Le RSA sono state, soprattutto in Trentino, i luoghi dove l'epidemia di Covid-19 ha fatto più danni. Aldilà dell’elevato numero di decessi che ha colpito la metà circa delle RSA trentine, tutte le strutture hanno risentito delle norme che hanno limitato l'accesso da parte dei parenti e del personale esterno. Queste restrizioni hanno gravemente inciso sulla vivibilità di tanti ospiti che hanno perso la possibilità di interagire con i loro cari o l'hanno vista fortemente limitata. Da parte di molti parenti ed associazioni è arrivata la richiesta di allentare tali restrizioni.
Le esigenze di natura affettiva e psicologica non possono essere sottovalutate, anche se in questi tempi difficili bisogna conciliarle con la necessità di evitare ulteriori contagi, soprattutto in quelle strutture che, almeno fino ad oggi, sono riuscite ad evitare la circolazione del SARS-CoV-2 al loro interno. Con l'arrivo dell'autunno la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente. A causa del cattivo tempo sarà più difficile organizzare gli incontri tra ospiti e visitatori all'aperto, così come è stato fatto in alcune RSA durante la bella stagione. Inoltre l'arrivo dei cosiddetti "mali di stagione" genererà una molteplicità di falsi allarmi che renderà più difficile intercettare i casi sintomatici di Covid-19.
I due scenari che abbiamo di fronte sono ambedue irti di difficoltà: proteggere gli ospiti delle RSA tenendoli in una sorta di "bolla" isolata da tutti, parenti inclusi, oppure permettere - almeno parzialmente - i contatti diretti esponendoli al rischio del contagio? Di fronte a questa domanda un dato molto importante è quello della circolazione del virus nel resto della popolazione, RSA escluse. Se a metà luglio non si fosse interrotto il calo dei contagi che avevamo visto nei mesi precedenti, oggi sarebbe possibile assumere rischi più elevati e allentare un po' le limitazioni alle visite dei parenti. Purtroppo la crescita dei contagi a cui stiamo assistendo rende la situazione molto più complicata. Pur considerando che i nuovi contagiati sono spesso giovani e asintomatici, non possiamo dimenticare che anche queste persone possono contagiarne altre. Soprattutto se hanno a che fare con anziani fragili, ad alto rischio.
Una possibile soluzione - tutta da verificare in termini di fattibilità - sarebbe quella di utilizzare i cosiddetti test rapidi, di cui abbiamo discusso in un post recente per tenere sotto controllo lo stato di salute dei parenti che visitano le RSA. Ci sono tanti "se" e "ma" di fronte a questa ipotesi. Tutto dipende dalla effettiva disponibilità di tali test rapidi, dai costi relativi, dalla loro affidabilità e dai protocolli di somministrazione dei test che dovrebbero essere ottimizzati per questo specifico utilizzo (non si può fare un test - sia pure rapido - tutti i giorni al figlio che va a trovare la madre nella RSA!). Sarebbe necessario estendere ad almeno 5000 parenti degli ospiti delle RSA trentine un programma di monitoraggio stretto delle condizioni di salute in chiave anti-Covid analogo a quello che - mi auguro - verrà applicato al personale delle RSA. Uno sforzo importante sia dal punto di vista finanziario che da quello organizzativo, da continuare fino a che il livello della circolazione del virus scenda a livelli molto bassi o comunque fino a che arrivi un vaccino affidabile che risolva definitivamente il problema.
L'impegno è estremamente gravoso e non può essere lasciato all'iniziativa delle singole RSA. Speriamo che la Provincia Autonoma di Trento si dimostri all'altezza della sfida.
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