domenica 27 dicembre 2020

Il caso Irlanda: variante "inglese" o troppi giri al pub?

Fino all'inizio di dicembre ho spesso citato l'Irlanda come un esempio virtuoso nella gestione della seconda ondata pandemica. L'Irlanda decise di attuare un lockdown  rigido circa due mesi fa, primo tra i Paesi dell'Unione Europea. In Italia a quel tempo ci illudevamo che la seconda ondata pandemica ci avrebbe appena sfiorato. 

In Irlanda, l'effetto del lockdown d'autunno fu significativo e relativamente rapido. A inizio dicembre, la circolazione del virus in Irlanda era nettamente inferiore rispetto all'Italia. Per non parlare dei decessi che erano stati relativamente pochi, anche grazie al fatto che l'Irlanda ha un indice di vecchiaia nettamente minore rispetto a quello italiano: statisticamente parlando, ci aspettiamo che la popolazione irlandese sia meno vulnerabile alle complicanze più gravi della Covid-19 rispetto alla popolazione italiana.

A inizio dicembre, l'Irlanda ha sospeso le limitazioni alle attività ed alla circolazione dei cittadini che erano state introdotte durante le settimane precedenti e gli irlandesi hanno ricominciato a frequentare in massa i loro amati pub. L'effetto sui contagi è stato quasi immediato come si vede dalla figura seguente:

Attualmente l'Irlanda ha un livello di contagi (normalizzati rispetto al numero degli abitanti) quasi uguale a quello registrato in Italia, con la differenza che i contagi irlandesi stanno velocemente crescendo mentre quelli italiani sono in una situazione di sia pur lento calo. 
 
Le Autorità sanitarie irlandesi hanno immediatamente pensato che la forte crescita dei contagi registrata a partire da circa metà dicembre potesse essere collegata all'importazione della cosiddetta "variante inglese". L'ipotesi è plausibile considerate le forti relazioni esistenti tra le due Nazioni, ma non è ancora stata dimostrata. Il sequenziamento di virus trovati in alcuni pazienti irlandesi ha confermato la presenza del nuovo ceppo inglese, ma i dati disponibili sono ancora troppo pochi. Tony Holohan, Chief Medical Officer, ha recentemente dichiarato: "I can confirm that we have detected the new UK variant of SARS-CoV-2 by whole genome sequencing at the National Virus Reference Laboratory,” in University College Dublin. Further testing in the coming days and weeks will establish the extent to which it is present here”.
 
Purtroppo si sono sovrapposti temporalmente due effetti diversi: riapertura delle attività che erano state chiuse durante il lockdown (in particolare bar e ristoranti)  e diffusione del nuovo ceppo virale. Una volta tanto non possiamo dare la colpa agli studenti perché le Scuole avevano funzionato regolarmente durante tutto il lockdown ed attualmente gli studenti sono a casa per le vacanze natalizie.

Per capire meglio cosa stia succedendo in Irlanda bisognerà aspettare che sia disponibile una adeguata quantità di dati genetici. In Gran Bretagna è stato possibile dimostrare la presenza del nuovo ceppo virale grazie all'efficace programma di monitoraggio genetico finanziato dal Governo britannico (fino a 5.000 sequenziamenti eseguiti ogni settimana). Negli altri Paesi (Italia inclusa) si fanno troppi pochi sequenziamenti e, almeno in passato, si è parlato di mutate caratteristiche del virus senza il supporto di adeguate prove sperimentali. 
 
Dare la colpa al virus mutato potrebbe diventare una comoda via d'uscita per occultare le responsabilità delle Autorità politiche e sanitarie. Potrebbe essere la versione 2.0 dello "tsunami imprevedibile" che veniva invocato per spiegare la prima ondata pandemica. Quindi, prima di trarre conclusioni, aspettiamo che ci vengano presentati dati sperimentali completi e convincenti.


2 commenti:

  1. La Federazione russa "diventa" il terzo Paese al mondo per vittime covid
    Alberto De Filippis • 28 dicembre 2020

    Lunedì Mosca ha ammesso circa 116.000 morti di Covid quest'anno, un bilancio quasi tre volte superiore a quello che era stato il conteggio ufficiale e che rende adesso la Russia uno dei paesi con il più alto numero di vittime al mondo.

    L'ufficio statistico Ros-stat segnala un picco di mortalità tra gennaio e novembre di 229.700 persone, in crescita del 13,8% rispetto allo stesso periodo del 2019. E "oltre l'81% di questo aumento della mortalità in questo periodo è dovuto al Covid e alle conseguenze della malattia, cioè poco più di 186mila morti.

    Cifra che colloca la Russia al terzo posto nel mondo, dietro a Stati Uniti (oltre 330.000 morti) e al Brasile (più di 190.000).

    Eppure il bilancio iniziale parlava di poco più di 55.265 morti ufficiali dall'inizio della pandemia. Il sito che si occupa dei conteggi però calcola solo i decessi per Covid-19 confermati da un'autopsia. È su questa base che la Russia vantava cifre inferiori alla maggior parte dei paesi occidentali.

    Secondo Ros-stat invece, nel solo mese di novembre, 35.645 persone sono morte per contaminazione.

    La Russia, come il resto del mondo, è stata colpita dall'autunno da una seconda ondata epidemica. Le autorità russe hanno tuttavia respinto l'idea di un nuovo contenimento nazionale, al fine di preservare l'economia. Confidano nel vaccino Sputnik che dovrebbe essere reso fruibile a breve.

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  2. Variante Covid,
    a Londra non c’è più posto in ospedale:
    pazienti curati nelle ambulanze

    29 Dicembre 2020 - Ida Artiaco – fanpage.it

    Gli ospedali inglesi non era mai stati così sotto pressione neppure durante la prima ondata della pandemia di Coronavirus. Complice anche la scoperta della variante di Covid-19 nelle scorse settimane nell'area di Londra e del Kent, il sistema sanitario è quasi al collasso, con numerosi pazienti che vengono assistiti direttamente all'interno delle ambulanze per mancanza di letti.

    È quanto sta succedendo, ad esempio, al Queen's Hospital di Romford, a pochi passi dalla City, dove, come racconta il quotidiano The Mirror, le cure vengono prestate nei parcheggi in attesa che si liberi un posto all'interno dei nosocomi. Stessa situazione al Medway Hospital nel Kent, dove un paramedico ha detto che nei giorni scorsi erano stimate fino a sei ore di attesa per alcuni pazienti che arrivavano in ambulanza.

    Secondo i dati ufficiali, alle 8 di lunedì scorso c'erano 20.426 malati ricoverati negli ospedali della sola Inghilterra, quasi il doppio rispetto al massimo raggiunto nel corso della prima ondata, cioè 18.974 del 12 aprile. Il giorno peggiore per i servizi di ambulanza è stato quello di Santo Stefano: il 26 dicembre sono state ricevute 7.918 chiamate di emergenza, oltre 2.500 in rispetto allo stesso giorno del 2019.

    Nonostante le misure restrittive adottate dalla maggior del Paese, che al momento interessano ben 24 milioni di persone, il Regno Unito ha registrato il più alto aumento giornaliero di contagi Covid con 41.385 infezioni, mentre altre 357 persone, portando il totale a 71.109.

    E la situazione, dicono gli esperti, potrebbe ancora peggiorare tra gennaio e febbraio. Il dottor Adrian Boyle, del Royal College of Emergency Medicine, ha definito la situazione "molto dura" e il problema particolarmente acuto a Londra ma "potrebbe facilmente diffondersi. Le ambulanze continuano ad arrivare e noi siamo disperati perché il pronto soccorso è pieno. È un senso di impotenza che difficilmente riesco a spiegare".

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