La stampa nazionale ha dato molto risalto ad uno studio pubblicato da ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) nel quale si sostiene che l'Italia sia il fanalino di coda nella somministrazione del vaccino anti Covid ai cittadini di ottanta e più anni. Il grafico pubblicato da ISPI è il seguente:
Percentuale della popolazione di 80 o più anni che ha già ricevuto almeno una dose vaccinale in alcuni Paesi europei. Il dato italiano è quello mostrato con la colonna arancione. Aggiornato al 14 febbraio. Tratto da ISPI |
Il grafico ISPI si riferisce allo scorso 14 febbraio ed è stato elaborato combinando dati ECDC, integrati dai dati nazionali di Italia e Germania. Il dato italiano (barra arancione) è molto basso.
Nel frattempo ECDC ha aggiornato i suoi dati al 21 febbraio. I nuovi dati ECDC confermano l'esistenza di fortissime variazioni nella percentuale di vaccini somministrati in base all'età delle persone:
Distribuzione per classi d'età della popolazione che ha ricevuto almeno una dose vaccinale in alcuni Paesi europei (l'Italia non c'è perché non ha fornito i dati ad ECDC). Aggiornato al 21 febbraio 2021. Tratto da ECDC |
Notiamo che alcuni Paesi di dimensioni medio-piccole come Cipro, Malta e Norvegia stanno procedendo molto speditamente e lo scorso 21 febbraio avevano somministrato almeno una dose vaccinale a più del 50% della popolazione di 80 o più anni. Il dato italiano non c'è perché, come ho scritto nella didascalia della figura, l'Italia non ha fornito a ECDC i dati relativi alla distribuzione d'età dei vaccinati.
Se andiamo a vedere il sito italiano https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/, oggi 28 febbraio risulta che le persone di 80 o più anni abbiano ricevuto circa 913.000 dosi su un totale di circa 4.250.000 dosi vaccinali fin qui somministrate. In percentuale, siamo a circa il 21% di tutte le dosi somministrate. Le persone di 80 o più anni che hanno ricevuto almeno una dose sono, ad oggi, 775.758
Complessivamente gli italiani di età uguale o superiore a 80 anni sono
circa 4,4 milioni. La percentuale di persone che ha ricevuto almeno una
dose vaccinale oggi risulta essere pari a poco meno del 18%. Certamente molto
di più rispetto al 6% stimato da ISPI due settimane fa, ma ancora
inferiore rispetto alla mediana del dato europeo che, secondo ECDC, una settimana fa era pari al 25% e, nel frattempo, probabilmente è aumentata.
Forse abbiamo usato troppe dosi vaccinali per gli "amici degli amici" o per i burocrati della Sanità. Anche questo dato ci conferma che la campagna vaccinale in Italia presenta ampi margini di miglioramento.
Vaccini, chi ha già ricevuto le somministrazioni? - Il giallo delle 800 mila dosi in più (distribuite agli uffici e non agli anziani)
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Federico Fubini e Simona Ravizza - corriere.it - 25 febbraio 2021
I Paesi europei contano 2 mesi esatti dall’inizio della campagna vaccinale più complessa della loro storia. E pur nel ritardo complessivo di tutto il continente, non è andata nello stesso modo per tutti. L’Italia nelle prime tre settimane è partita più veloce della media europea, ma da allora ha iniziato a rimanere un po’ indietro. La Francia è partita piano, mentre dalla terza settimana ha recuperato. Oggi Italia e Francia viaggiano quasi appaiate intorno al 6% della popolazione.
Questi dati non rispondono però a una domanda essenziale, legata alla capacità della Covid-19 di discriminare in base all’anno di nascita dei contagiati: chi ha già ricevuto le somministrazioni? Saperlo è utile, perché in Italia l’86% delle vittime del virus aveva 70 anni o oltre. Quante dosi sono state date agli anziani, visto che il Paese anche di recente ha continuato a perderne oltre 10 mila al mese? E quante ai giovani?
In Italia il piano del Ministero della Salute del 12 dicembre 2020 ha teso a proteggere prima di tutto il «personale socio-sanitario» definito «in prima linea», a prescindere dall’età degli addetti. L’intenzione era di fare tutto perché il sistema sanitario continuasse a funzionare e di intervenire su coloro che possono diffondere più facilmente il virus (per esempio, un infermiere ventenne asintomatico, ma contagioso, che gira in corsia fra degenti anziani).
In Francia invece un comitato di esperti della Haute Autorité de Santé ha raccomandato di dare priorità alle persone di oltre 75 anni, poi a quelle di oltre 65 anni e IN TERZO LUOGO ai professionisti del settore sanitario o socio-sanitario «di almeno 50 anni» o a rischio per altri motivi (elencando 60 studi scientifici a supporto del proprio parere).
Lo squilibrio nella distribuzione dei vaccini in Italia per ora è davvero importante. I settantenni (70-79 anni) in Italia hanno ricevuto appena il 3,7% delle dosi anche se sono il 10% della popolazione e 1 su 10 fra loro, se contagiato, muore. Quanto agli ottantenni, fra i quali i decessi avvengono in 2 casi di contagio su 10, a lunedì avevano avuto molte meno dosi dei trentenni (che pure muoiono in 6 casi su 1000).
Il giallo delle dosi in più al «personale sanitario» >> Bisogna dunque chiedersi se qualcosa è andato storto. Perché sia i dati sia le testimonianze dal mondo ospedaliero lo fanno pensare. Non è chiaro ad esempio perché il «personale socio-sanitario» abbia ricevuto a ieri 2,25 milioni di dosi, quando in base ai dati ufficiali ISTAT l’intero personale sanitario italiano pubblico e privato (medici generici e specializzati, infermieri, odontoiatri, ostetriche, farmacisti) risulta di 725 mila persone.
Per vaccinarle tutte con doppia iniezione - come sarebbe stato comprensibile - bastavano 1,45 milioni di dosi. Invece questo gruppo sociale «socio-sanitario» ne ha assorbite 800 mila in più: numero quasi uguale a quello degli anziani italiani protetti in meno rispetto ai loro coetanei francesi.
Dove sono finite quelle 800 mila dosi «svanite»? Non certo o non tutte a personale «in prima linea» come da piano strategico del Ministero. In parte, sembrano andati agli iscritti di un certo numero di ordini professionali collegati più o meno direttamente al mondo sanitario (anche solo ai laboratori di ricerca), oppure iscritti agli ordini ma in pensione, oppure a parte dei circa 350 mila addetti amministrativi della sanità pubblica o privata.
Una volta stabilita la connessione sociale o professionale, i criteri d’accesso per chi faceva parte degli «insider» di alcuni gruppi sono diventati straordinariamente elastici. In una certa logica molto italiana (e molto iniqua) a tanti, a troppi è diventato impossibile dire di no. E gli anziani più fragili possono attendere: loro qui, in fondo, sono «outsider».
Che io sappia, in Friuli V.G. ad inizio febbraio vaccinavano anche gli psicologi quarantenni.
RispondiEliminaA me piacerebbe sapere anche chi siano gli 820000 circa vaccinati della categoria "personale non sanitario" (dati ufficiali dal sito del governo)... Non sono operatori sanitari, non sono ospiti o personale RSA, non sono over 80, personale scolastico o personale delle forze armate... Quindi? Magari c'è un motivo se queste persone hanno già ricevuto almeno una dose di vaccino, ma non mi è chiaro.
RispondiEliminaPurtroppo non lo sappiamo.
EliminaA questo aggiungerei che sotto la voce "personale sanitario" spesso sono stati inseriti molti burocrati della Sanità pubblica e privata che corrono rischi del tutto simili a tutti gli altri burocrati di qualsiasi altra amministrazione, ma non sono mai stati a contatto con i pazienti.
AstraZeneca, 3 fiale su 4 restano in frigorifero: ecco perché le Regioni non riescono a utilizzarle
RispondiEliminaAlessandra Ziniti – repubblica.it - 05 marzo 2021
Su 1 milione e 500mila dosi consegnate nell'ultimo mese ne sono state somministrate solo 375mila. In molte Regioni mancano gli elenchi delle persone che rientrano tra gli aventi diritto ed è impossibile prenotarsi. E gli accordi con i medici di famiglia mancano quasi ovunque.
Non sono i luoghi di vaccinazione che mancano né (ancora) i medici e gli infermieri: è la disorganizzazione di quasi tutte le Regioni / PPAA e la mancanza di un criterio unico e inderogabile nelle priorità delle categorie da immunizzare.
Questo che fa sì che i frigoriferi delle aziende sanitarie locali di tutta Italia siano pieni, da settimane, di fiale di vaccino di AstraZeneca, quello che - al momento - può essere somministrato a persone sotto i 65 anni anche se ieri il Ministro della Salute Speranza ha chiesto all'AIFA di valutare l'estensione anche ai più anziani. Secondo le indicazioni date dal Ministero della Salute, con AstraZeneca avrebbero dovuto essere vaccinati in via prioritaria forze dell'ordine e personale della scuola, ma - ad un mese dall'arrivo delle fiale - hanno ricevuto la prima dose solo 277.245 tra insegnanti e personale scolastico e 97.149 appartenenti delle forze dell'ordine. Pochissimi.
Perché questa impasse? In molte Regioni mancano ancora o hanno tardato ad arrivare gli elenchi delle persone che - stando a queste indicazioni - rientrerebbero tra le priorità. A complicare le cose è stato poi anche il cambio di indicazioni sull'età: prima solo agli under 55, poi esteso fino ai 65. Dunque, senza elenchi degli aventi diritto impossibile anche solo prenotarsi. Sono solo 6 le Regioni italiane che si appoggiano alla piattaforma unica nazionale messa a disposizione da Poste italiane e che accetta le prenotazioni solo da utenti i cui requisiti sono riconosciuti quando i loro nomi sono inseriti dalle regioni nei database. In assenza dei loro dati, niente prenotazione e niente vaccino. In Lombardia, tanto per fare un esempio, la vaccinazione del personale scolastico non è neanche cominciata.
A rallentare ulteriormente la somministrazione di AstraZeneca la mancanza di accordi regionali con i medici di famiglia. L'accordo quadro firmato da Speranza non è sufficiente e nella più parte d'Italia i medici di base non hanno ancora neanche idea di “come”, “quando” e “se” cominciare. Negli hub aperti nei capoluoghi di provincia poi confluiscono spesso anche gli appartenenti delle forze dell'ordine che potrebbero più facilmente essere vaccinati dai medici dei corpi di appartenenza nelle caserme invece di ingolfare le strutture su cui confluisce il personale della scuola e delle università e gli over 80, categoria quest'ultima nella quale è stato vaccinato solo un anziano su 4 con Pfizer e Moderna.
E poi c'è la sconcertante corsa allo scavalco delle categorie che rivendicano una priorità, a cominciare dalla Sicilia: avvocati, magistrati, persino i deputati regionali e il personale degli uffici che PRETENDONO di essere vaccinati, mentre ancora le persone fragili e con gravi patologie attendono di sapere quando sarà il loro turno.
Solo il Lazio, dove invece i medici di base hanno già cominciato a vaccinare, procede spedito con il criterio dell'età: da lunedì iniezioni anche agli over 70 e prenotazioni aperte anche per i vulnerabili.