Il quotidiano La Stampa oggi pubblica con un certo rilievo un articolo in cui riferisce dei criteri stabiliti in Svizzera per selezionare le persone più anziane da ammettere in terapia intensiva nel caso in cui si verifichi una carenza di posti a causa della pandemia di Covid-19. L'articolo è stato ripreso e rilanciato da quasi tutti i quotidiani ed i siti di informazione italiani. In realtà il documento a cui fa riferimento l'articolo pubblicato da La Stampa non è di questi giorni, ma risale allo scorso marzo. Di fronte al recente aumento dei contagi che ha pesantemente colpito anche la Svizzera il documento è stato semplicemente riportato all'attenzione degli operatori sanitari svizzeri.
Nel documento - che si caratterizza per la ben nota precisione svizzera - sono elencati i criteri di ammissione alla rianimazione cardiopolmonare, anche se viene specificato che la scelta finale spetta sempre al medico e quindi i criteri elencati nel documento vanno intesi come linee guida atte a garantire uniformità di trattamento in tutti i diversi Cantoni in cui è suddivisa la Confederazione Svizzera. L'età del paziente è uno dei parametri considerati, ma non è l'unico perché vengono identificate anche alcune patologie la cui eventuale presenza deve essere considerate al momento della decisione. Viene chiaramente specificato che non ci devono essere discriminazioni legate a sesso, religione, razza o ampiezza della copertura assicurata garantita dalla polizza sanitaria del paziente.
Non sono un medico e non sono quindi in grado di esprimere un parere di merito sulle valutazioni di tipo clinico che le Autorità sanitarie svizzere hanno indicato nel loro documento. Mi sembra comunque che un documento di questo tipo vada considerato come un elemento di trasparenza per decisioni che non sono affatto facili.
A marzo - soprattutto in Lombardia - è successo che un certo numero di pazienti non abbia potuto ricevere il trattamento di terapia intensiva a causa della gravissima carenza di posti. I medici si sono trovati soli a prendere decisioni pesantissime, dando la priorità a chi aveva maggiori probabilità di sopravvivenza. Nel frattempo, le Autorità sanitarie proclamavano che a nessuno erano state negate le cure necessarie. La questione ormai è oggetto di valutazioni da parte della Magistratura ed è inutile discuterne in questa sede.
Guardando al futuro, credo che l'approccio svizzero sia più corretto e rispettoso dei diritti del paziente. Stabilire criteri certi e validi per tutti può aiutare i medici a prendere le loro difficili decisioni, sperando comunque di non dover mai arrivare a momenti così drammatici.
Nessun commento:
Posta un commento