inglesi, così come sostengono gli Autori di questo lavoro.

Forse il loro contributo non passerà alla storia tra quelli che hanno segnato una svolta nella battaglia contro la Covid-19, ma possono ancora sperare nell'IGnobel 2022.

1 commento:

  1. Buongiorno, non è medico ma sa come maneggiare i dati statistici a meraviglia e a non fare correlazioni tra dati e variabili assolutamente bislacche. (lo dico, purtroppo, da medico). Ci sono molti studi in medicina, es. farmacologia, che procedono secondo questa metodologia: correlano una variabile contro il resto del mondo senza aggiungere il percorso eziopatogenetico della possibile correlazione positiva o negativa.

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