domenica 27 dicembre 2020

Vaccinare prima i vecchi o i giovani?

Oggi 27 dicembre è il “V-day”, giorno simbolico d’inizio delle vaccinazioni anti-Covid in Europa. Un giorno lungamente atteso, con la speranza che possa rappresentare un punto di svolta nella storia della pandemia. A partire dalle prossime settimane inizieranno ad arrivare dosi crescenti del vaccino ed inizieranno le somministrazioni su larga scala.

Al momento sarà disponibile solo il vaccino Pfizer-BioNTech a cui, tra breve, si aggiungerà quello prodotto da Moderna. Ambedue i vaccini utilizzano l’innovativa tecnica mRNA (RNA messaggero). I vaccini che utilizzano tecniche più tradizionali arriveranno in seguito, ma si spera che già all'inizio del 2021 diventi disponibile anche il vaccino AstraZeneca.

Non sappiamo esattamente quante saranno le dosi disponibili e poiché tutti i vaccini dovranno richiedere un richiamo fatto a circa un mese di distanza rispetto alla prima somministrazione, è presumibile pensare che non sarà affatto semplice recuperare entro la prossima estate tutte le dosi che sarebbero necessarie per effettuare una vaccinazione su larga scala.

Sarà quindi necessario stabilire delle priorità per scegliere le persone a cui offrire la possibilità di ricevere il vaccino (qui trovate il documento attualmente adottato per stabilire le priorità). Questo non vale solo per l’Italia. Anche la Svizzera, che si è rifornita dei vaccini in modo indipendente, si trova in una situazione simile e a metà dicembre ha elaborato le linee guida per stabilire le priorità di vaccinazione. Il documento svizzero lo potete trovare qui.

In attesa che i vaccini siano disponibili su vasta scala – secondo la migliore tradizione italica – già circolano due ipotesi contrapposte. La questione è “vaccinare prima le persone più esposte alle complicanze della Covid-19 oppure dare la precedenza ai giovani nella speranza di incidere più rapidamente sulla circolazione del virus?”.

In realtà, dietro a queste due ipotesi contrapposte, ci sono alcune questioni scientifiche che non sono state ancora completamente chiarite:

  1. Quale è l’effettivo grado di protezione offerto dai vaccini? Impediranno solo l’insorgenza di complicanze oppure ci forniranno una immunità sterilizzante? In altre parole, è possibile che chi è vaccinato possa comunque contrarre l’infezione e diventare potenzialmente contagioso per gli altri, pur non manifestando sintomi di rilievo? Le prime indicazioni per i vaccini ad mRNA sembrano andare nella direzione dell’immunità sterilizzante, ma non ne siamo ancora veramente certi.
  2. Quale è il grado di protezione che i vaccini produrranno nelle persone più a rischio ed in particolare in coloro che hanno un sistema immunitario molto indebolito? Dobbiamo ricordare infatti che il vaccino “istruisce” il sistema immunitario a riconoscere ed eliminare il virus. Se il sistema immunitario è particolarmente indebolito, non è detto che la risposta indotta dal vaccino sia efficace. Gli studi fatti fino ad oggi hanno riguardato alcune decine di migliaia di volontari, comprendendo anche persone anziane (massimo 85 anni) e/o affette da altre patologie. Si tratta di un numero di soggetti ancora troppo piccolo per poter trarre informazioni affidabili circa la protezione indotta dai vaccini nei soggetti particolarmente “fragili”.
  3. Quanto dura la protezione fornita dagli anticorpi nelle persone che hanno già contratto la Covid-19? Quanto dura la protezione indotta dal vaccino?

A seconda delle risposte che saranno date alle domande precedenti, potrebbe cambiare la strategia da adottare nella somministrazione dei vaccini.

Una priorità su cui tutti sembrano essere d’accordo è quella di proteggere con il vaccino le categorie professionali più esposte al rischio di contagio come, ad esempio, medici, infermieri, altro personale sanitario e delle RSA. Si tratta di categorie professionali che hanno fin qui pagato un duro prezzo in termini di contagi (e anche di decessi) e che sono a diretto contatto con persone particolarmente fragili. Non è detto che vaccinando queste categorie professionali si riesca a “schermare” dal virus ospedali e residenze per anziani. Se il vaccino fornisse una immunità sterilizzante avremmo fatto un enorme passo in avanti, ma al momento non ci sono certezze acquisite.

L’altra categoria che è stata considerata ad elevata priorità è quella delle persone più a rischio rispetto alle possibili complicanze generate dalla Covid-19. In generale si tratta delle persone di età superiore ai 65 anni o persone più giovani affette da specifiche patologie. Si tratta di quelle persone che, oltre a rischiare la vita, hanno una maggiore probabilità di finire negli ospedali, con i ben noti problemi di saturazione delle strutture sanitarie indotti dalle ondate pandemiche. Rimangono dei dubbi sull’efficacia del vaccino per coloro che abbiano un sistema immunitario particolarmente indebolito, ma almeno per la maggior parte delle persone over-65 il vaccino dovrebbe funzionare egregiamente.

Il terzo punto riguarda la questione se sia utile vaccinare chi ha già contratto la Covid-19. Ci sono numerose indicazioni che gli anticorpi generati dalla malattia (quelli che si misurano con i cosiddetti esami sierologici) tendano a calare nell’arco di alcuni mesi. Al momento non sappiamo esattamente quale sia il tempo medio di decadimento degli anticorpi. Sappiamo che i casi di reinfezione sono stati – almeno fino ad oggi – abbastanza contenuti, ma per poter trarre conclusioni affidabili bisognerà attendere ancora almeno 6 mesi. Se ci fosse una forte carenza di vaccini, si potrebbe pensare di somministrare il vaccino a persone che appartengano alle categorie ad elevata priorità e che abbiano già contratto la Covid-19 solo nel caso in cui il loro livello di anticorpi sia sceso sotto ad una determinata soglia.

Come ricordato all’inizio di questo post, taluni suggeriscono una strategia alternativa basata sull’idea di vaccinare con priorità le persone più giovani (che sono quelle poco o nulla esposte alle complicanze della Covid-19, ma che spesso contagiano i più anziani). Queste persone hanno una vita sociale molto intensa e sono spesso i migliori alleati del virus perché, più o meno inconsapevolmente, ne aiutano la circolazione. Questa strategia avrebbe senso solo se ci fosse la certezza che il vaccino dia una immunità sterilizzante, senza dimenticare che poiché la somministrazione del vaccino avverrà solo su base volontaria non è affatto detto che molti giovani accettino di farsi vaccinare. Senza la certezza che il vaccino produca una immunità sterilizzante vaccinare prima i giovani, costituirebbe un inutile spreco dei vaccini.

Rimangono altri problemi come, ad esempio, se sia il caso di programmare eventuali richiami vaccinali dopo la somministrazione delle prime due dosi. Al momento, non abbiamo ancora dati sufficienti per ipotizzare tempi realistici sulla durata della copertura indotta dal vaccino. Alcuni esperti parlano di tempi variabili tra 6 mesi ed 1 anno, ma si tratta di valutazioni che – ovviamente – non hanno ancora potuto essere verificate sulla base di evidenze sperimentali. Senza contare che eventuali significative mutazioni del virus potrebbero comunque richiedere la somministrazione di un richiamo che sia specificamente ottimizzato rispetto al nuovo ceppo virale.

In conclusione, le incognite aperte sono ancora molte. Non possiamo escludere che le attuali priorità di vaccinazione possano cambiare sulla base delle ulteriori conoscenze che saranno acquisite nel corso dei prossimi mesi. Nella speranza che entro l’autunno 2021 possano arrivare dosi di vaccino sufficienti per coprire tutte le effettive necessità.





2 commenti:

  1. Trovo scritto sul sito da Lei consigliato www.infovac.ch/it/vaccinationi/per-le-malattie/coronoavirus-covid-19

    che nella vicina Svizzera l'approccio sembra molto differente dai 202 milioni di dosi previsti per l'Italia.

    +++++++++++++++++++++++++++++++++

    DOMANDA: Ci sarà una campagna di vaccinazione globale senza precedenti nella storia dell'umanità?

    RISPOSTA: No, perché non si tratta di vaccinare l'intera popolazione mondiale, ma solo quella ad alto rischio. Questa rappresenta ancora il 20-30% della popolazione dei nostri Paesi, oltre a coloro che desiderano beneficiare dei vaccini per evitare un COVID-19 benigno ma di lunga durata o con sequele. C'è quindi un grande sforzo organizzativo da fare.

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  2. Al momento, le Autorità sanitarie svizzere ritengono che sia inutile vaccinare i giovani, a meno che non siano impegnati in attività svolte a stretto contatto con persone fragili.

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