lunedì 28 dicembre 2020

Trento, abbiamo un problema ...

Il direttore Alberto Faustini in un editoriale apparso ieri sull'Adige mette il dito nella piaga e segnala  l'enorme rischio che il Trentino potrebbe correre se non ci sarà al più presto un cambio di attitudine nei confronti dei vaccini. In particolare, la campagna vaccinale anti Covid-19 appena partita rischia di trasformarsi in un enorme flop, con gravi conseguenze sia sulla salute dei trentini che sulle loro finanze.

Secondo i dati attualmente disponibili solo il 60% del personale che opera negli ospedali e nelle RSA del Trentino sarebbe disposto a vaccinarsi, contro valori superiori al 90-95% che sono stati riscontrati in gran parte delle altre Regioni italiane.

Per non parlare delle vere e proprie balle che sono state messe in giro anche da taluni miei ex colleghi universitari del tipo "i vaccini ci trasformano in OGM" ed altre fesserie similari. 

Ci vorrebbe un bravo psicologo per capire le ragioni di questo atteggiamento. Il vaccino è l'unico strumento che abbiamo, non solo per evitare tante sofferenze e salvare vite umane, ma anche per tornare ad una esistenza "normale". Non possiamo pensare di andare avanti ancora per mesi (o peggio ancora anni) a colpi di lockdown, nè possiamo illuderci di vivere come se il virus non ci fosse perché questo implica che, ad ogni ondata pandemica, gli ospedali si saturino e non riescano più a curare tutte le altre malattie. 

L'unico modo per uscire da questa situazione è quello di vaccinarci al più presto possibile. Tenuto conto che per alcune categorie di persone (donne in gravidanza, minori di 16 anni, pazienti fortemente immunodepressi) il vaccino non è raccomandato, bisogna che tutti gli altri facciano la loro parte. Non sarà facile perché le resistenze sono molte e non si può imporre la vaccinazione come atto dovuto. Nel frattempo, altri Paesi stanno procedendo senza indugi alla vaccinazione di massa delle loro popolazioni:

In questa primissima fase di somministrazione del vaccino anti Covid-19, Israele è già riuscito a vaccinare (solo la prima dose naturalmente) oltre il 4% della sua popolazione. Seguono il Bahrain, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Il grafico aggiornato lo trovate qui.
 


Abbiamo davanti a noi una grande sfida che è, prima di tutto, culturale e bisogna che i responsabili politici forniscano messaggi chiari. Capisco che anche i no-vax votano, ma non si  possono accettare espressioni ambigue del tipo "vedrò, chiederò al mio medico" che - a mio avviso - sono solo meschine furbate per non scontentare nessuno e raccattare qualche voto in più. 

Negli Stati Uniti, il presidente eletto Joe Biden è stato tra i primi ad essere sottoposto alla vaccinazione. Un messaggio chiaro ed esplicito rivolto a tutti gli americani. Mi aspetto che, anche nel nostro piccolo Trentino, gli esponenti della politica (maggioranza e opposizione) dimostrino analogo senso di responsabilità e che il messaggio pro-vax sia chiaro e sia accompagnato da comportamenti coerenti.

Un analogo comportamento lo aspetto da parte degli esponenti del mondo economico, soprattutto da parte di coloro che hanno più sofferto a causa della pandemia. Per territori a forte vocazione turistica come il Trentino, potrebbe essere ragionevole considerare tra le priorità nella somministrazione dei vaccini anche una sollecita e vasta copertura del personale che lavora a stretto contatto con i turisti. Oltre a ridurre il rischio di importazione del virus, questa operazione potrebbe costituire una valida forma di attrazione per i turisti che scelgono il Trentino per le loro vacanze. E sarebbe anche il modo migliore per preparare il Trentino alla gestione del futuro "passaporto sanitario" di cui ormai si discute come possibile strumento per riattivare i flussi turistici.

Sarebbe un approccio senz'altro migliore rispetto al tentativo di nascondere la vera circolazione del virus facendo sparire buona parte dei contagi dalle statistiche ufficiali.


8 commenti:

  1. “Non merci, pas moi” (No, grazie; io no): il vaccino non piace ai francesi, meno del 50%intende utilizzarlo. Tra i più giovani si scende ad appena il 28%. La percentuale sale invece al 67% tra i francesi con più di 67 anni.

    I dati emergono da un sondaggio pubblicato oggi ed accrescono le preoccupazioni del presidente Macron che ha già parlato di un atteggiamento oscurantista nei confronti delle armi fornite dalla scienza contro il virus

    “Non merci, pas moi” (No, grazie; io no). E’ la risposta che oltre un francese su due sembra intenzionato a dare di fronte alla possibilità di vaccinarsi contro il Covid19. Per l’esattezza il 56% sarebbe pronto ad opporre un rifiuto di fronte al farmaco. Dato che fa della Francia uno dei paesi più riluttanti alla vaccinazione.

    Per di più appena il 13% dei francesi si dice “certa” del fatto che si vaccinerà. Le cifre della diffidenza emergono da un sondaggio BVA condotto tra l’11 e il 14 dicembre e pubblicato da Le Journal du Dimanche.

    A vaccinarsi sono restii soprattutto donne e giovani. Tra il 44% favorevole ad immunizzarsi il 55% sono uomini e il 45% donne. Appena il 28% degli under 35 intende vaccinarsi mentre la quota sale al 67% per le persone con oltre 65 anni.

    Una differenza piuttosto semplice da spiegare secondo i sondaggisti: più si è giovani, meno ci si sente vulnerabili alla malattia, ma contribuiscono anche una certa dosa di incoscienza e una certa resistenza all’autorità tipica della popolazione più giovane.

    Nel complesso incide però anche la diffusione di teorie complottiste che prescindono da qualsiasi elemento scientifico. La percentuale dei contrari al vaccino tende inoltre ad aumentare nelle fasce della popolazione economicamente più disagiate.

    Più in generale gli analisti fotografano uno “scetticismo divenuto strutturale rispetto a tutte le decisioni che provengono dall’alto” anche alla luce del fatto che la gestione della pandemia da parte delle autorità è giudicata negativamente da un’ampia maggioranza della popolazione.

    “Non è il dubbio che mi spaventa, che anzi può essere una spinta verso la conoscenza e il progresso, ma è il relativismo o meglio una sorta di oscurantismo”, ha affermato pochi giorni fa il presidente francese Emmanuel Macron commentando il clima di sfiducia verso le terapie contro la malattia.

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  2. Vaccino Covid: 4 americani su 10 non vogliono farlo
    Marco Ciotola - 23 Dicembre 2020 - money.it

    4 americani su 10 non intendono sottoporsi al vaccino anti-Covid. I dati emergono da una recente indagine effettuata dal Pew Research Center e sembrano mostrarsi sinistramente affini a molti altri studi europei, si pensi in primis a quelli che Euromedia Research ha svolto sul territorio italiano.

    Per gli Stati Uniti quindi - che hanno iniziato a vaccinare la popolazione contro il coronavirus la scorsa settimana - l’adozione di massa non sembra affatto presentarsi come una garanzia.

    Sui 12.648 adulti interpellati dal centro di ricerca, in un lasso di tempo che va dal 18 al 29 novembre, il 40% ha definito “sicuro” o “molto probabile” che non si sottoporrà al vaccino.

    Per quanto scoraggianti in ottica di un raggiungimento della “immunità”, i dati rappresentano un passo avanti rispetto a quelli di settembre, che parlavano addirittura di un 50% di contrari al vaccino.

    Se davvero si mostrasse tale la proporzione, si avrebbe un numero di vaccinati non sufficiente a garantire adeguata protezione al Paese. Per ottenere l’immunità di gregge infatti circa il 70% della popolazione dovrebbe essere vaccinata o avere anticorpi naturali secondo gli esperti.

    Numeri che - negli USA come in molti altri Paesi - non lasciano ben sperare, vista l’ondata di movimenti No-Vax e lo scetticismo generale che circonda i vaccini Pfizer, Moderna e non solo.

    Uno scetticismo che - spiegano dal settore - potrebbe essere dovuto dal fatto che il vaccino sia stato studiato e sviluppato in soli 8 mesi, contro una media stimata di 4 anni per le situazioni non emergenziali.

    Ma a influire è anche la questione, più etica e spinosa, che vedrebbe colossi come Pfizer, BioNTech e Moderna avere una totale immunità legale fino al 2024 contro le cause relative a possibili danni derivanti dal vaccino; parallelamente, in molti citano spesso anche i guadagni che le compagnie farmaceutiche registreranno dalla campagna vaccinale.

    Fondamentale per colmare questo divario di fiducia potrebbe rivelarsi la campagna educativa nazionale strutturata dal Dipartimento della salute e dei servizi umani, che ha messo in conto una spesa di 250 milioni di dollari.

    Ma anche lo stesso impegno da parte del governo ha innescato polemiche e sospetti di una presunta «politicizzazione del messaggio sui vaccini», in una girandola di scetticismi e campagne-contro che continua a crescere e preoccupare ovunque.

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  3. RSA e infermieri (dal quotidiano "Domani")

    A destare particolare preoccupazione negli ultimi giorni è la situazione del personale che lavora nelle RSA, le case di cura per anziani dove lavorano soprattutto infermieri e operatori sociosanitari.

    Secondo un sondaggio realizzato dall’associazione di categoria Anaste PIEMONTE su circa mille dipendenti, quasi il 70 per cento avrebbe detto di essere contrario alla vaccinazione.

    Secondo un’altra indagine informale, condotta dall’Ats di BRESCIA, solo il 20 per cento dei lavoratori delle RSA nella provincia sarebbe disposto a farsi vaccinare.

    In molti hanno espresso dubbi sull’affidabilità di questi studi e sul fatto che possano essere applicati a tutto il Paese. Fonti della stessa Anaste hanno spiegato a Domani che nessuna analisi scientifica dell’atteggiamento dei dipendenti delle Rsa è stata compiuta a livello nazionale.

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  4. Vaccini Covid in Trentino, prima i sanitari e gli anziani a rischio. E tutti gli altri? "Per la popolazione difficilmente prima del 2022" Parla il dottor Antonio Ferro: ecco il piano per i prossimi mesi

    L’Adige – martedì 29 dicembre

    DOMANDA: Ma gli altri trentini che intendono vaccinarsi come possono prenotarsi? E il vaccino sarà accessibile a tutti o solo a una parte della popolazione?

    DOTTOR FERRO: Si dovrà avere pazienza, perché per la vaccinazione generalizzata non è ancora giunto il momento e non è neppure certo che sarà possibile entro il 2021. La priorità viene data infatti innanzitutto agli anziani e alle persone più vulnerabili, come spiega Antonio Ferro, direttore sanitario e del Dipartimento prevenzione dell’Azienda sanitaria: «Il mese di gennaio sarà dedicato al personale sanitario, poi la nostra intenzione, dando priorità alle categorie a rischio, è quella di procedere con la vaccinazione del resto della popolazione.

    DOMANDA: Dottor Ferro, avete avviato la campagna vaccinale anche in Trentino, ma chi non è un operatore sanitario o un ospite di Rsa quando potrà iniziare a vaccinarsi?

    DOTTOR FERRO: Ultimati gli operatori sanitari partiremo dagli anziani e poi dalle persone sotto i 70 anni, che però abbiano delle patologie di immuno-depressione o altro che sono circa 25-30mila e che sono quelli che normalmente il Dipartimento di Prevenzione invita anche tramite lettera per la vaccinazione antinfluenzale. Apriremo una agenda prenotabile da operatori Cup, come per l’esperienza buona fatta per il tampone. Queste persone potranno prenotare la vaccinazione con un codice e andare nei nostri punti vaccinali.

    DOMANDA: E tutti gli altri? Come faranno a sapere i cittadini che è possibile iniziare a prenotarsi?

    DOTTOR FERRO: Per gli altri cittadini faremo una grande campagna di informazione quando sarà il momento, ma sempre indicando delle priorità tra la popolazione, indicando varie categorie, ad esempio chi lavora nel mondo della scuola, in attività a contatto con le persone nel front office o le forze di polizia e i vigili del fuoco, che ovviamente hanno rischi più alti di contagio.

    DOMANDA: Ma sulla quantità siete tranquilli che arriverà il numero di dosi richiesto o c’è il rischio che alla fine non bastino?

    DOTTOR FERRO: Io direi che siamo tranquilli perché le dosi di vaccino sono state prenotate a livello nazionale e con le quantità prenotate c’è copertura per tutte le categorie prioritarie. Poi, abbiamo visto che in un soggetto sano sotto i 65-70 anni di età è sempre una brutta influenza ma non è così devastante come è per gli anziani per i quali sappiamo che ogni 100 anziani colpiti ne abbiamo 5-6 che muoiono e una grossa fetta che finiscono ricoverati.

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  5. Fact checking per il Dott. Ferro ("..per gli anziani per i quali sappiamo che ogni 100 anziani colpiti ne abbiamo 5-6 che muoiono..), il quale intende per "anziani" gli ultra 70-enni.
    Vedo su https://lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/#box_8b , facendo due conti sui dati al 9/12/2020, che in Italia, su 325.875 ultra 70, ne sono morti per Covid 50.875, che non dà una letalità del 5% o 6%, ma del 15,6%.
    Il messaggio è chiaro: cosa volete che sia ....

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