L'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato l'aggiornamento al 4 ottobre della sua analisi relativa ai pazienti deceduti positivi all'infezione di SARS-CoV-2 in Italia. In realtà nel documento disponibile in rete l'ultimo dato considerato si riferisce al 7 settembre. Francamente non ho capito se ciò sia dovuto ai tempi di elaborazione del documento.
L'analisi ISS considera tutti i pazienti deceduti dopo essere risultati positivi al tampone. Dall'analisi sono quindi esclusi coloro che erano certamente positivi al SARS-CoV-2 (ad esempio con TAC che mostrava la tipica polmonite interstiziale), ma non erano stati sopposti a tampone. La differenza poteva essere significativa nella fase acuta dell'epidemia a marzo-aprile, quando di tamponi se ne facevano veramente pochi. Inoltre l'analisi considera, nel calcolo dei parametri, i dati complessivi e quindi i risultati sono statisticamente dominati da ciò che avveniva a marzo-aprile quando i decessi erano molto più frequenti. Questo ci impedisce di capire se ci siano differenze sostanziali tra quanto avveniva a marzo-aprile e ciò che accade oggi.
Ciò premesso, è comunque interessante ricordare che la mediana dell'età delle persone decedute è di 82 anni, contro i 58 anni che corrispondono alla mediana dell'età delle persone contagiate (sempre guardando ai dati complessivi, come ricordato sopra). Il tempo mediano che passa tra l'insorgenza dei sintomi ed il decesso è di 12 giorni, con un tempo mediano di 5 giorni tra insorgenza dei sintomi e ricovero ed altri 7 giorni (sempre come tempo mediano) tra ricoveri e decessi. Dall'analisi ISS risulta che poco meno del 60% delle persone decedute sia stata trattata con un antivirale (ma non specifica quanti abbiano ricevuto il Remdesivir, l'unico antivirale per il quale è stata accertata una certa efficacia) e che la terapia steroidea (che riduce la mortalità sensibilmente in alcuni tipi di casi) è stata somministrata al 42% circa delle persone decedute. Va ricordato che queste terapie non erano disponibili su scala ampia all'inizio della pandemia. A marzo-aprile sono state tentate diverse terapie seguendo il cosiddetto "approccio compassionevole", alcune senza ottenere alcun risultato positivo. Solo successivamente è stato possibile affinare i protocolli di cura, ottenendo sia un miglioramento della probabilità di guarigione che una riduzione dei tempi di ospedalizzazione.
L'unico dato per il quale è disponibile una analisi in funzione del tempo è quello relativo all'età media dei decessi (vedi figura sotto) per la quale, aldilà di una certa volatilità statistica, non si colgono cambiamenti di rilievo.
Tratto dal rapporto ISS |
Sarebbe interessante, ad esempio, se una analisi simile fosse estesa al tempo mediano che intercorre tra la comparsa dei sintomi ed il decesso. Una analisi dettagliata su base mensile potrebbe fornirci informazioni utili anche per sviluppare modelli previsionali che abbiano un minimo di senso.
In questo momento di grande crescita della circolazione del virus, analizzare bene tutti i dati fin qui disponibili può aiutarci a gestire al meglio i difficili mesi che abbiamo davanti a noi.
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