martedì 27 ottobre 2020

Aggiornamento sui ricoveri: la coperta incomincia a diventare troppo corta

Oggi dall'Alto Adige arrivano tre notizie: a) è stato deciso di ridurre del 30% le prestazioni non urgenti dei reparti non-Covid degli ospedali, b) i tamponi d'ora in avanti si faranno solo ai sintomatici, rinunciando quindi a qualsiasi tentativo di tracciare i contagi e c) è stato avviato un piano straordinario di controlli per cercare di fermare il virus prima che dilaghi nelle RSA, una sorta di Linea Maginot per evitare che anche il numero dei decessi schizzi verso l'alto. Non siamo tornati a marzo, ma ci sono tutte le premesse per tornarci.

Intanto il Presidente Kompactscher, volendo riaffermare che "Südtirol ist nicht Italien" si affanna ad annacquare il già blando DPCM nazionale, facendo finta di ignorare che l'Alto Adige è una delle zone d'Italia dove il virus si sta espandendo con maggiore velocità.

Ma a parte Alto Adige e Valle D'Aosta che in questo momento presentano le situazioni più critiche, tutto il resto dello Stivale non se la passa troppo bene e condivide una tendenza di progressivo forte peggioramento. Sono svanite molte promesse sull'organizzazione di una Medicina territoriale che avrebbe consentito di trattare i pazienti meno gravi a casa e non ci resta che contare il numero dei ricoveri ospedalieri. Senza dimenticare che, a differenza di quanto accadeva durante lo scorso marzo, oggi il virus morde su tutto il territorio nazionale e quindi viene a mancare anche la possibilità che i territori meno colpiti possano aiutare quelli che si trovano nelle situazioni più critiche.

Passiamo ora ai dati: rimane attestato intorno al 6% il rapporto tra le persone ricoverate e gli attualmente positivi. Ricordiamo che, almeno per i casi meno gravi, i tempi di ricovero possono essere limitati a non più di una settimana (molto meno del tempo medio durante il quale un paziente rimane virologicamente positivo). Questo significa che la frazione di persone contagiate che vengono ricoverate è senz'altro superiore al 6%. Di quanto superiore - sulla base di dati pubblicati - non sono in grado di dirvelo.




Notate che le tre curve hanno sostanzialmente la stessa forma, con i minimi estivi che ormai si confondono con lo zero dell'asse verticale. Si nota anche il cambio di regime che si è verificato a fine settembre, imprimendo una forte accelerazione a tutti i parametri considerati. 

Il numero dei ricoveri nei reparti ordinari è un indicatore di non immediata interpretazione. I criteri adottati nelle diverse realtà regionali per decidere se trattare i pazienti meno gravi a casa o in ambiente ospedaliero potrebbero essere diversi e cambiare nel tempo. Quando parliamo di terapie intensive entrano in gioco parametri clinici abbastanza ben definiti ed il dato dei posti occupati è senz'altro più significativo (anche se a volte c'è una certa ambiguità tra ciò che si intende per intensivo o semi-intensivo). Attualmente i malati Covid occupano circa il 20% del numero di posti di terapia intensiva (Covid e non Covid) disponibili in Italia. Sappiamo che è possibile aumentare ulteriormente i posti disponibili, ma non è solo una questione di spazi e attrezzature mediche. Il tempo della corsa disperata ai ventilatori polmonari è storia passata, ma una volta che si aumentano i posti in terapia intensiva serve anche il personale per renderli operativi. Fatalmente si dovrà togliere personale da altri reparti intaccando la funzionalità complessiva degli ospedali.

Il dilemma che rischiamo di trovarci davanti ancora per molti mesi sarà: "Curiamo i pazienti Covid o curiamo gli altri malati?". E parliamo di malati gravi non di cure che possono essere facilmente rinviate di sei mesi o un anno.

Chi sostiene che bisognerebbe lasciare che la Natura faccia il suo corso e preoccuparsi solo dell'economia dovrebbe essere consapevole del problema. Con un ulteriore aumento dei contagi, la richiesta di ricoveri Covid diventerebbe insostenibile e molti pazienti Covid dovrebbero essere lasciati nelle RSA o nelle loro abitazioni private senza ricevere alcuna cura. 

Confesso che - per motivi anagrafici - il mio pensiero è di parte, ma personalmente preferirei sperare di accedere, ove necessario, alle migliori cure senza togliere tale possibilità ad altri malati.


1 commento:

  1. Relativamente alla problematica delle terapie intensive ho trovato molto efficace questo intervento della biologa Barbara Gallavotti su La7 durante la trasmissione Dimartedí di ieri sera. Credo sia un bell’esempio di comunicazione al grande pubblico del perché bisogna agire subito. Peccato non la facciano andare in onda durante i telegiornali, il messaggio arriverebbe ad un pubblico piú esteso e forse ce ne sarebbe bisogno.

    https://www.la7.it/dimartedi/video/la-biologa-barbara-gallavotti-sul-covid-lesempio-del-lago-e-delle-ninfee-27-10-2020-347029

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