venerdì 26 febbraio 2021

Aggiornamento sulla situazione italiana del 26 febbraio 2021

Purtroppo questa settimana è stata caratterizzata da una forte crescita dei contagi che sembra aver rotto quella sorta di "fase di tregua" osservata durante l'ultimo mese e mezzo. Paradossalmente, mentre alcuni politici - di varie parti politiche - si esibivano platealmente per chiedere nuove impossibili aperture, il virus (o meglio dovremmo dire i nuovi ceppi virali ad alta contagiosità) ci ha riportato alla realtà. Ormai la risalita è evidente, anche se era partita molto prima, a lungo nascosta sotto l'apparente plateau di inizio anno.

Partiamo dai dati dei contagi che sono molto chiari:

Andamento dei nuovi contagi in Italia. Durante l'ultima settimana i contagi sono tornati sui livelli di fine 2020. Elaborato su dati della Protezione Civile Nazionale

Sulla risalita in atto dell'indice di trasferimento del contagio vi ho già riferito in recenti post. Anche il dato sulle ospedalizzazioni mostra una evidente inversione di tendenza:

Variazione percentuale della media settimanale dei ricoveri ospedalieri nei reparti Covid (somma di tutti i reparti). Elaborato su dati della Protezione Civile Nazionale

Nel frattempo si è consolidata la percentuale dei ricoverati che devono ricorrere al trattamento di terapia intensiva. Erano poco meno del 10% dei ricoverati, attualmente sono il 10,7%. Notiamo che i ricoveri in terapia intensiva avevano superato la soglia dei 2.000 casi all'inizio dello scorso mese di novembre e, da allora, non sono più scesi sotto tale livello. La curva dei ricoveri in terapia intensiva mostra, nel corso dell'ultima settimana, una chiara tendenza a crescere:

Ricoverati nei reparti Covid di terapia intensiva. Elaborato su dati della Protezione Civile Nazionale

Anche i nuovi ricoveri settimanali nei reparti Covid di terapia intensiva mostrano una preoccupante crescita, particolarmente significativa in Trentino ed in Alto Adige:

Elaborato su dati della Protezione Civile Nazionale

Concludo con il dato legato all'andamento dei contagi nelle RSA del Trentino. Analogamente a quanto si sta osservando in tutto il resto del territorio nazionale, le vaccinazioni degli ospiti delle RSA hanno prodotto un beneficio evidente:

Andamento degli attualmente positivi in Trentino da inizio d'anno ad oggi. I punti rossi si riferiscono agli ospiti delle RSA, mentre i punti blu corrispondono al resto della popolazione

Durante questi primi due mesi del 2021 si è osservato un progressivo e consistente aumento delle persone attualmente positive residenti in Trentino. Parzialmente, il fenomeno è dovuto all'emersione di numerosi positivi che sparivano dalle statistiche ufficiali fino a quando (15 gennaio) non si è incominciato a tener conto di tutti i contagi, inclusi quelli verificati con il solo tampone antigenico.

Nello stesso periodo di tempo, si è osservato un crollo degli attualmente positivi tra gli ospiti delle RSA. Notiamo che nell'ultima settimana il calo degli attualmente positivi nelle RSA sembra essersi arrestato. Ma si tratta di un numero limitato di casi (un decimo di quelli che c'erano lo scorso 1° gennaio) e potrebbero essere dovuti, almeno in parte, a pazienti immunodepressi che possono rimanere virologicamente positivi anche per lunghi periodi di tempo. Il risultato complessivo è molto confortante, soprattutto se si tiene conto dell'aumentata circolazione del virus registrata durante il mese di febbraio nel resto della popolazione.





1 commento:

  1. Perugia, tra mutazioni e poche rianimazioni è andato in tilt il sistema sanitario - “Analisi tardive, così ci siamo fatti trovare impreparati al dilagare delle varianti”
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    Vincenzo Bisbiglia - ilfattoquotidiano.it - 2 Marzo 2021

    La provincia di Perugia (660mila abitanti), poco colpita dalla prima e dalla seconda ondata, è quella dove per la prima volta le mutazioni hanno costretto a chiusure. Ora la situazione dei contagi migliora, ma i reparti restano in difficoltà: Nell’unico ospedale cittadino, il Santa Maria della Misericordia fra gennaio e febbraio si sono sviluppati focolai che hanno portato alla chiusura di interi reparti.

    “Il Sars-Cov-2 ORIGINALE, quello di marzo 2020, a Perugia si è ufficialmente estinto. Ormai ci sono soltanto le varianti”. Marco Cristofori, del Nucleo epidemiologico regionale dell’Umbria, ha emesso la sua sentenza giovedì scorso. La provincia di Perugia, da ieri tornata in zona arancione dopo due settimane di sostanziale lockdown, è stata la prima zona rossa della nuova fase della pandemia, caratterizzata appunto dalle varianti. Qui ormai il Covid-19 parla solo due lingue (straniere): l’inglese e il portoghese-brasiliano.

    Con un’evoluzione dell’epidemia ancora imprevedibile. Nonostante la situazione negli ultimi giorni sia leggermente migliorata, infatti, lunedì 1 marzo si è registrato un ulteriore incremento dei ricoveri, ben 524 – di con 9 ricoveri in più rispetto al giorno prima – dei quali 79 in terapia intensiva, e con 6 deceduti. Il tutto va rapportato in una popolazione totale regionale che assomma a 880 mila abitanti.

    “Bisognava indagare prima le varianti, invece i campioni sono stati inviati allo Spallanzani di Roma con grande ritardo”, riferisce un medico che preferisce rimanere anonimo, per paura di ritorsioni. “Sui campioni di dicembre ci sono tracce di varianti – dice – Ma le analisi sono state richieste solo a fine gennaio. La stalla è stata chiusa quando i buoi erano già scappati”.

    L’accelerazione dei contagi pesa sulle terapie intensive. Alle ore 15 del 25 febbraio, ad esempio, il monitor del Santa Maria di Perugia segnava 28 degenti presenti nei reparti intesivi Covid sui 31 posti a disposizione e in un’altra schermata addirittura 1 solo posto disponibile. Per Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, quella dell’Umbria è “la situazione peggiore d’Italia”.

    Secondo il piano di salvaguardia fase 3 approvato in Giunta regionale – ma non ancora protocollato – da novembre a oggi sono stati aggiunti SOLO 3 POSTI di terapia intensiva in tutta la regione, in totale appena 130 sui 167 previsti. Sulla sinistra dell’ingresso principale al nosocomio, una decina di operai sono al lavoro per montare il cosiddetto Modulo Arcuri, un container da 8 milioni di euro richiesto a inizio febbraio dalla Regione all’ex commissario straordinario. La struttura potrà ospitare almeno 16 terapie intensive e darà un po’ di tregua.

    Che cosa è accaduto? Scelte discutibili, ritardi infrastrutturali e gestione infelice dell’emergenza Covid. Così, mentre si lotta ogni giorno sul filo dei posti in terapia intensiva, il dossier sull’ospedale da campo - costato 4,5 milioni di euro E ANCORA INUTILIZZATO - è finito sulla scrivania della Procura di Perugia e della Corte dei Conti umbra. Il cosiddetto “Ospedale da campo”, allestito alle spalle del Santa Maria della Misericordia e, a quasi un anno dall’annuncio della governatrice Donatella Tesei – il 7 aprile 2020 – fin qui non ancora attivato. La struttura è composta da 10 posti di terapia a bassa intensità, 16 di terapia sub-intensiva e 12 posti di terapia intensiva. Annunciato ad aprile, l’ospedale doveva essere pronto a settembre… ma l’ospedale è ancora vuoto e privo dei macchinari di terapia intensiva.

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