sabato 29 gennaio 2022

C'è una predisposizione genetica dietro ai casi più gravi di Covid-19

Fin dall'inizio della pandemia gli scienziati hanno discusso del possibile ruolo della genetica nella risposta che i singoli individui mostrano rispetto al contagio provocato dal SARS-CoV-2. Sappiamo che le persone più anziane e affette da altre patologie sono - in generale - quelle più colpite da gravi complicanze, ma - a parità dei tutti gli altri parametri - c'è una forte variabilità da individuo a individuo che, secondo l'opinione di molti, potrebbe essere legata a fattori di tipo genetico.

Ieri Nature ha pubblicato i risultati di un ampio studio che ha coinvolto numerosi gruppi di ricerca internazionali (tra cui anche alcuni gruppi italiani) che hanno cercato di capire quali siano i fattori genetici che possono predisporre verso le forme più gravi di Covid-19. Il lavoro evidenzia come, in circa il 15% dei casi più gravi, sia presente uno specifico fattore genetico legato ad una minore capacità di produrre interferone. In modi che possono dipendere dall'età e dal sesso, la minore produzione di interferone di tipo I da parte delle cellule epiteliali respiratorie e delle cellule dendritiche plasmacitoidi, può ridurre - durante i primi giorni di infezione - la risposta immunitaria del tratto respiratorio, portando a infiammazione polmonare e sistemica.

Aldilà degli annunci altisonanti di alcune fonti giornalistiche, il risultato è importante, ma non è certamente conclusivo. Innanzitutto il fattore evidenziato riguarda solo il 15% dei casi gravi studiati e potrebbe non essere l'unico elemento che spiega l'insorgenza dei casi più severi. Inoltre non è affatto detto che, partendo da questa osservazione, sia possibile arrivare ad un miglioramento delle cure per la Covid-19. Si tratta comunque di un passo in più verso una migliore comprensione della malattia.

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