I mezzi di informazione italiana hanno dato ampio risalto ad una notizia diffusa dall'Agenzia ANSA lo scorso 16 gennaio in cui si informava di un comunicato della Società Scientifica Sis 118 in cui si raccomanda la somministrazione precoce della vitamina D ai pazienti ammalati di Covid-19.
Non conoscevo l'esistenza della Società Scientifica Sis 118 e ho deciso di andare a cercare qualche informazione di merito. Leggendo lo Statuto apprendo che il nome completo è "Società Italiana Sistema 118" e che il suo obiettivo primario è (art. 2.5):
"L'Associazione si prefigge, come obiettivo primario, di assicurare, a livello nazionale, la massima qualificazione del Servizio di Emergenza Territoriale 118 (SET-118), inteso organicamente come insieme delle Centrali Operative 118 e delle Reti Territoriali di soccorso, attraverso la diffusione ai propri soci della migliore e più avanzata conoscenza scientifica del settore, onde garantire costantemente a tutti coloro che si trovano in una situazione di emergenza sanitaria un tempestivo ed efficace intervento di soccorso ed un successivo ricovero mirato nella struttura ospedaliera più idonea a soddisfare le sue necessità cliniche, secondo un percorso assistenziale condiviso con la componente ospedaliera e con gli specialisti di settore, quale stretto collegamento operativo/funzionale".
L'obiettivo dell'associazione è senz'altro importante, ma non mi pare che la cura dei malati di Covid-19 sia un aspetto specifico legato alle attività del Servizio di emergenza territoriale 118 (ora diventato 112). Con tutto il rispetto per i soci della Sis 118, non mi sembra che la Società sia particolarmente qualificata per raccomandare l'uso di questo o quel trattamento. Forse se l'ANSA avesse controllato la fonte prima di lanciare la notizia avrebbe potuto fare un lavoro migliore.
Appurarata l'incertezza della fonte, ne ho cercato un'altra un po' più affidabile. Sull'uso della vitamina D come coadiuvante nel trattamento della Covid-19 ci sono molte sperimentazioni cliniche in atto. Il punto della situazione lo ha fatto la rivista scientifica The Lancet che ha pubblicato un commento specifico una settimana fa nella sua sezione Diabets & Endocrinilogy. Il commento dal titolo "Vitamin D and COVID-19: why the controversy?" lo potete trovare qui.
Qui di seguito riporto alcuni passaggi chiave del commento pubblicato da The Lancet:
"Data from observational studies have suggested that vitamin D
supplementation can lower the odds of developing respiratory infections,
particularly in vitamin D-deficient groups, but randomised trials have
yielded mixed results."
"Ci sono indicazioni che la somministrazione di vitamina D possa ridurre i rischi di contrarre infezioni delle vie respiratorie soprattutto nei pazienti che hanno un livello di vitamina D particolarmente basso, ma le sperimentazioni cliniche svolte fino ad oggi non hanno fornito risultati univoci."
Il commento si conclude ricordando che, seguendo le regole ordinarie, non ci sarebbero ancora evidenze consolidate tali da raccomandare l'assunzione di vitamina D per prevenire o trattare la Covid-19, ma - giustamente - ricorda che un conto sono le procedure "ordinarie" ed un conto sono quelle "emergenziali" che vengono adottate durante le fasi acute di una pandemia:
"In an ideal world, all health decisions would be made based on
overwhelming evidence, but a time of crisis may call for a slightly
different set of rules"
The Lancet non arriva a conclusioni definitive: raccomanda però di valutare la condizione dei pazienti tenendo conto di tutti i fattori (in particolare anche del livello di circolazione del virus e del clima), prendendo decisioni anche senza aspettare di avere l'evidenza consolidata sulla effettiva utilità della vitamina D nel trattamento della Covid-19.
Il mio commento finale: quando si tratta di farmaci, prima di seguire alla lettera le informazioni che trovate sui media (incluso questo mio piccolo blog) chiedete il parere del vostro medico.
Nessun commento:
Posta un commento