La questione è dibattuta fin dall'inizio della pandemia e molte pubblicazioni scientifiche hanno cercato di far luce su questo argomento. Uno degli ultimi articoli pubblicati è stato scritto da un gruppo di ricerca coreano e lo potete trovare qui:
S.H. Ra et al. "Upper respiratory viral load in asymptomatic individuals and mildly symptomatic patients with SARS-CoV-2 infection", Thorax 2020 DOI: 10.1136/thoraxjnl-2020-215042
La principale conclusione dello studio è legata al fatto che non sia stata trovata una sostanziale differenza di carica virale tra pazienti asintomatici e pazienti che abbiano mostrato sintomi di moderata intensità. Da qui la raccomandazione ad attivare politiche attive per l'individuazione di positivi asintomatici specialmente in alcuni ambient lavorativi critici come ospedali e case di riposo per anziani.
Come altri studi analoghi, il lavoro ha alcune limitazioni. In particolare, la coorte di pazienti analizzati è limitata (poco più di 200 persone) e, come ben sappiamo, le analisi basate sul tampone non distinguono virus attivi da frammenti di virus non più in grado di trasmettere il contagio. Quindi non tutti coloro che sono stati trovati positivi al tampone sono necessariamente contagiosi.
Come ricordato all'inizio, la questione si trascina da lungo tempo ed è destinata ad assumere una grande rilevanza alla luce delle attuali discussioni riguardanti la possibilità di ridurre i tempi di quarantena di alcuni pazienti. Difficile trarre conclusioni con elevato grado di confidenza, anche perché in realtà il termine "asintomatico" richiude in sé diverse categorie di persone (incluse quelle che qualche sintomo lo percepiscono, ma cercano di nasconderlo per paura di finire in quarantena). Certamente possiamo smentire l'idea accarezzata anche da taluni "esperti" secondo cui gli asintomatici non sarebbero contagiosi. Non si spiegherebbe come mai il virus si sia diffuso ampiamente all'interno di talune comunità di lavoratori tutti sostanzialmente asintomatici. Probabilmente gli asintomatici sono meno contagiosi di chi manifesta sintomi, anche per una banale questione di natura "meccanica": chi tossice diffonde il virus meglio di chi non ha la tosse.
C'è un altro aspetto che vorrei sottolineare. Mi riferisco in particolare alla raccomandazione di tracciare sistematicamente lo stato di salute di chi lavora in ambienti critici come ospedali o case di riposo. Spesso sento ripetere, anche in Trentino, che azioni di questo tipo sarebbero controproducenti perché indurrebbero a comportamenti azzardati coloro che oggi risultassero negativi, aumentando il rischio che dventino positivi domani. L'argomento mi sembra debole e vorrei far notare come sottenda l'idea che i lavoratori siano sostanzialmente delle persone irresponsabili. Se avessimo fatto questo tipo di controllo a suo tempo forse avremmo ridotto i tanti lutti che hanno colpito le RSA trentine nella fase acuta dell'epidemia.
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