mercoledì 12 gennaio 2022

Come e quando comunicare i dati sulla pandemia

 

Infuria la polemica sui tempi di pubblicazione dei dati della pandemia in Italia. C'è una corrente di "minimalisti" che vorrebbe abolire il bollettino giornaliero, limitando la pubblicazione dei dati a rapporti che dovrebbero uscire su base settimanale. Costoro ritengono che il problema della pandemia si risolverebbe "da solo" se smettessimo di parlarne.

Altri - incluso il sottoscritto - apprezzano l'approccio diametralmente opposto utilizzato dalle Autorità sanitarie inglesi, e soprattutto israeliane che, oltre a pubblicare i dati di contagi e decessi, aggiornano quotidianamente tutta una serie di informazioni accessorie (ricoveri ospedalieri, gravità dei casi, stato vaccinale dei contagiati più gravi) che consentono di capire, aldilà del numero grezzo dei contagi e dei decessi, il vero andamento della pandemia.

L'approccio italiano è una via di mezzo che poteva avere senso nella fase iniziale della pandemia, ma che oggi mostra tutti i suoi limiti. Per vedere qualche analisi dei dati (non sempre fatta secondo i migliori standard) bisogna aspettare il bollettino settimanale dell'Istituto Superiore di Sanità che fornisce spesso dati incompleti ed in grande ritardo.

Se volessimo veramente mettere mano al sistema con cui l'Italia comunica i dati della pandemia, si dovrebbe - a mio avviso - agire su più fronti. In particolare:

  1. Andrebbe rivisto completamente il formato del bollettino rilasciato settimanalmente dall'Istituto Superiore di Sanità, potenziando la squadra dei redattori con esperti che abbiano una più robusta competenza nell'ambito dell'analisi dei dati statistici. In particolare, dovrebbe essere fatto uno sforzo per fornire dati più aggiornati ricorrendo anche alla individuazione di una serie di "ospedali sentinella" che siano rappresentativi dell'intero sistema sanitario italiano, nei quali monitorare il numero dei ricoveri e lo stato vaccinale dei pazienti in tempo "quasi reale" (e non con quasi un mese di ritardo come succede attualmente).
  2. Ispirandosi al modello israeliano, la tabella della Protezione civile nazionale dovrebbe essere sostituita da una serie di informazioni (e grafici) che mettano in evidenza, in particolare, lo stato degli ospedali, dando maggiore risalto a informazioni critiche che oggi non conosciamo come, ad esempio, il numero dei nuovi ricoveri giornalieri nei reparti Covid ordinari (attualmente il dato viene comunicato solo per le terapie intensive) ed i ricoveri in quella specie di stato intermedio che viene definito "ad alta intensità". Alcuni di questi dati si trovano oggi nel sito di Agenas che tuttavia viene gestito in modo indipendente rispetto al sito della Protezione Civile Nazionale.
  3. Il dato dei nuovi contagi non è oggi quello più importante, ma non è ininfluente come sostengono alcuni, perché determina il numero di persone che finiscono in isolamento (con i ben noti problemi per la funzionalità del Paese quando il numero di lavoratori in isolamento diventa troppo grande). Andrebbe evitato - come si fa ancora oggi troppo spesso - il confronto dei dati giornalieri rispetto a quelli del giorno precedente (che non ha alcun senso), mentre sarebbe più utile fare confronti rispetto allo stesso giorno della settimana precedente.
  4. Sarebbe infine utile fare confronti sistematici tra l'andamento attuale della pandemia e quello registrato negli anni precedenti (ahimè, ormai si può fare!) perché la gente ha la memoria corta e tende a dimenticare quanto critica fosse la situazione prima dell'arrivo dei vaccini. Servirebbe a rinfrescare la memoria di molti e ad evitare che si diffonda uno spirito di scoramento e rassegnazione.
In conclusione, se vogliamo affrontare la pandemia nel migliore dei modi possibili, credo che sia indispensabile informare i cittadini in modo chiaro e trasparente, mettendo in evidenza le criticità, ma anche i grandi progressi che sono stati fatti fino ad oggi. A tal fine, ritengo indispensabile ricondurre sotto un'unica regia i diversi canali di informazione che attualmente vengono gestiti da Protezione Civile Nazionale, Agenas e Istituto Superiore di Sanità. E non sarebbe male se le Regioni/PPAA adottassero un formato comune su cui uniformare i loro comunicati stampa relativi alla pandemia.
 
Ovviamente, se decidessimo di non parlare più della pandemia, sarebbe inutile preoccuparci di migliorare il formato della comunicazione. Temo però che illuderci che la pandemia "sparisca" perché abbiamo deciso di non parlarne più, sia solo una pia illusione.

3 commenti:

  1. Il paziente «centauro»

    "metà con Covid, metà affetto da altre patologie": come tale, da trattare in modo differente e in diversi setting assistenziali.

    Lo ha “scovato” la rete degli ospedali-sentinella di Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, che tiene le antenne dritte sul Covid “proprio per anticipare soluzioni organizzative e per capire dove stiamo andando, un po' prima che le cose succedano”, spiega il presidente Giovanni Migliore.

    Che continua: «Questa ondata di Covid è molto diversa dalle prime: grazie ai vaccini non siamo reclusi a casa e - finalmente - la gente esce, lavora e ha una vita sociale. Ma questo significa anche che tornano ad avere traumi o incidenti o che si ammalano come un anno fa, a causa della circolazione ridotta delle persone, non succedeva più. Questo ci richiede anche risposte diverse: se è vero che grazie ai vaccini abbiamo dimezzato ospedalizzazioni e terapie intensive occupate, è anche vero che la varietà dei pazienti Covid che vanno in ospedale ci obbliga a uno sforzo organizzativo maggiore».

    Perché oggi in ospedale arrivano pazienti Covid “classici”, cioè con patologia polmonare, pazienti non Covid che vanno seguiti e tutelati in percorsi “Covid free” e pazienti positivi ma senza patologia polmonare, con altre malattie concomitanti - i “centauri”, appunto – a cui va riservata un'organizzazione a se stante. E non sono pochi. La stima è di circa il 34%: oltre uno su tre che, spiegano dalla Federazione, viene ospedalizzato per curare tutt'altro, come traumi, infarti, emorragie, scompensi e tumori.

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  2. Peter Gomez - il Fatto Quotidiano

    La saggezza popolare insegna che non bisogna mai nascondere la polvere sotto il tappeto, perché prima o poi la polvere esce e in un attimo insudicia tutta la casa. Tra le nostre classi dirigenti, però, i figli del popolo sono pochi e i saggi ancora meno, così da ieri si discute seriamente l’idea di abolire la comunicazione giornaliera del numero di contagi Covid da parte di Stato e Regioni.

    Il ragionamento che seguono un po’ tutti è chiaro: la variante Omicron è super infettiva. L’Oms calcola che da qui a due mesi il 50 per cento della popolazione europea sarà contagiata. In futuro la malattia diventerà forse endemica. Ma visto che Omicron è in apparenza molto meno letale di Delta, inutile aggiungere altra ansia allo stato già ansioso dei cittadini. Perché, e questo è senza dubbio corretto, POSITIVO non significa MALATO.

    Il problema però è che la verità, come la polvere, prima o poi salta fuori. Tutti noi abbiamo perfettamente imparato che gli esperti sono in grado di stimare con un margine di errore non troppo grande quante persone tra 2 settimane finiranno in ospedale se oggi i contagiati sono 100mila.

    Sapere come stanno le cose è insomma utile per capire cosa ci aspetta, per valutare se le contromisure prese da chi ci governa hanno un senso oppure no e per comprendere come mai, ad esempio, il nostro Comune ha annullato centinaia di corse dei mezzi pubblici. Perché se i contagi sono tanti, saranno pure tanti gli autisti positivi in isolamento a casa e un cittadino che aspetta l’autobus sarà un po’ più accondiscendente con l’assessore in caso di improvviso disservizio.

    È vero che i numeri che ci devono preoccupare sono quelli sul tasso di occupazione degli ospedali: ma la percentuale di letti occupati (ieri il 26 per cento) dice poco, se non si chiarisce anche quanti posti sono stati recuperati convertendo reparti di altre specialità. Perché poi, a essere giustamente ansiosi e pure su di giri, saranno i malati non Covid che, senza spiegazioni, si vedranno cancellare o ritardare ricoveri e interventi.

    Nascondere la realtà, insomma, non conviene. E questo le classi dirigenti dovrebbero capirlo. Perché, se invece di spiegare si occulta e si nasconde, la realtà riemerge poi di botto e ti travolge.

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  3. 294 morti ieri. 313 morti oggi. In totale fanno 607 persone che oggi non ci sono più e altrettante famiglie che piangono i loro cari.

    Se le cose vanno avanti di questo passo, e stando alle proiezioni dell’Ihme di Washington, dovrebbero andare di questo passo almeno sino a fine gennaio, parliamo almeno di altre migliaia morti da mettere in conto, a voler essere ottimisti.

    Non giriamoci attorno: sono numeri tremendi. E sono figli di quella variante Omicron che secondo alcuni è poco più di un’influenza.

    Ma che, particolare non irrilevante, si diffonde con una contagiosità molto superiore, al punto tale che un tasso di letalità relativamente molto basso si traduce in migliaia di morti, decine di migliaia di ricoverati, centinaia di migliaia di contagiati, milioni di persone costrette a casa perché positive, molti dei quali medici e infermieri che concorrono a mettere ulteriormente in crisi una sanità già ampiamente sotto pressione.

    continua su: https://www.fanpage.it/politica/trecento-morti-al-giorno-ma-la-colpa-e-del-bollettino-che-ci-rende-ansiosi/

    Siamo alla strategia del “se non lo vedo non esiste”, insomma. Una strategia che forse permetterà al governo di mantenere la sua coesione, già lacerata dalla scelta del Presidente della Repubblica e dalle successive elezioni politiche, e magari permetterà pure all’economia del Paese di strappare un quarto di punto di crescita del Pil da qui a fine anno.

    Ma che di certo sta fallendo clamorosamente nel contenere un’ondata che poteva essere di molto mitigata nei suoi effetti, proprio in ragione della minor aggressività di Omicron e di una popolazione quasi interamente vaccinata.

    Che a fronte di tutto questo si debba ancora sopportare questo numero di morti, è francamente inaccettabile. Che si dia la colpa al bollettino che ci rende ansiosi, ancora di più.

    Francesco Cancellato - 12 gennaio 2022

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