domenica 11 ottobre 2020

Nuovi farmaci e cellule fetali: una questione complessa

L'utilizzo del cocktail di anticorpi sperimentali Regeneron per curare il Presidente Trump ha scatenato negli Stati Uniti una vasta polemica, amplificata dal particolare momento legato alle imminenti elezioni presidenziali.

Tutto è partito da un report del prestigioso MIT nel quale si è fatto notare che durante lo sviluppo del farmaco sono state utilizzate cellule della famiglia HEK293T. Tali cellule sono state originariamente prodotte utilizzando cellule renali fetali provenienti da un aborto effettuato in Olanda negli anni 70 e sono state rese "immortali" tramite tecniche di riproduzione in laboratorio. L'utilizzo di materiale fetale per produrre linee cellulari è una pratica molto diffusa anche se recentemente, proprio negli Stati Uniti, è stata fortemente limitata a causa di un preciso intervento dell'amministrazione Trump. Da qui la polemica: "Se è una pratica inaccettabile, perché Trump ha accettato di essere curato con un farmaco sviluppato utilizzando anche questo tipo di cellule?" Da notare che anche per lo sviluppo dell'antivirale Remdesivir e di almeno due dei vaccini anti Covid-19 attualmente in sperimentazione si è fatto uso di linee cellulari di origine fetale.

La risposta secondo cui il problema non si porrebbe perché la famiglia di cellule 293T è ormai un prodotto di laboratorio da quasi mezzo secolo non cambia – secondo me – la sostanza del problema. Senza il materiale fetale originale, le cellule 293T non si sarebbero potute creare (almeno con le tecniche disponibili negli anni ‘70).

L'argomento dell'aborto è – a mio parere – estremamente delicato e riguarda la coscienza di tutti, aldilà delle idee politiche e del credo religioso. Anche se il dibattito avvenuto in USA è legato in modo contingente al particolare momento politico, la questione non è banale.

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