sabato 9 gennaio 2021

Mandiamo l'indice Rt regionale in soffitta?

Secondo quanto riportato dall'Agenzia ANSA, il Governo nazionale si appresterebbe a modificare sostanzialmente i criteri per l'assegnazione dei livelli di rischio delle Regioni/PPAA. Basta con il rilievo dato al farraginoso sistema basato sui 21 parametri ed al calcolo dell'indice Rt regionale, basato su dati non verificati e facilmente alterabili. 

Che il sistema tanto strombazzato come "unico in Europa" (ovvio, nessuno copia le cose che non hanno consistenza scientifica!) facesse acqua da tutte le parti lo dimostra il caso del Veneto, rimasto sempre in zona gialla malgrado il crescente livello di circolazione del virus. Anche il Trentino sarebbe un esempio da approfondire: quando un sistema di controllo è inutilmente complesso è piuttosto facile trovare dei metodi per aggirarlo e apparire quasi Covid-free pur avendo più o meno la stessa circolazione virale del Veneto.

In analogia a quanto fanno gli altri Paesi europei - a cominciare dalla Germania - il CTS ha proposto di considerare la circolazione del virus come l'elemento fondamentale da cui partire per le valutazioni di rischio. In effetti, è l'unico parametro che ha veramente senso perché da esso derivano tutti gli altri, inclusi i ricoveri ed i decessi.

La soglia per entrare in zona rossa sarebbe stata fissata a 250 nuovi contagi settimanali per ogni 100.000 abitanti. Praticamente la soglia che il Trentino ha abbondantemente superato (nei dati reali) durante gli ultimi due mesi, rimanendo comunque in zona gialla grazie alle tattiche elusive adottate dalla Provincia, con le conseguenze sul fronte sanitario e dei decessi che tutti abbiamo potuto osservare.

Sul lato opposto, il livello di 50 nuovi contagi settimanali per ogni 100.000 abitanti verrebbe considerato come soglia massima di contagi oltre la quale scattano le prime limitazioni. Sotto questo livello sarebbe possibile tenere aperte tutte le attività, sia pure con l'adozione delle consuete misure di prevenzione (mascherine e distanze). 

Queste nuove regole dovrebbero essere mantenute nel corso dei prossimi mesi, almeno fino a quando non saremo riusciti a somministrare un numero abbastanza alto di vaccini.

Speriamo che questa volta il Ministro Speranza vada fino in fondo e la smetta di rinviare sine die le decisioni. E speriamo anche che i contagi li contino davvero (sia dai tamponi molecolari che da quelli antigenici) e che venga finalmente messa fine alle tattiche spregiudicate di chi i contagi continua a nasconderli sotto al tappeto. 

Mi rendo conto che chiedere quanti siano i veri contagi ai Presidenti di certe Regioni/PPAA equivalga a "chiedere all'oste se il vino è buono". Ma se non ci decidiamo ad affrontare la pandemia con la serietà necessaria, non faremo altro che peggiorare la situazione, aumentando sia i danni sanitari che quelli economici.

9 commenti:

  1. Se uscirà il criterio dei 250 casi settimanali per 100.000 abitanti alcune Regioni troveranno il modo di abbassare il numero dei tamponi eseguendo solo quelli indispensabili in presenza di persone sintomatiche o con forte sospetto di contagio. Poi, mi si consenta la battuta, qualcuno pianificherà screening ricercando persone preferibilmente single, possibilmente non troppo vecchie e poco amanti della vita sociale in modo da avere la quasi certezza di avere test negativi in un numero adeguato.
    Al momento faccio fatica ad intravedere una soluzione per scongiurare il pericolo di comportamenti scorretti da parte di qualche Regione sia in fase di pianificazione dei test che di successiva trasmissione dei dati. Forse l'eventuale criterio per l'adozione di misure più restrittive dovrebbe comunque tener conto almeno del numero dei tamponi eseguiti dalle Regioni settimanalmente su 100.000 abitanti al fine di premiare chi ha un comportamento efficiente e responsabile.

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    1. Come dicevo nel post è come "chiedere all'oste se il vino è buono".

      Tuttavia SE SI VUOLE si possono fare esami di consistenza dei dati. In particolare, basta vedere la distribuzione per età dei contagiati e la frazione di asintomatici. Siccome le persone anziane sono quelle che hanno maggiore probabilità di avere sintomi gravi e di arrivare in ospedale, se nei dati ci sono troppi anziani vuol dire semplicemente che i positivi più giovani non vengono cercati (oppure vengono controllati solo con gli antigenici e poi "dimenticati").

      Insomma, ci sono vari modi per cercare di truccare i dati, ma SE SI VUOLE si può facilmente scoprire chi mente.

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  2. Coronavirus e scuola, la proposta di Crisanti: "Ecco la mia idea per decidere se riaprire le scuole"
    09 Gennaio 2021 – roma.repubblica.it

    Un'indagine completa che salvi le scuole dal pregiudizio di essere un luogo di contagio non esiste. Così come non esistono dati che "assolvano" gli istituti dal ruolo di "super diffusori".

    A sostenerlo è il microbiologo Andrea Crisanti secondo il quale, in questo momento particolare dell'epidemia, prima di decidere se riaprire o no le strutture, occorrerebbe prima avere dati scientifici sui quale basare le scelte.

    "Ancora oggi – spiega Crisanti - non sappiamo quanto le scuole contribuiscano alla trasmissione del virus e questo penso sia inaccettabile. Abbiamo assunto come un dogma che dentro la scuola non ci sia trasmissione, ma in realtà non c'è nessuna prova a riguardo. I dati NON SONO STATI RESI PUBBLICI, non sono stati analizzati dalla comunità scientifica".

    La cosa paradossale, continua Crisanti, è che in Italia "abbiamo fior di matematici e fisici che sarebbero in grado di dare risposte a queste domande”. Risposte certe e scientifiche. E invece non li si coinvolge in questa valutazione.

    Secondo Crisanti, “la cosa giusta da fare sarebbe prendere una zona gialla, una zona arancione e una zona rossa, aprire in un distretto scolastico le scuole per due, tre settimane e vedere cosa succede". E solamente DOPO, prendere decisioni. "Anche perché - conclude Crisanti - penso che andremo avanti con le zone gialle arancio e rosse ancora per parecchio”.

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    1. Crisanti dice bene: non ci sono dati, ma solo affermazioni assiomatiche.

      Sento molte affermazioni del tipo "qui non avvengono contagi". Lo dicono delle Scuole, lo dicono i ristoratori, i baristi, i gestori di palestre. Tutti pronti a dare la colpa del contagio ad altri, ma sempre sulla base di affermazioni non provate.

      Per gli spazi pubblici chiusi come bar, ristoranti e palestre ci sono studi fatti all'estero che dimostrano il loro ruolo attivo nel trasferimento del contagio. Capisco gli imprenditori allo stremo che negano l'evidenza, ma è così.

      Nel caso delle Scuole i dati sono più imprecisi, anche perché è difficile disaggregare le Scuole rispetto ad altre attività (trasporti, attività ludiche e sportive collegate alla Scuola, ecc.).

      Rispetto alle altre attività pubbliche che si fanno al chiuso, le Scuole hanno però il vantaggio di fare riferimento ad una comunità definita e chiusa (non entra chi vuole, ma solo gli studenti ed il personale della Scuola). Questo rende molto più facile il tracciamento degli eventuali contagi.

      Chiudere le Scuole ha senso, a mio parere, solo se si fa un lockdown estremamente rigido (tipo marzo scorso per intenderci): tutti i casa! Altrimenti i ragazzi che non vanno a Scuola si trovano al parco, senza mascherina e bevendo birra dalla stessa bottiglia. Chiudere le Scuole in una zona giallo/arancio - a mio parere - non ha molto senso.

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  3. Ecco perché oltre un terzo delle scuole
    potrebbe restare aperto

    (Filippo Teoldi – domani.it - 9 ‎gennaio 2021)

    Chiudere le scuole non è una scelta da prendere a cuor leggero. Ogni volta che lo facciamo aumenta la probabilità che peggiori l’apprendimento, aumentino le disuguaglianze e vengano meno luoghi essenziali per la lotta contro la povertà.

    Chiudere tutto è, in sostanza, una “extrema ratio” che dobbiamo adottare solo quando non c’è più nulla da fare. Il fatto è che oggi, nel 2021, abbiamo le risorse e le conoscenze per evitarlo.

    I dati ci dicono che il problema più evidente sono i trasporti pubblici. E i dati ci dicono anche che è un problema più rilevante per gli studenti tra i 14 e i 18 anni, e nelle città o piccolissime, dove serve la corriera per andare a scuola, o molto grandi, dove vengono utilizzati l’autobus o la metropolitana.

    A rigor di logica, quindi servirebbero regole che distinguano le scuole per grado e ubicazione, non tanto regole omogenee per ogni regione. Queste sono in realtà un modo facile per non affrontare il problema.

    La decisione di chiudere le scuole parte dal presupposto che le scuole siano luoghi più rischiosi rispetto ad altri, in quanto lì avviene un maggior numero di contagi. In realtà, ancora non sappiamo se sia vero o meno, e per questo diversi paesi hanno adottato approcci diversi riguardo alla chiusura delle scuole. Gli studi si dividono.

    Una prima ricerca, effettuata sugli interventi di 200 Paesi durante la pandemia, ha evidenziato come la chiusura delle scuole e delle università sia stata una delle misure più efficaci nel ridurre il tasso di trasmissibilità della pandemia. Un altro studio, questa volta basato sull’esperienza di 131 paesi, ha anch’esso evidenziato che la chiusura delle scuole ha diminuito la velocità dei contagi.

    Dall’altra parte però, c’è una lunga e documentata letteratura accademica secondo la quale non è possibile stabilire un nesso causale certo fra chiusura delle scuole e diminuzione del contagio.

    Uno studio basato su dati tedeschi mostra che né le chiusure estive né le chiusure autunnali hanno avuto alcun effetto di contenimento significativo sulla diffusione del Covid-19.

    Lo stesso ISS italiano ha recentemente pubblicato una nota sul tema e ha evidenziato come «esistano evidenze contrastanti circa l’impatto della chiusura / riapertura della scuola sulla diffusione dell’infezione». È quindi messa in dubbio l’idea che la scuola e gli istituti scolastici siano più pericolosi rispetto ad altri.

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    1. Il problema delle Scuole è quello di disaccoppiare gli effetti legati alla permanenza nelle aule con quelli indiretti (trasporti e attività sociali extra-scolastiche degli studenti comunque connesse con la frequentazione della Scuola).

      I vari studi fin qui fatti non sono mai riusciti a chiarire bene questo punto e forse anche per questo riportano risultati non coerenti.

      Credo che possa essere significativa l'esperienza dell'Irlanda che - lo ricordo - è il Paese europeo con la percentuale più alta di giovani in età scolastica. In tutti i precedenti lockdown l'Irlanda ha bloccato quasi tutto, ma ha tenuto regolarmente aperte le Scuole. I risultati sono stati eccellenti, anche con le Scuole aperte.

      Pochi giorni fa, a causa della nuova forte crescita di contagi legata (anche) all'arrivo della variante inglese, l'Irlanda ha deciso di fare un nuovo rigido lockdown, chiudendo, per la prima volta, anche le Scuole. La decisione è stata presa sulla base dell'ipotesi (ancora non completamente verificata) che la variante inglese del virus sia particolarmente virulenta nel caso delle persone giovani. Se l'ipotesi fosse vera, diventerebbe difficile fare confronti con esperienze precedenti perché avremmo a che fare con un virus profondamente cambiato (almeno dal punto di vista della contagiosità). Quello che succederà in Irlanda nel corso di questo mese di gennaio potrà aiutarci a capire meglio molti aspetti della pandemia.

      A mio avviso, non c'è comunque bisogno di aspettare nuovi dati per concludere che se si chiudono le Scuole e si lasciano i ragazzi liberi di ritrovarsi (al parco, al bar oppure a casa di amici) non si avrà nessun beneficio in termini di rduzione della circolazione virale. Il lockdown funziona - ahimé - solo se tutti rimangono chiusi in casa.

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  4. Nella prima parte della trasmissione Focus Economia di venerdì 8 gennaio 2020 si affronta (di nuovo) la questione scuole chiuse in molte Regioni. Sebastiano Barisoni, uno dei più tosti conduttori di radio24, pone domande molto ragionevoli.

    E fa presente che le scuole sono rimaste chiuse (in totale):
    in italia 105 giorni
    in ispagna 67 giorni, in regno unito e in francia 60 giorni
    in germania 53 giorni, nei paesi bassi 43 giorni

    Tra l’altro, in Friuli Venezia Giulia riapriranno gli impianti sciistici lunedì 18 gennaio e le scuole lunedì 1 febbraio. Se qualcuno può spiegare la ragione scientifica di questa scelta… cioè: un adolescente può andare a sciare dopo le 13, ma non può andare in un’aula scolastica...

    La puntata è disponibile su:
    https://podcast-radio24.ilsole24ore.com/radio24_audio/2021/210108-focus-economia.mp3?awCollectionId=focus-economia&awEpisodeId=210108-focus-economia

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  5. Svizzera, uno studio rivela: “La chiusura delle scuole è stata una misura efficace contro l’epidemia di Covid-19”
    Davide Falcioni – fanpage.it - 10 Gennaio 2021

    Aver tenuto le scuole chiuse da marzo ha permesso di limitare considerevolmente la circolazione delle persone e di conseguenza anche i contagi: è quanto rivela un nuovo studio del Politecnico federale di Zurigo e rilancia il dibattito, sempre molto acceso, sull'opportunità di tenere le scuole svizzere chiuse per contenere l'epidemia.

    Gli autori della ricerca – che non è stata ancora sottoposta a una revisione tra pari – sono stati coordinati dal professor Feuerriegel, docente di informatica al Politecnico, e hanno esaminato 1,5 miliardi di piccoli spostamenti della popolazione svizzera tra il 10 febbraio e il 26 aprile.

    Lo studio si è basato sui dati anonimizzati forniti dagli operatori telefonici elvetici e ha stabilito che la chiusura delle scuole a metà marzo ha portato a una riduzione della mobilità del 21,6% nel periodo preso in considerazione. Insieme al divieto di riunioni con oltre 5 persone (-24,9%) e alla chiusura di ristoranti e bar (-22,3%) si tratta di una delle misure più efficaci per ridurre gli spostamenti, tra i principali fattori di propagazione del virus.

    "Con la chiusura delle scuole i genitori sono restati sempre più spesso a casa. Ciò ha influenzato la mobilità e il numero di infezioni", ha spiegato Feuerriegel. I ricercatori hanno analizzato anche su quali tipi di trasporti abbia influito la chiusura delle scuole e dai loro risultati emerge per esempio una diminuzione notevole (-35% circa) degli spostamenti in treno. La mobilità stradale e autostradale è invece calata meno.

    Questi risultati coincidono con quelli emersi da uno studio effettuato su 41 Paesi e pubblicato a metà dicembre dall'Università di Oxford, nel Regno Unito, sulla prestigiosa rivista Science.

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  6. Scuole del Lazio, 10mila studenti positivi, oltre 2mila alle superiori
    orizzontescuola.it - 3 gennaio 2021

    Dal 14 settembre al 13 dicembre 2020, secondo il dossier del Seresmi (il sistema di sorveglianza regionale) sui contagi nelle scuole, i casi positivi monitorati nel Lazio (5 milioni 880mila abitanti) sono stati oltre 10mila – per una percentuale pari allo 0.17% - e di questi il 23% (2.309) rispondono alla fascia d’età 14-18 anni, studenti dunque delle scuole secondarie di secondo grado.

    A Roma, riporta Il Messaggero, i casi accertati hanno superato i 7.800 positivi tra studenti, insegnanti e collaboratori scolastici. Numeri non da poco proprio ora che ci si ri-prepara al rientro a scuola.

    “Le scuole hanno pagato il loro prezzo anche sui contagi – commenta Cristina Costarelli, vicepresidente dell’Associazione nazionale presidi di Roma e del Lazio – anche se i focolai dentro alle scuole sono stati contenuti, a riprova del fatto che i contagi stessi sono avvenuti fuori dalle classi ma sono poi, com’era prevedibile, entrati”.

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