Noi italiani siamo sempre affascinati dall’idea della “bellezza” e non ci smentiamo mai, neanche quando ci troviamo nelle situazioni di maggiore difficoltà.
Non sappiamo ancora quando inizierà la somministrazione dei vaccini anti SARS-CoV-2, né quante dosi saranno effettivamente disponibili, ma abbiamo pensato alla costruzione di eleganti strutture da mettere al centro di 1500 piazze italiane dove verranno effettuate le vaccinazioni. Nessuno al mondo ci aveva ancora pensato, accontentandosi di utilizzare - più prosaicamente - centri sportivi ed altri spazi pubblici oggi deserti a causa della pandemia.
L’archistar Stefano Boeri ha già disegnato il logo che servirà a contraddistinguere questi spazi vaccinali: una primula rossa.
Una primula rossa ci salverà dalla pandemia così come la "Primula Rossa" protagonista dell'omonimo film salvava la testa dei nobili francesi dalla ghigliottina. Chissà se Boeri si è ispirato all'opera cinematografica diretta nel 1934 da Harold Young, basata sul romanzo di Emma Orczy. Io quel film non l’ho mai visto, ma per un mio caro zio era stato probabilmente il film più appassionante mai visto in vita sua, tanto che lo citava continuamente.
E se anche l’operazione vaccino anti-Covid dovesse rivelarsi un flop, ci resterà la consolazione di aver dato un ulteriore contributo alla storia del design, con tanto di logo da archistar.
Luciano Casolari - Medico psicoanalista - 18 Dicembre 2020
RispondiEliminaVaccino Covid, i gazebo a forma di primula sono la ciliegina sulla torta. Ma la torta dov’è?
La ciliegina sulla torta piace a tutti noi perché rappresenta qualcosa di esteticamente sfizioso che rende la composizione più gradevole e accattivante. Si tratta di un tocco quasi magico che dona un aspetto visivo gradevole e un significato di elevazione simbolica alla torta, trasformandola in una sorta di opera d’arte. Naturalmente il senso della ciliegina decade se la torta non c’è, oppure non è cotta bene o, peggio, è tutta pasticciata.
Questo elemento simbolico, la ciliegina, mi pare prema molto alla struttura che si occupa dell’emergenza Covid.
In questi giorni si parla sui giornali del gazebo strutturato a primula dove i cittadini andranno per fare il vaccino. Si tratta di un’iniziativa bellissima che nei render trasforma in modo gradevole queste strutture, conferendo un senso simbolico di arrivo della primavera e di una nuova vita che, speriamo, il vaccino ci donerà.
Attenzione, però! Per avere senso, questa ciliegina sulla torta richiede che la torta ci sia, ben cotta e gustosa. Fuor di metafora che i vaccini arrivino, siano ben distribuiti, ci siano le siringhe, i medici, gli infermieri e il personale, oltre che l’organizzazione per inocularli.
Ad esempio i medici di famiglia sono stati addestrati per inviare i pazienti tramite impegnativa? In quali tipologie di patologie e situazioni cliniche occorre prestare attenzione? Le vaccinazioni dove si prenotano? Si prenotano con l’impegnativa del medico? Quali categorie di preciso devono iniziare per prime? Hanno detto genericamente “i sanitari”: ma quali? Strutture pubbliche? O anche private? I dentisti o gli altri medici liberi professionisti? Solo medici e infermieri o anche, come auspicabile, operatori assistenziali, addetti alle pulizie delle strutture? Non si può attendere all’ultimo minuto per ricevere queste informazioni essenziali.
Inoltre come si procederà successivamente? Per categorie: insegnanti, studenti, addetti agli alimentari altro? O per età: prima gli ottantenni poi quelli di 75 poi 70 e così via? Ma soprattutto con quali modalità di reclutamento, tipo avvisi televisivi o avvisi al medico di famiglia come sarebbe auspicabile?
Non vorrei che si facesse come all’inizio dell’autunno quando, dopo una campagna per sensibilizzare le persone a usare il vaccino antinfluenzale, questo non era disponibile.
La cosa peggiore che possa capitare è che ogni regione proceda per conto suo o che addirittura ogni Unità sanitaria locale adotti suoi parametri. Si creerebbe in Italia una babele, con ovvie proteste di questi o quelli discriminati da una parte rispetto all’altra.
Credo che, al più presto, il commissario Arcuri debba dirimere i molti dubbi, se vogliamo che la torta sia buona. E’ stato nominato e ha accettato questo impegno: lavori! Senza demandare ad altri, con rimpallo di competenze.
A quel punto ben venga la ciliegina che, in questo caso, renderà il gazebo “sfizioso”.
Le primule, quest’anno, non sbocceranno.
RispondiEliminaSimone Cosimi – wired.it - 17 febbraio 2021
Il maxi-progetto che avrebbe dovuto contare fino a 3mila padiglioni circolari in tutti i Comuni d’Italia, inquadrato con sospetto fin dai primi vagiti, finirà nello scatolone “cattive abitudini”: quelle di mettere il carro davanti ai buoi.
C’è anzitutto da sperare che quei circa 8 milioni di euro previsti per finanziare le prime 21 strutture iniziali possano essere salvati: la procedura prevista dal bando voluto dal commissario Arcuri si è conclusa raccogliendo le offerte delle aziende interessate. E nonostante il boicottaggio delle Regioni, che non hanno voluto scegliere il loro rappresentante nella commissione di selezione, bisognerà capire se non partiranno cause collegate.
Forse varrà comunque la pena - a titolo simbolico- commissionare 1 primula per capoluogo di Regione o Provincia: qualche struttura in più male non farà. Era la strategia complessiva a non avere alcun senso perché, come in Germania fin dall’inizio e come da noi in questo momento, le somministrazioni di massa dovranno avvenire su binari paralleli: studi dei medici di base e grandi strutture già disponibili e abbandonate o chiuse. Palazzetti, grandi spazi, hangar, caserme e così via.
In ogni caso, di soldi se ne sono già persi: tutto il lavoro messo in questi due mesi su questo fronte, a titolo gratuito o da parte dei collaboratori del commissario, è comunque tempo perso. Quindi, appunto, risorse sprecate.
Quello che lascia abbastanza sorpresi è che fino a neanche un mese fa il progetto proseguiva a gonfie vele: mentre allungava la scadenza del bando-lampo per i progetti esecutivi dal 27 gennaio al 3 febbraio, Arcuri si era infatti messo alla ricerca degli sponsor che coprissero i costi dei padiglioni sotto lo slogan “Adotta una primula”. Secondo i primi conti, costerebbero (o costeranno, non è appunto ancora chiara la loro sorte) 400mila euro l’una.
“La primula sarà il simbolo della campagna di vaccinazione e un simbolo di rinascita – aveva detto il commissario il 13 dicembre – l’immagine fortissima di questi fiori che si stagliano nelle nostre piazze ci lascia ancora più convinti che la luce in fondo al tunnel comincia ad intravedersi. Abbiamo chiesto a medici e infermieri di darci una mano andando a popolare queste primule che saranno nelle piazze dove tutti coloro che vogliono potranno andarsi a vaccinare”.
Un quadro fiabesco che verrà rimpiazzato da un più rapido, e meno costoso, pragmatismo. Perché si passerà, come dovunque, su ciò che già esiste. Nel mondo si sta usando di tutto, per vaccinare: vaporetti lacustri in Svizzera, sambodromi in Brasile, il City Field di New York dove giovano i Mets, Disneyland di Anheim, in California, l’ippodromo Epsom Downs in Inghilterra, gli aeroporti (fra i primi il Changi di Singapore, da pochi giorni anche al Leonardo da Vinci di Fiumicino, nei parcheggi a lunga sosta). E ancora arene, parchi acquatici, strutture militari. A Napoli alla Mostra d’Oltremare e poi alla Stazione Marittima, alla Fagianeria di Capodimonte e al Museo Madre. A Roma la Regione ha appena inaugurato un hub all’Auditorium-Parco della musica: ce ne saranno 6 in tutto il territorio, anche alla nuvola di Massimiliano Fuksas.
Sembra incredibile che in nessun posto del mondo abbiano avuto bisogno delle primule del collega archistar Stefano Boeri. Che ha ovviamente collaborato in buona fede, licenziando un progetto quando in realtà poteva forse servirci un logo e poco di più. Anch’egli è in qualche modo vittima del meccanismo. Dovevano essere il simbolo di una partenza lampo. Sono diventate l’emblema di molti dei nostri vizi nazionali: l’autocelebrazione, l’indugio sul dettaglio estetizzante, l’idea di costruire piani imboccando spesso la strada più arzigogolata e labirintica quando abbiamo miliardi di metri cubi a disposizione dove infilare qualche poltrona, i frigoriferi e un desk per l’accettazione.