Il punto è stato recentemente oggetto di vivaci discussioni: vaccinare anche chi ha già contratto la Covid-19 oppure rimandare la vaccinazione di queste persone ed usare le poche dosi finora disponibili per coloro che sono ancora sensibili al SARS-CoV-2?
Non sono un esperto della materia e quindi non aspettatevi di trovare in questo blog una risposta alla domanda. Qui mi limiterò a riportare alcune informazioni di base che possono aiutarci a comprendere i termini della questione ed a capire meglio anche alcune affermazioni apparentemente contrastanti che sono state riportate dai mezzi di informazione.
Gli unici dati certi su cui possiamo al momento ragionare sono quelli che riguardano le prove di fase 3 dei vaccini fin qui approvati. Parliamo, lo ricordo, di un campione di volontari costituito da poche decine di migliaia di persone, meno di quante ne vengono vaccinate ogni giorno in un Paese come l'Italia. All'interno del campione c'erano anche persone che avevano già contratto la Covid-19 e quello che sappiamo dagli studi di fase 3 è che la somministrazione del vaccino (parliamo delle due dosi complete) non ha prodotto in queste persone reazioni avverse con frequenza statisticamente differente rispetto a coloro che non possedevano già anticorpi neutralizzanti specifici per il SARS-CoV-2.
Da oggi in avanti, il monitoraggio di coloro che ricevono il vaccino potrebbe dare informazioni più precise, a condizione che non ci limitiamo a prendere atto di eventuali episodi isolati (quella che con un ossimoro potremmo definire "statistica aneddotica"), ma venga fatta una analisi completa e dettagliata di tutti i dati disponibili.
Poiché la somministrazione del vaccino avviene sulla base di una scelta volontaria, dovremmo separare le persone da seguire in 4 categorie:
- chi NON ha fatto la Covid-19 in precedenza e viene vaccinato
- chi ha fatto la Covid-19 in precedenza e viene vaccinato
- chi NON ha fatto la Covid-19 in precedenza e NON viene vaccinato
- chi ha fatto la Covid-19 in precedenza e NON viene vaccinato
Per poter fare una analisi statistica che abbia un qualche significato bisognerebbe conoscere il livello di anticorpi neutralizzanti presenti in coloro che decidono di non vaccinarsi (auspicando che i deliri no-vax non si inventino un qualche possibile danno associato al prelievo di sangue necessario per effettuare la misura del livello di anticorpi neutralizzanti).
Per ottenere risultati statisticamente affidabili bisognerebbe seguire
un campione piuttosto numeroso (tentativamente almeno 100.000 persone). Come potete capire lo svolgimento di uno studio di questo tipo non è semplice e richiede una notevole capacità organizzativa.
Il Trentino sarebbe un "laboratorio" ideale per eseguire uno studio di questo tipo, magari grazie ad un finanziamento speciale che si potrebbe facilmente ottenere a livello nazionale od europeo. Si tratterebbe di estendere il progetto pilota sviluppato all'inizio della scorsa estate per monitorare il livello di anticorpi nella popolazione di una piccola parte della Provincia. Dubito tuttavia che le nostre Autorità sanitarie abbiano l'ambizione e la capacità di impegnarsi in un progetto che coinvolga gran parte dei cittadini trentini.
In attesa che in Trentino o altrove si portino avanti questi studi, possiamo fare solo congetture. In particolare, l'ipotesi adombrata da alcuni secondo cui le eventuali reazioni avverse prodotte dai vaccini siano più frequenti nelle persone che abbiano già contratto la Covid-19 è - al momento - tutta da dimostrare.
L'ipotesi è che la somministrazione della prima dose vaccinale possa essere considerata - per chi ha già contratto la Covid-19 - come una sorta di "seconda dose" che potrebbe più facilmente scatenare reazioni di tipo allergico. Sulla base di quanto sta accadendo attualmente, non mi pare comunque che si tratti di eventi particolarmente frequenti o gravi. In particolare, le vaccinazioni nelle RSA trentine, dove molti ospiti sono stati contagiati nel corso del 2020, non sembrano mostrare particolari criticità.
Numerosi studi che stanno apparendo in questo periodo mostrano informazioni convergenti sul fatto che chi ha acquisito un adeguato livello di anticorpi neutralizzanti a causa della malattia, rimarrebbe protetto da nuove infezioni per un periodo di almeno 4-6 mesi. Il livello di protezione di queste persone sarebbe confrontabile con quello acquisito da chi viene vaccinato con i vaccini più efficaci. Da qui segue l'idea - a mio avviso ragionevole - di dilazionare per alcuni mesi la vaccinazione delle persone che hanno già contratto la Covid-19, utilizzando le poche dosi finora disponibili per vaccinare il maggior numero possibile di persone fragili che siano ancora sensibili al virus.
Questa strategia vaccinale dovrebbe essere accompagnata da un indispensabile corollario. Sarebbe - a mio avviso - necessario controllare il livello di anticorpi neutralizzanti nelle persone prima di decidere di posporre la somministrazione del vaccino. Sappiamo che il livello di anticorpi acquisiti a seguito di Covid-19 cambia notevolmente da persona a persona e tende a decadere nel tempo. Senza un controllo del livello di anticorpi neutralizzanti si rischierebbe di lasciare esposte al virus persone che invece dovrebbero essere sollecitamente vaccinate.
Come vedete la situazione non è affatto semplice e richiede scelte ben meditate. Almeno per le persone a rischio molto elevato, la scelta migliore - al livello attuale delle conoscenze scientifiche - sembrerebbe quella di somministrare il vaccino comunque. Quando si passerà a persone con un livello di rischio minore potrebbe essere ragionevole rimandare di qualche mese la vaccinazione di coloro che hanno già contratto la Covid-19 ed abbiano acquisito un livello adeguato di anticorpi neutralizzanti.
Sperando che, nel frattempo, l'attuale penuria di dosi vaccinali sia stata definitivamente risolta e non si ponga più il problema di chi scegliere per essere vaccinato per primo.
Vaccini, mail di Arcuri a Pfizer ieri pomeriggio: “Con il taglio delle dosi, vite a rischio”
RispondiElimina16 Gennaio 2021 – repubblica.it
Lettere, minacce e numeri sballati: il commissario contro la multinazionale che ridurrà le fiale consegnate. Alle Regioni con più disponibilità chiesto uno "sforzo di solidarietà"
"Parte della popolazione italiana, nei cui confronti si sta effettuando questa prima fase di vaccinazione, è costituita dalle fasce più deboli, come gli ultra-ottantenni, di regola accompagnati da una o più patologie. Quindi particolarmente esposti al rischio della vita. E per i quali non è immaginabile una sospensione o un ritardo nella somministrazione della seconda dose del vaccino”.