martedì 23 febbraio 2021

Ha senso parlare di "sovranismo vaccinale"?

Abbandonata (almeno per il momento) la battaglia no-Euro, i sovranisti nostrani si sono velocemente riposizionati sull’idea del “sovranismo vaccinale”. L’idea sarebbe quella di predisporre, in tempi brevi, un sistema di produzione tutto italiano che assicuri al nostro Paese una fonte certa e stabile del prezioso vaccino anti-Covid. Trovo interessante anche l’inedita alleanza che si è venuta a creare tra posizioni diametralmente opposte dello schieramento politico: tra i sostenitori della produzione autoctona, ci sono anche i nemici giurati delle cosiddette Big Pharma, coloro che sostengono l’opportunità di violare i brevetti che limitano la diffusione dei farmaci, soprattutto quando questi brevetti incidono pesantemente sulla qualità della vita nelle parti più povere del mondo.

Prima di farci trascinare in discussioni di carattere ideologico, forse sarà bene cercare di capire quali siano le reali dimensioni del problema e, soprattutto, quale potrebbe essere l’approccio più razionale da seguire nel corso dei prossimi mesi.

Partirei senz’altro dal dimensionamento del problema da un punto di vista strettamente finanziario. Il mercato mondiale dei vaccini (tutti i vaccini) prima dell’era Covid era stimato intorno ai 50 miliardi di dollari (dato 2019). Per quanto riguarda il mercato specifico dei vaccini per la Covid-19 ho letto stime dell’ordine di 60 miliardi di dollari. Si tratta di un conto assolutamente “spannometrico”: calcolando di somministrare due dosi a circa 5 miliardi di persone (70% circa della attuale popolazione mondiale), al costo medio di 6 dollari a dose, si ottiene esattamente quella cifra. Lo stesso conto grossolano, applicato alla sola Italia, porta ad una stima di circa 500 milioni di Euro (più o meno quanto ha speso l'Italia per banchi a rotelle (119 milioni), mini banchi singoli (199 milioni), biciclette, anche a pedalata assistita, monopattini, hoverboard, segway (35 milioni nel 2020 e altri 100 nel 2021) oltre a 8,5 milioni per le 21 primule “sopravvissute”. Totale: 461,5 milioni).

Il costo di una dose varia moltissimo a seconda del tipo di vaccino e nel caso di un vaccino ad mRNA è circa doppio rispetto al costo medio considerato. Ma parliamo dei costi attuali, nella fase iniziale della distribuzione su ampia scala, quando i vaccini autorizzati sono ancora pochi e non c’è praticamente concorrenza. L’arrivo di nuovi produttori e le economie di scala faranno certamente scendere i prezzi nel corso dei prossimi mesi.

Possiamo quindi assumere che la stima di 60 miliardi di dollari per il mercato globale dei vaccini anti-Covid rappresenti un limite superiore difficilmente superabile. Sarebbe comunque una cifra che da sola è maggiore del mercato mondiale di tutti i vaccini nel 2019. Raddoppiare il fatturato, significa - molto brutalmente - raddoppiare gli impianti produttivi ed il numero degli addetti. Questo ci fa intuire quali siano le difficoltà da superare per produrre una quantità adeguata di vaccini.  

Non si tratta di un problema finanziario: 60 miliardi di dollari sono i danni che alcuni settori dell’economia (ad esempio il turismo) hanno subito in Paesi come Italia e Francia. La sola Italia nel corso del 2020 ha speso una cifra quasi doppia per cercare di sostenere il sistema economico messo in ginocchio dalla pandemia. Se fosse solo una questione di soldi, i problemi potrebbero essere prontamente risolti.

Anche il tema delle royalty che eventualmente dovremmo pagare per produrre i vaccini su licenza non è – di per sé – così grave. Anche senza ricorrere a forme di “esproprio”, il nostro Paese è abbastanza ricco per pagare per l’uso di specifiche licenze, sulla base di un accordo equo negoziato con le Aziende che detengono il know-how per la produzione dei vaccini. Anche perché produrre un vaccino è una operazione tecnologicamente complessa e se non c’è un adeguato trasferimento di conoscenze da parte di chi le possiede, rischieremmo di perdere un sacco di tempo prezioso prima di arrivare a mettere in piedi un efficace sistema di produzione.

Supponendo di avere il denaro e le conoscenze tecnologiche necessarie, dovremmo poi preoccuparci di avviare il sistema produttivo. E "qui casca l’asino” perché produrre un vaccino richiede attrezzature sofisticate, personale altamente specializzato e tempi tecnici ben definiti. Un vaccino è “una cosa viva” e segue delle procedure di preparazione molto severe. Chi si illudesse di saltare i tempi, rischierebbe di produrre un vaccino inefficace o contenente impurezze che potrebbero generare reazioni avverse importanti. Tra l’altro la filiera di produzione di un vaccino è solitamente così complessa da richiedere il passaggio attraverso diversi impianti produttivi, non sempre localizzati uno in prossimità dell’altro.

L’Italia parte comunque da una posizione avvantaggiata perché è già un importante produttore di vaccini, ma non possiamo neppure pensare di smettere di produrre gli altri vaccini (che ovviamente servono ancora) per riconvertire il sistema produttivo italiano nella produzione massiccia di vaccini anti-Covid.

In conclusione, ci sono le condizioni per avviare un serio programma dimensionato a livello europeo, nel cui ambito l’Italia potrebbe svolgere un ruolo molto significativo. Sfruttando il meglio delle competenze disponibili a livello europeo, si potrebbe mettere insieme una importante filiera industriale che potrebbe assicurare all’Europa una adeguata capacità produttiva e potrebbe fornire i vaccini anche ad altri Paesi meno fortunati che – dopo tante promesse a vuoto e chiacchiere fumose – vedrebbero un intervento europeo concreto ed efficace. Questo dovrebbe far felici anche i sovranisti nostrani considerato che finalmente "li aiuteremmo a casa loro".

Perché – ricordiamolo – questa è una pandemia, il processo più globale che possiamo immaginare. E dalla pandemia o usciamo tutti, oppure prima o poi la pandemia ritorna.

Qui potete trovare un interessante approfondimento sul tema della produzione dei vaccini anti-Covid.

2 commenti:

  1. La Korea del Sud non ha vaccinato ancora nessuno dei suoi cittadini, i attesa di produrne una buona quantità da sé, come ha fatto con le mascherine. Nel frattempo, sta tenendo ben controllata la pandemia, non con difese individuali, come il vaccino, ma con difese collettive e la vita e l'economia corrono quasi normali.

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  2. Roberto De Vogli, Professore, Università di Padova – ilfattoquotidiano.it - 23 Febbraio 2021
    L’accesso universale ai vaccini è una necessità: basta ‘vaccinazionalismi’

    Per contenere la pandemia Covid-19 è necessaria una strategia di salute globale coordinata da organizzazioni internazionali come l’OMS e i governi nazionali. Tuttavia, lo sviluppo e l’autorizzazione dei vaccini, invece di promuovere la cooperazione internazionale, ha innescato una frenetica competizione all’accaparramento delle dosi, con i Paesi ricchi a dominare la scena.

    Uno studio del Centro per la Salute Globale della Duke University ha stimato che le nazioni a basso reddito dell’Africa sub-sahariana rischiano di non riuscire a vaccinarsi prima del 2024 se i Paesi ricchi persistono nel loro “vaccinazionalismo.”

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/23/laccesso-universale-ai-vaccini-e-una-necessita-basta-vaccinazionalismi/6110701/

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